Rileggere la realtà attraverso il cinema, e in qualche modo, al contempo, rileggere il cinema stesso, farlo proprio e quindi rielaborarlo. È lo spunto alla base di Quel fantastico peggior anno della mia vita (in originale Me and Earl and the Dying Girl), uno dei migliori titoli del cinema indipendente americano del 2015, in uscita nelle sale italiane questo giovedì: l'emozionante storia di un'amicizia che passa soprattutto attraverso l'amore per i film. Ma i film, nella pellicola diretta da Alfonso Gomez-Rejon (regista di numerosi episodi delle serie TV Glee e American Horror Story), non sono esattamente quelli che conosciamo, bensì delle originali rivisitazioni di classici della settima arte.
È questo infatti il principale hobby del protagonista, il liceale Greg Gaines (Thomas Mann), adolescente brillante ma insicuro, e del suo 'collega' Earl (RJ Cyler): scrivere, girare e interpretare capolavori del passato e cult movie d'autore a partire dalle storpiature dei titoli, con una serie di formidabili giochi di parole... e non iniziamo neppure a citarveli, perché la quantità di riferimenti è impressionante, ma ci limitiamo a segnalarvi gli esilaranti 'remake' di Kinski, il mio nemico più caro di Werner Herzog, una Arancia meccanica riprodotta con dei calzini (A Sockwork Orange), la trasformazione di Apocalypse Now in A Box o' Lips, Wow ("Una scatola di papaveri, wow") e un omaggio musicale a Velluto Blu (diventato Brew Velvet).
Insomma, una celebrazione del potere immaginifico del cinema come forma d'arte 'aperta' e vitale (a questo proposito, si ricordi anche Be Kind Rewind - Gli acchiappafilm di Michel Gondry) che si intreccia con il toccante ritratto dell'amicizia fra Greg e Rachel Kushner (Olivia Cooke), una sua compagna di scuola malata di leucemia. E il principale merito di Quel fantastico peggior anno della mia vita, trasposizione di un romanzo di Jesse Andrews, risiede proprio nella capacità di trattare un tema come la malattia in maniera tutt'altro che banale o patetica, ma piuttosto con una vena genuinamente ironica che infonde nel film di Gomez-Rejon un senso di tenerezza davvero rarissimo. E pur senza mai risultare lacrimevole, Quel fantastico peggior anno della mia vita ci regala anche una memorabile scena, accompagnata dalle note di The Big Ship di Brian Eno, che vi farà versare almeno qualche lacrima.
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E l'uscita nelle sale di Quel fantastico peggior anno della mia vita, dopo il Gran Premio della Giuria e il Premio del Pubblico al Sundance Film Festival 2015 e gli applausi raccolti ai Festival di Locarno e di Torino, ci offre l'occasione per ripercorrere alcuni tra i frutti più gustosi del cinema indipendente americano: dieci pellicole, uscite nell'arco degli ultimi cinque anni, che sono riuscite ad arrivare dritte al cuore del pubblico, fra comicità e dramma, facendoci vivere alcuni fra i momenti più commoventi che sia possibile provare davanti a un film...
1. Beginners
Procedendo in ordine cronologico, dal titolo più lontano al più recente, partiamo con Beginners, sceneggiato e diretto da Mike Mills prendendo spunto da una vicenda autobiografica. Ewan McGregor interpreta il ruolo di Oliver Fields, un artista tormentato che, in un momento di profonda crisi personale, rievoca attraverso una catena di flashback l'ultima fase del suo rapporto con il padre Hal (Christopher Plummer), il quale, poco dopo essere rimasto vedovo, aveva rivelato al figlio di essere gay, per poi intraprendere una relazione con il giovane Andy (Goran Visnjic). Fra viaggi nel passato, confronti generazionali e l'idillio sentimentale con una graziosa attrice francese, Anna Wallace (Mélanie Laurent), Beginners si fa apprezzare per il tocco delicato e l'atmosfera malinconica; e per questo film il veterano Plummer si è guadagnato il premio Oscar e il Golden Globe come miglior attore supporter. Per la regia di Mike Mills, è in uscita l'anno prossimo un nuovo film decisamente promettente, 20th Century Women.
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2. Like Crazy
Vincitore del Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival 2011, ma in Italia arrivato purtroppo direttamente sul mercato home video, Like Crazy è uno dei più toccanti film d'amore che il cinema indipendente americano ci abbia consegnato in questi anni. Scritta e diretta da Drake Doremus, la pellicola racconta la relazione fra Anna Gardner (Felicity Jones), una studentessa britannica che sta frequentando il college a Los Angeles, e un suo compagno di scuola, Jacob Helm (Anton Yelchin). Ma il loro rapporto, scandito dalle canzoni dell'album Graceland di Paul Simon, dovrà affrontare la difficoltà di una separazione coatta, quando Anna è costretta a fare ritorno in Europa, problemi burocratici e l'infatuazione di Jacob per la collega Samantha (Jennifer Lawrence). Una perla di romanticismo, mai zuccherosa né patetica, ma connotata invece dalla grande attenzione per le sfumature dei sentimenti e la loro intima fragilità.
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3. 50 e 50
Come per Quel fantastico peggior anno della mia vita, anche in 50 e 50, diretto nel 2011 da Jonathan Levine e sceneggiato da Will Reiser, si affronta il tema della malattia: il protagonista del film, Adam Lerner, interpretato da un bravissimo Joseph Gordon-Levitt, è infatti un giornalista radiofonico di ventisette anni di Seattle che scopre di essere affetto da un tumore alla colonna vertebrale e di diversi sottoporre alla chemioterapia. Una vicenda estremamente drammatica, con Adam costretto di colpo a fronteggiare la prospettiva di un'esistenza a rischio, è sviluppata però dagli autori con un ammirevole equilibrio fra il realismo e un sottofondo di leggerezza dall'effetto spesso liberatorio. Mentre lo spunto della malattia al nucleo di 50 e 50 diventa soprattutto il veicolo per illustrare le relazioni di Adam con le persone che gli sono più vicine: il suo migliore amico Kyle Harons (Seth Rogen), la sua fidanzata Rachael (Bryce Dallas Howard), la premurosa madre Diane (Anjelica Huston) e Katherine McKay (Anna Kendrick), la giovane psicoterapeuta di cui Adam si innamora.
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4. Moonrise Kingdom
Proiettato in concorso, come film d'apertura, al Festival di Cannes 2012, Moonrise Kingdom è, a detta di chi scrive, la migliore pellicola realizzata finora da uno dei maestri del cinema indipendente americano, il regista e sceneggiatore Wes Anderson: una malinconica e ironica fiaba romantica ambientata in pieni anni Sessanta in un'isola del New England, messa in scena con soffusi toni pastello e accompagnata dalle dolci melodie dei dischi di Françoise Hardy. La tenerissima fuga del dodicenne Sam Shakusky (Jared Gilman), un ragazzo orfano membro di un gruppo di boy scout, e di Suzy Bishop (Kara Hayward), figlia di Walt (Bill Murray) e Laura (Frances McDormand), è il motore di un irresistibile meccanismo narrativo che permette ad Anderson di passare in rassegna una variopinta galleria di comprimari, a cui prestano il volto attori del calibro di Tilda Swinton, Edward Norton, Harvey Keitel e Bruce Willis, fino ad arrivare a una climax finale caratterizzata da un autentico ciclone.
5. Ruby Sparks
Se Quel fantastico peggior anno della mia vita rappresenta un emozionante elogio della settima arte, è invece il potere della scrittura - ma rimaniamo pur sempre in ambito creativo - il cuore di uno dei film più deliziosi (e in parte sottovalutati) degli scorsi anni: Ruby Sparks, diretto da Jonathan Dayton e Valerie Faris, la coppia di registi già artefici del cult Little Miss Sunshine. Protagonista di questa commedia a sfondo surreale è Paul Dano nel ruolo di Calvin Weir-Fields, enfant prodige della scena letteraria americana, che dopo un folgorante romanzo d'esordio è in preda a una terribile crisi creativa, legata pure a una difficile situazione personale. Quando però Calvin decide di scrivere a proposito di Ruby Sparks (Zoe Kazan, anche autrice del copione), un'ideale "ragazza dei suoi sogni", la sua vena letteraria torna a pulsare; ma ancora più sorprendente è il fatto che, all'improvviso, Ruby si 'materializza' letteralmente davanti agli occhi di Calvin, in una bizzarra compenetrazione tra fantasia e realtà.
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6. Noi siamo infinito
È in assoluto uno dei racconti di formazione più coinvolgenti del cinema americano di questo decennio: una storia di sentimenti, di amicizia e di sofferenza narrata mediante il punto di vista di Charlie Kelmeckis (Logan Lerman), un quindicenne di Pittsburgh alle prese con il primo anno di liceo e reduce da un tentato suicidio in seguito a un grave trauma personale. La cronaca di questo primo anno di scuola è appunto Noi siamo infinito, trasposizione cinematografica che il regista esordiente Stephen Chbosky ha realizzato a partire da un suo stesso romanzo epistolare, The Perks of Being a Wallflower. Charlie, il timido e insicuro wallflower del titolo, stringerà amicizia con il compagno di classe Patrick (Ezra Miller), un vivace ragazzo omosessuale, e si innamorerà della sorellastra di Patrick, Sam (Emma Watson), instaurando con entrambi un legame complesso ma di straordinaria intensità. Un film avviato a diventare un cult generazionale e con almeno due sequenze da antologia: il ballo scolastico sul ritmo trascinante di Come On Eileen dei Dexys Midnight Runners e il tragitto notturno in automobile accompagnati da Heroes di David Bowie.
7. Nebraska
Dopo Wes Anderson, ecco un altro nume tutelare del cinema indipendente americano: Alexander Payne, autore di titoli apprezzatissimi dalla critica, l'ultimo dei quali, in ordine di tempo, è Nebraska, firmato da Bob Nelson e girato in un bianco e nero di incredibile suggestione. Il veterano Bruce Dern, che per la sua interpretazione ha ricevuto il premio come miglior attore al Festival di Cannes 2013 e la nomination all'Oscar, impersona Woody Grant, un anziano pensionato del Montana, con i primi segni di demenza senile, che crede di aver vinto un milione di dollari a una fantomatica lotteria e intende recarsi a Lincoln, in Montana, per incassare l'assegno; ad accompagnarlo in questo malinconico e insensato viaggio fra i sentieri di un'America rurale saranno la volitiva moglie Kate (June Squibb) e loro figlio David (Will Forte). Candidato a sei premi Oscar, tra cui miglior film, Nebraska è una magnifica commedia agrodolce perfettamente gestita a livello di costruzione narrativa, messa in scena e direzione degli attori.
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8. Boyhood
Il racconto di formazione 'definitivo' del cinema americano dei nostri tempi: un sorprendente coming of age "in divenire", realizzato dal regista e sceneggiatore Richard Linklater nell'arco di dodici anni per seguire la crescita del suo protagonista, Mason Evans Jr, impersonato da Ellar Coltrane, da bambino fino all'età adulta. È il progetto di Boyhood, la storia dell'infanzia e dell'adolescenza di questo ragazzo del Texas accanto alla sorella Samantha (Lorelei Linklater, figlia del regista), fra una madre, Olivia (Patricia Arquette), alle prese con varie traversie sentimentali e un padre, Mason (Ethan Hawke), che si sforza di mantenere anche a distanza il proprio ruolo genitoriale. Ricompensato con il premio per la miglior regia al Festival di Berlino 2014, vincitore di tre Golden Globe e dell'Oscar per la miglior attrice supporter (Patricia Arquette) su sei nomination, Boyhood è un'esperienza cinematografica unica e vibrante, capace di produrre una stupefacente mimesi fra arte e vita vissuta.
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9. Uniti per sempre
Se nei film citati in precedenza il fulcro della trama era costituito da rapporti amorosi, rapporti d'amicizia e rapporti fra genitori e figli, in Uniti per sempre di Craig Johnson (uscito in Italia soltanto in home video), titolo originale The Skeleton Twins, i due protagonisti sono invece una coppia di fratelli che di colpo si trovano riuniti sotto lo stesso tetto. Milo (Bill Hader) vive a Los Angeles, dove tenta invano di fare carriera come attore, è appena stato lasciato dal suo compagno ed è affetto da depressione, fino a tentare il suicidio; Maggie (Kristen Wiig) abita invece a New York insieme all'affettuoso marito Lance (Luke Wilson), ma anche lei avverte un inconfessabile senso di frustrazione e di malessere. Due storie di ordinaria infelicità intrecciate in un racconto che si distingue per il sottile humor, e con una scena irresistibile di lip synch sulle note della mitica Nothing's Gonna Stop Us Now degli Starship.
10. Mistress America
Arriviamo così al 2015, un altro anno da incorniciare per il cinema indie americano, e a un altro nome imprescindibile del filone indipendente, Noah Baumbach. Un autore che quest'anno, oltre all'apprezzato Giovani si diventa, ha diretto anche un'altra pellicola, a nostro avviso di gran lunga superiore: Mistress America, presentato a ottobre al Festival di Roma ma ancora in attesa di uscire nelle sale italiane (e ci auguriamo che i nostri distributori non si lascino sfuggire questa vera e propria perla). Ideale "film gemello" del meraviglioso Frances Ha, Mistress America è il secondo frutto della collaborazione fra Baumbach e la sua partner e co-sceneggiatrice Greta Gerwig, qui nel ruolo di Brooke Cardines, frizzante e carismatica trentenne newyorkese che, con il suo fascino metropolitano, ammalia la giovane Tracy Fishko (Lola Kirke), appena approdata nella Grande Mela per frequentare il college. Un ritratto ironico ma partecipe delle incertezze e delle speranze di quei "giovani adulti" alle prese con sogni, progetti e delusioni di un'esistenza ancora in via di definizione, Mistress America è una fra le migliori commedie degli ultimi anni, nonché l'ennesimo esempio della vitalità e della ricchezza di un cinema indie che, per fortuna, non smette di sorprenderci e di emozionarci.
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