Dimenticate i bulloni e l'aspetto orribile, ora la Creatura ha il fascino e i muscoli di Aaron Eckhart. L'attore prende così il testimone da illustri colleghi come Boris Karloff, che interpretava "Il mostro" nel Frankenstein di James Whale del 1931, e come Peter Boyle, visto nella versione comedy di Mel Brooks Frankenstein Junior, e, ancora, come Robert De Niro, scelto da Kenneth Branagh per la sua versione della storia girata nel 1994.
Oggi, a quasi 200 anni dalla pubblicazione del romanzo originale di Mary Shelley, la leggenda di Frankenstein torna a offrire nuovi spunti al cinema, che, in sintonia con la moda del momento, lo trasforma in una sorta di supereroe potentissimo impegnato nella sempiterna lotta del bene contro il male.
Basato sull'omonima graphic novel di Kevin Grievous il film, in uscita il 24 gennaio, è ambientato In un futuro distopico, in cui la creatura, sopravvissuta ad anni e anni di peregrinazioni in solitaria, si trova nel bel mezzo di uno scontro planetario e invisibile all'uomo, che vede coinvolto il popolo dei demoni, guidati da un diabolico Bill Nighy, e l'esercito dei gargoyle, impegnati a difendere l'umanità. Contesa dalle due parti la creatura di Victor Frankenstein dovrà fare i conti con la propria rabbia, generata dal rifiuto del suo padre-creatore, per decidere da che parte stare. E proprio questa "ricerca di identità e di uno scopo nella vita" ha affascinato da subito Aaron Eckhart che ha così accettato di prestare volto e anima alla leggendaria creatura. Nel corso della conferenza stampa milanese del film l'attore americano si è generosamente raccontato, rivelando gli aspetti più divertenti della lavorazione del film, le somiglianze di quest'ultimo con la saga di Underworld e tanti altri aneddoti della sua carriera.
È stato lei ad avvicinarsi al progetto o glielo hanno proposto? Aaron Eckhart: Sono venuti loro da me e appena ho letto il copione mi sono innamorato dell'idea di interpretare un uomo in cerca di uno scopo nella vita, dell'amore e di un'anima e così ho accettato molto volentieri.Il libro di Mary Shelley e i film precedenti sono stati punti di riferimento per lei?
Io sono soprattutto un fan del libro, che avevo letto da ragazzo. Poi crescendo ovviamente ho visto anche i film con Boris Karloff, Robert De Niro e quello di Mel Brooks, ma il punto di vista del romanzo per me resta quello più interessante, perché racconta di un creatore che rifiuta la sua creatura, di un padre che caccia di casa un figlio che poi è rifiutato anche dalla società. Questa è una cosa che abbiamo provato tutti nella vita: il fatto di non sentirci amati, brutti o inutili. Di sentirci dei mostri.
(Ride) Non lo sapevo! Ma credo che nulla sia casuale! È buffo come tutto torni. A volte scopri dopo perché hai scelto di fare un film e cosa ti ha insegnato. Noi attori, registi e produttori non pensiamo solo a intrattenere il pubblico, ma cerchiamo di conoscere noi stessi. Questa è una delle cose più belle del fare film. Mentre giravo ho pensato davvero alla mia relazione con mio padre e ai miei scopi nella vita e alla mia relazione con l'amore, la società e la mia anima. Fare un film è sempre una ricerca personale.
Nel nostro immaginario la Creatura è un mostro, ma lei è tutto tranne che brutto, anche nel film e nonostante le cicatrici. Vi siete posti il problema?
Sì, abbiamo riflettuto molto sul look. Nella storia originale Frankenstein ha dei bulloni, ha le braccia rigide, è inarticolato. Invece noi volevamo un personaggio più accessibile, atletico e pieno di energia, adatto a un film d'azione in cui doveva combattere molto. Ho ripensato a quando ero un teenager e mi sentivo brutto e avevo l'acne e tutte le cose di quel periodo, in cui pensi di avere il naso o le orecchie troppo grosse... Mi sono detto che la storia di Frankenstein raccontava proprio quello che accade a tutti i teenager durante la pubertà, quando si tenta di immaginare come sarà la propria vita. Io penso che la bellezza sia relativa. La creatura è il risultato dell'unione di otto diversi cadaveri e il regista e lo sceneggiatore hanno discusso molto sulle cicatrici, su dove collocarle e come si sarebbero evolute nel tempo. Volevamo renderlo più simile possibile a un essere umano, visto che, nonostante le sue origini, anche lui ha un'anima. E questo significa che, al di là del nostro aspetto fisico e di come ci sentiamo, tutti abbiamo un'anima.
Sì, anche se io non sono affascinante come Kate Beckinsale... non sto così bene con i pantaloni di pelle (ride). In effetti però il film è stato realizzato dallo stesso produttore di Underworld e da molte persone che avevano lavorato alla saga. Per questo ci sono tante somiglianze, a partire dall'ambientazione gotica e oscura. Mi ha colpito molto il modo in cui Stuart, il regista, ha creato questo mondo, inventandone le regole. Ci ha trasportato in un luogo che non avevamo mai visto prima, nato completamente dalla sua immaginazione e anche noi ci siamo divertiti a contribuire a questa creazione.
Ci può riassumere qualcuna di queste regole?
Il modo in cui muoiono i demoni, come discendono negli inferi, come si uccide un demone e quali strumenti sacri servono per questo scopo. E poi ancora come i demoni vogliono riportare in vita altri demoni, usando i cadaveri. Stuart è anche un esperto di arti marziali e ha deciso di inserire i combattimenti con i bastoni.
Ci dice qual è stato l'aspetto più difficile e quello più divertente del film?
Essendo un grande film fantasy e d'azione e la cosa più difficile è stata rendere realistico il personaggio e il fatto che avesse un'anima. La cosa più divertente è stata imparare la lotta coi bastoni insieme agli altri attori.
Ma lei ha davvero qualche cicatrice?
Sì ne ho tante, causate soprattutto da incidenti vari durante i film. Una volta mi sono anche rotto un braccio mentre filmavo e ho proseguito a girare...
Penso sia uno dei miei primi film, In the company of men di Neil LaBute, un film che non hanno visto in tanti, ma che per me è stato importante. Poi anche il mio personaggio in Thank you for smoking, che era brillante e divertente. Ho amato tutti i miei personaggi, ma in genere io non penso molto al passato, preferisco guardare avanti e concentrarmi sugli attori e i registi con cui vorrei lavorare. Per esempio mi ha sempre stimolato poter collaborare con quelle che io chiamo le "Big girls", come Julia Roberts e Nicole Kidman. Devo anche ammettere che io non riguardo quasi mai i miei film. Sono anni che non ne rivedo uno. Quando faccio un film me lo dimentico e vado avanti col successivo.
Come mai non rivede i suoi film?
Perché mentre stai facendo un film hai una tua relazione molto intensa col tuo personaggio e hai una visione personale del film, non come il regista che deve avere una visione complessiva. A volte quando vedi il film non è quello che ti aspettavi e allora preferisco tenere la cosa dentro di me e conservare l'esperienza... Credo che l'ultimo che ho visto sia stato Il cavaliere oscuro.
È vero che è un po' anti-tecnologico? Non usa i social non guarda la tv?
Ho appena aperto il mio account su Twitter, ma ho messo solo 22 tweet per ora. Comunque è vero: non rispondo al telefono, non ascolto i messaggi in segreteria, non guardo la tv.
Fondamentalmente vivo un po' in una caverna...
Quanti followers ha su Twitter?
Non molti... E' imbarazzante! Alcuni di loro mi scrivono "ne ho più di te!". A volte è davvero pericoloso andare su Twitter perché la gente ti scrive cosa pensa dei tuoi film. Magari ti svegli tutto contento e poi apri Twitter e leggi questi commenti... Quindi mi piace Twitter, ma per ora lo uso principalmente per postare delle belle foto. A volte mi deprimo a pensare che Justin Bieber ha 40 milioni di followers e io non ne ho nemmeno 10mila... Aiutatemi ad arrivarci!
Ci sono film che non ha fatto e che le sarebbe piaciuto fare?
Ce ne sono molti, ma citerei Ritorno a Cold Mountain. La cosa difficile spesso è scegliere cosa fare perché all'inizio non hai tutti gli elementi per decidere, segui l'istinto. Il mio metodo è cercare di lavorare con i migliori registi e attori, come ho fatto con Christopher Nolan per esempio. Non sapevo che The Dark Knight avrebbe incassato un miliardo di dollari al box office, ma sapevo che avrei lavorato con un genio.
È vero che il suo idolo è Cary Grant?
Sì, sono cresciuto guardando i suoi film. Amavo il modo in cui sapeva essere divertente e drammatico, ti potevi facilmente relazionare con lui. Non sembrava nemmeno che stesse recitando. Poi mi piacciono molto Robert Redford, Harrison Ford, Sean Penn e Jack Nicholson, con cui ho recitato in The pledge (La promessa), ma anche Daniel Day-Lewis, Paul Giamatti e Philip Seymour Hoffman.
Sì credo di poter lavorare con gli attori e questo sarà il mio prossimo passo. In realtà sto già producendo un film in cui reciterò. Si tratta dell'adattamento di un libro, che per ora non rivelo. Io cerco qualcosa di diverso: un film sulle persone, sulle passioni e sull'amore e la rabbia. Un film su un padre, una madre e dei figli che attraversano i problemi di tutti i giorni. Un film che faccia battere il cuore al pubblico e che lo faccia sentire pieno di vita. La cosa principale per un regista è saper raccontare una storia, come sanno fare Redford e Penn.