I Care a Lot, la recensione: Rosamund Pike e Peter Dinlkage fanno a gara di malvagità

La recensione di I Care a Lot: Rosamund Pike e Peter Dinlkage strepitosi nel ruolo di due mostri che fanno a gara di sociopatia in un sistema che premia il più aggressivo; dal 19 febbraio su Amazon Prime Video.

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I care A Lot: Dianne Wiest, Rosamund Pike in una scena

La recensione di I Care a Lot non può che cominciare con la prima frase del film disponibile su Amazon Prime Video, pronunciata dalla sua sublime protagonista: "Credete di essere delle brave persone, non lo siete". Senza nemmeno provare a mettere un punto interrogativo e illuderci facendo una domanda retorica, Marla Grayson (Rosamund Pike) ci sbatte in faccia la realtà. Il mondo si divide in leoni e agnelli. E lei è una fottuta leonessa. Parole sue. Descrivendo il proprio lavoro rincara la dose: "Non fatevi ingannare dalle persone anziane, anche gli stronzi sadici diventano vecchi". Sempre parole sue.

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I care A Lot: Rosamund Pike in una sequenza

E di persone anziane Marla se ne intende: le cerca, le studia e, se hanno molti beni e nessun parente, diventa la loro tutrice legale, le rinchiude in una casa di riposo e nel frattempo vende le loro case e tutto ciò che possiedono. Questo sistema ben congegnato è perfetto: è moralmente orribile, ma legale. Con la complicità della sua partner Fran (Eiza González), che la aiuta a scovare le mucche da mungere, è diventata ricchissima. Riuscendo perfino a costruirsi una perfetta immagine di integrità e compassione: lei è lì per aiutare persone che non sanno nemmeno di aver bisogno di una mano.

Quando però punta gli artigli su Jennifer Peterson (Dianne Wiest) e sulla sua bella casa fa un errore di valutazione. La donna è anziana, sembra indifesa, ma non è sola e soprattutto è un pesce molto più grosso di quanto sembri. Marla ne ha un primo sentore quando nella sua cassetta di sicurezza trova un sacchetto pieno di enormi diamanti. Poi arriva nel suo studio un sedicente avvocato (Chris Messina, vestito con un completo che sembra uscito direttamente da una puntata di I Soprano) che le offre 150mila dollari in contanti per dimenticarsi il nome di Jennifer Peterson. La signora è la mamma di un boss della mafia russa, Roman Lunyov (Peter Dinklage). A questo punto chiunque dotato di un minimo istinto di sopravvivenza avrebbe accettato. Ma non Marla. Oh no, non lei. Ed è qui che comincia il film di J Blakeson.

I Care a Lot: chiunque vince, noi perdiamo

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I care A Lot: Rosamund Pike durante una scena

Visto che a Marla Grayson piacciono le frasi a effetto, usiamo un'altra sua frase per far capire il momento in cui il film di J Blakeson decolla definitivamente. Di fronte al pericolo di mettersi da sola contro un'intera banda criminale dice: "Se non puoi convincere una donna a fare quello che vuoi la chiami puttana e minacci di ucciderla". Ma questa è solo la punta dell'iceberg. I sentimenti che spingono questo personaggio sono molto complessi. Non si tratta di una semplice rivalsa femminile la sua. Si tratta di lottare per quello che si è guadagnata. Ha costruito qualcosa che funziona, è diventata ricca grazie a questo sistema e nessuno può portarglielo via, nemmeno la mafia russa. Completi dal taglio perfetto e colori pastello, taglio di capelli, un bob, perfettamente definito, faccia angelica sempre sorridente che nasconde un'ambizione e una sete di potere inesauribili. Marla è un personaggio sgradevolissimo: quando ci parla guardando direttamente in camera e arrivando nella nostra anima ci sentiamo a disagio. Nel definirla "sublime" pensavamo al significato che dava il Romanticismo a questa parola: non riusciamo a staccarle gli occhi di dosso ma ci terrorizza, come un vulcano che erutta.

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I care A Lot: Peter Dinklage durante una scena

E proprio quando pensavamo che non potesse esserci niente di più inquietante di una persona come lei, ecco che arriva Roman. Freddo, determinato, calcolatore. Esattamente come lei, ma con a disposizione un esercito di scagnozzi armati. Guardando lui e i suoi metodi improvvisamente Marla non ci sembra poi così male. Tra i due si instaura una vera e propria guerra che si combatte sia sul piano mentale che fisico. C'è una sola certezza: se a guidare il mondo fossero solo persone così sarebbe l'inferno.

I Care a Lot: Rosamund Pike e Peter Dinklage sono strepitosi

Nonostante il titolo fuorviante, I Care a Lot è un thriller intriso di dark humor: J Blakeson, oltre a dirigere e produrre, scrive anche e la sua penna ricorda quella di Martin McDonagh (autore di Tre manifesti a Ebbing, Missouri e In Bruges - La coscienza dell'assassino). Niente è lasciato al caso: dall'abbigliamento ai capelli, al cibo che consumano, alla sigaretta elettronica di lei, questi due personaggi sono caratterizzati nei minimi dettagli. E nonostante siano respingenti, non possiamo che condannarli moralmente ma ammirare la loro determinazione. Più che un film sul potere e sui mostri che genera un sistema in cui a vincere è il più aggressivo, questa è una riflessione sulla determinazione che ci vuole per ottenere quel potere: una volta che si cambia il proprio corpo e la propria mente per diventare dominanti in un sistema che ci vuole vittime in base al nostro sesso o alla nostra abilità, quella determinazione diventa il nostro patrimonio più grande. E quella di Marla e Roman è totale e spaventosa: entrambi scordano presto il motivo per cui sono in guerra. Ad alimentarli è il confronto con qualcuno che ha la loro stessa volontà di vivere secondo le proprie regole, non guardando in faccia a nessuno.

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I care A Lot: Rosamund Pike in un'immagine

Spiazzandoci di scena in scena, J Blakeson non poteva trovare interpreti migliori di Rosamund Pike e Peter Dinklage: li avevamo già visti in ruoli in cui avevano a che fare con potere e manipolazione (in L'amore bugiardo - Gone Girl lei e in Il trono di spade lui), ma qui portano quelle caratteristiche all'estremo. Nella gestualità, nei toni, sono come delle bombe esplose. Pike ha studiato i TED Talk di Elizabeth Holmes, CEO di un'azienda sanitaria condannata per frode nel 2018, ha preso lezioni di spinning, proprio come fa il personaggio, e si è messa alla prova fisicamente nella scena subacquea, per cui è rimasta nell'acqua per due giorni. Eppure, nonostante la sua prova come corpo cinematografico sia eccezionale, è nell'intensità di sguardo, nello scandire le battute con una glacialità naturalissima che l'attrice ci cattura completamente. Così come Peter Dinklage: la sua voce e i suoi occhi sono veramente come fiamme. Altro che Dracarys.

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I care A Lot: Peter Dinklage in una scena

Ed è qui che questi tre compiono la magia: nonostante tutto quello che abbiamo visto, riusciamo a capirli. Riusciamo a capire le loro motivazioni, quanto sia difficile anche per loro non cedere, non poter tornare indietro. Loro che, in un'altra storia, in un altro tempo, sarebbero stati i comprimari o dei personaggi di contorno. Invece qui no, è la loro voce che sentiamo e che non è più pronta a tremare, cedere, mutarsi. I Care a Lot è una corsa folle, divertente, grottesca, che fila velocissima per 118 minuti. Peccato soltanto per quel finale. Peccato davvero: una sola cosa di grande valore ci insegnano questi due per tutto il film. Ciò che c'è di più importante nella vita è sapere chi si è. E avendo visto chi è Marla forse sarebbe stato meglio fermarsi alla sua immagine in televisione. O forse invece è giusto così, con la realtà che arriva all'improvviso, brutale. In ogni caso sarà davvero difficile dimenticare questa leonessa.

Conclusioni

Come scritto nella recensione di I Care a Lot, J Blakeson scrive, dirige e produce un thriller pieno di dark humor che scorre liscio per 118 minuti, spiazzando lo spettatore a ogni scena. I due protagonisti, Rosamund Pike e Peter Dinklage, fanno a gara di cattiveria e bravura, tratteggiando due personaggi indimenticabili. Peccato soltanto per gli ultimissimi minuti, unica nota stonata in un film da non perdere.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • Rosamund Pike e Peter Dinklage sono strepitosi.
  • La scrittura di J Blakeson è brillante.
  • C’è una cura maniacale per i dettagli: dai vestiti dei personaggi a cosa mangiano.

Cosa non va

  • Peccato soltanto per gli ultimissimi minuti. Ma se ne può discutere.