Che una serie tv arrivi quasi immediatamente in Top Ten su Netflix una volta approdata sulla piattaforma, se sbucata dal passato e quindi l'occasione perfetta per recuperarla (o rivederla) per gli abbonati, non dovrebbe sorprendere troppo. Se poi questa serie torna in qualche modo a casa sul servizio streaming che avrebbe sempre dovuto ospitarla, il cerchio si chiude perfettamente per spettatori e appassionati. Se parliamo di House of Cards, questo è vero in molteplici modi dato che è stato il primo grande successo a livello mondiale non solo per la piattaforma rossa ma il mondo streaming in generale, mostrando i muscoli e le potenzialità di qualcosa che all'epoca era ancora agli albori. Riscopriamo insieme la storia e i motivi dietro la sua ascesa (e poi caduta), proprio come fossimo in quel mondo politico di cui si è fatta portavoce e rappresentante.
Origin story
Per chi se lo stesse chiedendo leggendo questo nostro speciale, House of Cards è stata la prima serie tv originale Netflix - Lilyhammer con l'ex attore dei Soprano Steven Van Zandt era una co-produzione con la norvegese NRK - e la prima ad aver avuto successo a livello mondiale. La piattaforma in Italia arrivò con qualche anno di ritardo e quindi di ciò che era uscito nel frattempo - soprattutto un titolo di richiamo immediato come questo per produzione imponente, investimento economico considerevole e nomi coinvolti altisonanti che venivano dal cinema e finora si erano buttati solamente in miniserie via cavo - erano stati acquisiti i diritti da altri network, in questo caso Sky Italia (e successivamente NOW in streaming). Un'esclusiva che rese il catalogo monco una volta approdato sui nostri lidi e che (giustamente) Sky si teneva stretta nel proprio parterre di offerta seriale. Ma ora, conclusa la serie (in onda dal 2013 al 2018), scaduti i diritti e passato del tempo, House of Cards è tornata a casa su Netflix ed è balzata subito in Top Ten.
Ricordiamo che il servizio streaming, nato da una costola di un servizio di home video a domicilio, fece parlare molto di sé perché proponeva un nuovo tipo di fruizione del prodotto seriale drasticamente opposta a quanto si era abituati fino a quel momento: non più un rilascio degli episodi settimanale bensì tutte le puntate insieme, senza pubblicità e contemporaneamente in tutto il mondo - quindi senza dover aspettare le solite tempistiche letargiche a cui gli spettatori fuori dagli Usa erano abituati - solitamente di venerdì per dare l'opportunità al pubblico di avere il weekend libero per fare una bella scorpacciata di visione, il cosiddetto binge watching, termine che nacque proprio qui. Quindi, fun fact, per l'Italia fu molto strano mandarlo in onda su un network satellitare come Sky che viveva di messa in onda settimanale, e dovendo necessariamente far passare del tempo dalla messa in onda americana per il doppiaggio. Si adottò il metodo del rilascio in contemporanea solo nelle ultime stagioni con una pubblicazione intera delle stagioni on demand, senza rinunciare anche all'opportunità settimanale per gli spettatori così abituati.
House of Cards, 10 anni dopo: Frank Underwood aveva predetto il futuro
Castello di carte
Perché House of Cards è piaciuta così tanto a livello mondiale e perché si è imposta come la rappresentante drama di Netflix (accanto a Orange Is the New Black per le comedy) e della qualità in streaming per eccellenza? Perché Beau Willimon, adattando l'omonima miniserie televisiva BBC in quattro episodi, a sua volta tratta dal romanzo di Michael Dobbs, mostrò per la prima volta il lato più marcio e corrotto della politica statunitense. Quanto accadeva tra i corridoi del potere e quale ossessione malsana e tossica c'era in tutti i suoi rappresentanti nel volerlo conquistare (e soprattutto mantenere) a tutti i costi. Con una location imponente e suggestiva come Washington D.C., la serie vinse numerosi premi tra cui Emmy Award e Golden Globes - la prima volta per un prodotto nato per lo streaming - anche grazie al cast capitanato nientemeno che da Kevin Spacey e Robin Wright.
Un matrimonio fin da subito mostrato come nato da amore e rispetto ma soprattutto da convenienza reciproca - e meno alla pari di quanto sembrasse, ai danni di Claire, e con un personaggio bisessuale mostrato senza remore al pubblico come quello di Frank. Non erano quindi tanto e solo le scene più piccanti a destare scalpore - d'altronde fino a quel momento c'era stata la cara vecchia It's not tv, it's HBO, ma soprattutto il mostrare personaggi senza scrupoli fare di tutto per la propria scalata al potere nella politica statunitense, senza preoccuparsi davvero degli elettori e dei cittadini ma di se stessi e del proprio tornaconto. Il Frank Underwood di Spacey è diventato a tutti gli effetti uno degli antieroi della tv moderna nonché il primo dello streaming, in uno show che lanciò svariate carriere come quelle di Kate Mara, Michael Kelly, Corey Stoll e la futura Fantastica Signora Maisel Rachel Brosnahan. La sequenza iniziale dell'episodio pilota è già storia della tv, capace di riassumere perfettamente il gioco di potere in atto nel matrimonio della coppia protagonista così come nel rapporto di Frank con chiunque gli capitasse a tiro, con la regia affidata a David Fincher, a cui sarebbero seguite alcune delle morti più sconvolgenti della storia della serialità.
Da House of Cards a X-Files: può una serie TV sopravvivere senza protagonista?
Questione di gender
House of Cards si ritrovò a raccontare l'ascesa ma anche la caduta di un leader senza scrupoli quando, arrivata alla fine della quinta stagione, iniziarono ad uscire pesanti accuse di molestie all'attore protagonista. Agli albori del #MeToo, Netflix fu costretta ad annunciare che la sesta sarebbe stata anche l'ultima stagione del suo primo original più importante, che avrebbe avuto meno episodi rispetto ai canonici 13 che avevano caratterizzato per i primi anni la composizione narrativa della piattaforma, e che il personaggio di Frank sarebbe necessariamente stato fatto fuori. Per una coincidenza che ha qualcosa di lostiano, Mr. Underwood era già stato surclassato (per suo volere) dalla moglie Claire nel finale del quinto ciclo e quindi ciò che avvenne dietro le quinte fu utilizzato a fagiolo anche in scena.
A Robin Wright spettò il compito di tenere sulle proprie spalle l'ultima stagione del fiore all'occhiello dell'offerta della piattaforma. Un compito certamente arduo e per quanto i personaggi femminili fossero stati sempre importanti e caratterizzati in House of Cards, il divario di carisma si fece sentire, sentendosi piovere addosso numerose critiche anche da parte dei difensori di Spacey e da coloro che non riuscivano ad accettare un fenomeno come il #MeToo. Pur con una conclusione immeritata per un tale capolavoro di scrittura e regia - generando tormentoni utilizzati ancora oggi - e per motivazioni esterne e indipendenti dagli autori, complice il fatto che Willimon aveva lasciato le redini del serial già dopo le prime stagioni, House of Cards è e resterà sempre il fiore all'occhiello dello streaming e di Netflix, con cui molti show successivi si sono dovuti necessariamente misurare a proprio rischio e pericolo. Parola di Frank Underwood.