I May Destroy You, la recensione: il disturbo da stress post-traumatico secondo Michael Coel

La nostra recensione di I May Destroy You, la miniserie creata, scritta, co-diretta e interpretata da Michaela Coel, disponibile su Sky Atlantic e NOW il 20 e 27 settembre, per raccontare il tema del consenso con una storia dura, attuale e piena di colpi di scena.

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I May Destroy You: Michaela Coel in un'immagine della serie

Lo diciamo subito all'inizio della recensione di I May Destroy You, la miniserie creata, scritta, co-diretta e interpretata da Michaela Coel che arriva dopo ben due anni in Italia su Sky Atlantic e NOW il 20 e 27 settembre con 6 episodi a serata. C'è chi dirà che non è arrivata prima per l'argomento delicato e spinoso che tratta, per interessi politici o altro. Noi diciamo che siamo contenti che molte più persone potranno ora vedere un'opera di cui si è molto discusso negli ultimi due anni, complice la pandemia e l'aver avuto più tempo dentro casa per recuperare e riflettere. Ma di cosa parla una serie che si intitola I May Destroy You? Vediamolo insieme.

Una storia di (s)consenso

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I May Destroy You: un momento della serie

"Ti potrei distruggere", il titolo della serie, è volutamente aperto a interpretazione: potrebbe essere una minaccia, un avvertimento o semplicemente un'osservazione, a seconda del tono con cui si legge e di chi lo dice. Michaela Coel dopo Chewing Gum su Netflix crea, scrive, co-dirige e interpreta per HBO e BBC Arabella, ruolo per il quale ha vinto il British Academy Television Award ed è stata candidata all'Emmy. Arabella - simbolica fin dal nome - è un'icona millennial che, dopo un enorme successo su Twitter trasformato in un romanzo bestseller, è subissata dalla propria casa editrice, che le ha dato un ampio anticipo, per il secondo libro. Svogliata e dubbiosa su cosa scrivere nel nuovo capitolo della propria carriera, Arabella passa le serate con i due migliori amici: l'aspirante attrice Terry (Weruche Opia) e l'istruttore di fitness Kwame (Paapa Essiedu, visto in Gangs of London e Progetto Lazarus). Dopo una serata particolarmente intensa, volta a non farle pensare alle imminenti scadenze e alle responsabilità, la giovane donna ha dei ricordi confusi su quanto accaduto.

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Un'indagine... sessuale

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I May Destroy You: Michaela Coel in una scena

Da lì inizia una vera e propria indagine da parte di Arabella, inizialmente confusa e stordita, per scoprire la verità su quanto accaduto quella notte. Un'indagine che porterà non pochi colpi di scena anche nella sua cerchia ristretta e che svelerà un tema caldissimo e attualissimo: quello del consenso. Non lo fa però attraverso un thriller rivisitato come ha fatto di recente L'uomo invisibile, o in modo coloratissimo e pop come Una donna promettente, o ancora per vie legali come Anatomia di uno scandalo. Utilizza la quotidianità che può portare a sorprese brutali e da cui non vorresti risvegliarti mai. La protagonista è fortemente respingente, così come il setting iniziale della sua storia, ma è tutto voluto per dare un pugno nello stomaco allo spettatore e soprattutto far capire quanto facilmente uno stupro non venga visto come tale ma la vittima pensi di avere delle colpe, di non ricordarsi bene, rimuova il trauma perché è più facile che conviverci. Anche se in realtà non è più facile, ma semplicemente ti logora dentro finché non ce la fai più a sopportarlo.

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I May Destroy You: un'immagine della serie

PTSD

I May Destroy You Michaela Coel
I May Destroy You: Michaela Coel in una scena

Il tema del consenso non si ferma alla sola protagonista ma propone anche altri punti di vista, come quello maschile attraverso quanto accaduto a chi sta accanto a Arabella. Arabella che, ad un certo punto, è mascherata da angelo. Angelo custode? Angelo vendicatore? Al pubblico l'ardua sentenza, ma è una testimonianza di come la talentuosa autrice non lasci nulla al caso, soprattutto a livello visivo. Giocando con luci al neon, una regia dinamica, un montaggio ansiogeno, il mondo di Arabella viene (di)svelato man mano, si tenta di rimettere insieme i pezzi di quella notte, si incontrano personaggi sopra le righe ma che rappresentano bene l'attualità: il mondo dei social che possono dare tanto quanto togliere, gli utenti che non ci mettono nulla a giudicare e subito dopo a stare vicini e mostrare solidarietà, l'universo delle dating app e i loro rischi e benefici. Quella di Arabella è una vita vissuta sul filo di Twitter e a metà tra Londra e Ostia, dove la nostra protagonista aveva instaurato una relazione particolare con uno del posto, che forse non ha mai dimenticato. I May Destroy You è quindi una dolorosa, esilarante, catartica seduta psicanalitica in 12 atti per parlare non solo della molestia sessuale ma del disturbo da stress post-traumatico che questa si porta dietro e lascia alla vittima.

Una donna promettente ed Elle: Mulligan e Huppert, vendicatrici allo specchio

La voce di una generazione

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I May Destroy You: una scena della serie

Michela, come la sua Arabella, è vista come la "voce di una generazione" che è stufa di stare in silenzio, soprattutto se donna, soprattutto se nera, pensando che sia giusto così o che non si possa fare altrimenti. Un peso enorme sulle spalle di una persona, che può portare anche a danni psicologici, e una sorta di monito di denuncia per tutte le "vittime" in ascolto affinché facciano sentire la propria voce. I May Destroy You non ha paura di dire e mostrare, è senza peli sulla lingua, proprio come la sua autrice e la sua protagonista, e allo stesso tempo propone un finale davvero sorprendente, proprio come ha fatto Una donna promettente, ricco di colpi di scena e lasciando aperta al pubblico l'interpretazione, proprio come ai follower di Arabella. Ma la verità, il fattaccio, quelli rimangono. Non se ne vanno, ci si convive. Ci danno una forza e una voce inaspettate. Tutto sta nell'utilizzo di quella voce.

Conclusioni

Chiudiamo la nostra recensione di I May Destroy You ribadendo come, pur proponendo volutamente una protagonista e un’atmosfera respingente, Michaela Coel abbia saputo mostrare attraverso dialoghi e messa in scena il turbinio di sensazioni ed emozioni che attraversano non solo una vittima di stupro ma soprattutto una vittima di stupro che non viene creduta e, magari, incolpata. Tra metafore e citazioni, il viaggio di Arabella diventa anche quello dello spettatore per fare a pugni con la verità.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La bravura di Michaela Coel davanti e dietro la macchina da presa per mostrare le infinite sensazioni della protagonista
  • La tematica del consenso che affiora pian piano e non copre solamente la protagonista
  • I social network come veicolo di bene e male, strizzando l’occhio all’attualità

Cosa non va

  • La protagonista può risultare altamente respingente, anche se è voluto