I nipoti dei fiori, recensione: un confronto generazionale, tra comuni di hippie e (troppa?) libertà

Aureliano Amedei firma la regia del documentario presentato nella sezione Special Screenings della Festa del Cinema di Roma. Un racconto corale in cui i bambini di ieri si confrontano e ripercorrono l'infanzia che li ha trasformati negli adulti di oggi.

Un momento de I nipoti dei fiori

Arriva un punto nella vita di ognuno di noi in cui bisogna fare i conti con la propria infanzia e i propri genitori, spesso in relazione al proprio modo di essere madre o padre. Ma ci sono infanzie forse più particolari di altre, meno conformi, "normali". Come quelle raccontate da Aureliano Amedei ne I nipoti dei fiori, un racconto autobiografico sotto forma di documentario che il regista di 20 sigarette ha presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Special Screenings. Uno sguardo volto al passato, agli anni Settanta, quando era un bambino che viaggiava in giro per il mondo con i suoi genitori, tra comuni di hippie e una libertà assoluta.

Liberi, troppo liberi?

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Una foto d'archivio

Nel ripercorrere il passato di Amedei, I nipoti dei fiori si trasforma in un racconto corale grazie al confronto con uomini e donne della sua generazione. Ex bambini cresciuti come lui nel contesto degli esperimenti sociali degli anni Sessanta. Il risultato è un amarcord strampalato, ironico e attraversato da un retrogusto agrodolce. Perché il documentario parla con onestà anche dei limiti di quell'idea di società e famiglia. Il mito dei figli dei fiori viene sgonfiato sotto il peso dei ricordi.

"Liberi, troppo liberi" verrebbe dai dire ad ascoltare storie di bambini che, dopo una notte di festa, si svegliavano scavalcando i corpi degli adulti ancora addormentati alla ricerca di un biscotto (non prima di aver controllato se mamma e papà ancora respiravano). O della droga che circolava liberamente nelle case - attenzione a scambiare un panetto di hashish per un quadratino di cioccolata - passando per i funerali di chi, tra gli amici di famiglia, moriva per eroina.

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I personaggi del documentario

I nipoti dei fiori diventa una riflessione su cos'è stata e cosa ha dato il via a quella rivoluzione. Un rifiuto della società occidentale che aveva conosciuto il boom economico del dopoguerra. La volontà di allontanarsi dal consumismo per abbracciare una vita lontana dalle regole comuni, dal concetto di famiglia, a contatto con la natura e caratterizzata da una spiritualità marcata.

Tra emulazione e responsabilità

Accompagnato da immagini di repertorio, I nipoti dei fiori parla di giovani spensierati e incoscienti ma anche di pericoli. Quelli vissuti da una generazione di bambini che, oggi, si ritrovano a domandarsi se avrebbero fatto le stesse scelte che hanno "subito". Un confronto che da un lato passa dall'emulazione - "Se loro sono stati liberi, io devo essere dieci volte più libero di loro" - e dall'altro da un senso di responsabilità e bisogno di costruire dei limiti venuto a galla quasi come reazione a tutta quell'indipendenza e autonomia.

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Un momento de I nipoti dei fiori

"Guardali, guardaci" dice una delle intervistate quando Aureliano Amedei le domanda cosa ne pensi di "quella generazione". Ma I nipoti dei fiori contiene in sé anche una tenerezza di fondo. Perché nonostante tutto, nessuno di loro ripudia l'educazione avuta e il contesto vissuto. Un documentario semplice nella forma, ma che ha la sua forza nella spontaneità dei suoi protagonisti e nello sguardo interno e non idealizzato di un periodo storico raccontato a lungo come idilliaco e che, invece, contiene - com'è normale che sia - le sue ombre.

Conclusioni

Come raccontare la propria infanzia, incredibile quanto impegnativa? Aureliano Amedei decide di accendere la macchina da presa e puntarla su se stesso e un gruppo di donne e uomini che hanno vissuto la sua stessa esperienza. Figli degli esperimenti sociali degli anni Sessanta, si ritrovano tutti protagonisti di un racconto corale che mette in luce anche le ombre di una parentesi temporale spesso mitizzata. Un documentario semplice nella forma e dall'approccio spontaneo che, con ironia, affronta anche tematiche complesse.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.9/5

Perché ci piace

  • La spontaneità dei protagonisti.
  • Lo sguardo interno ad un periodo storico idealizzato.
  • Il tono mai drammatico ma che non ha paura di trattare anche argomenti difficili.

Cosa non va

  • Non ci sono elementi da essere evidenziare come negativi.