Il rigore britannico incontra il calore italiano nella nostra recensione di Hotel Portofino, il period drama inglese creato da Matt Baker e ambientato in Italia dal 28 febbraio su Sky Serie e NOW. Un incontro di culture che porta a un mix interessante, accattivante, suggestivo e ben equilibrato.
Bella Italia
La star di Californication, Designated Survivor e del prossimo Halo, Natascha McElhone interpreta la figlia di un ricco industriale inglese che per ricominciare e crearsi un indipendenza economica dal marito, un Lord decaduto e pieno di debiti, decide di aprire un hotel sulla riviera ligure negli anni dell'ascesa di Benito Mussolini. Storia con la s maiuscola e storia dei personaggi si intersecano, proprio come ha fatto Downton Abbey, con cui Hotel Portofino ha in comune anche il rigore e lo humour british nella scrittura. Bella non sarà l'unica a cercare una propria indipendenza: i personaggi femminili sono sfaccettati e propongono un femminismo ante litteram, per cercare di capire chi sono senza un uomo accanto, e comprendere che non hanno bisogno di qualcun'altro per essere realizzate e per definire se stesse. Il marito di Bella (Mark Umbers) per recuperare lo status sociale e colmare i debiti vorrebbe un matrimonio combinato per il loro figlio, Lucian (Oliver Dench), un ex soldato con delle cicatrici visibili e interiori dopo la guerra e con la passione per la pittura, che il padre disapprova. Il fascismo (e gli antifascisti, capitanati da Rocco Fasano) saranno un tassello importante per la storia raccontata. "Avevamo detto di non farci coinvolgere dalla politica locale" dirà Bella ad un certo punto, ma le strade degli Ainsworth e dell'Hotel si intersecheranno inevitabilmente con la politica in corso e faranno evolvere tutti i personaggi nei sei episodi che compongono la serie, fino a un epilogo che chiude le storyline e lascia eventuale spazio per una seconda stagione.
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Clientela variegata
È variegata e variopinta la clientela che popola l'Hotel Portofino nella sua prima estate di vita, e contribuisce a dare ancora più sfumature di colore alla vicenda. Il conte Albani (un carismatico Daniele Pecci) col figlio Roberto (Lorenzo Richelmy, già Marco Polo su Netflix); Lady Julia Drummond-Ward (Lucy Akhurst) e la figlia Rose (Claude Scott-Mitchell), timida e totalmente succube della madre, che vorrebbe darla in moglie a Lucian; il migliore amico e compagno in guerra di Lucian, il Dr. Sengupta (Assad Zaman); Lady Latchmere (Anna Chancellor) bacchettona che imparerà ad aprire gli occhi; un tennista professionista accompagnato dalla moglie; l'americano Jack Turner (Adam James) insieme alla moglie Claudine (Lily Frazer), una femme fatale nera, che desta particolare scompiglio tra i turisti per il proprio modo di fare sfacciato e moderno. Non solo piano di sopra ma anche piano di sotto come da miglior traduzione di Downton Abbey, per esplorare la vita dei domestici dell'Hotel: la cuoca Betty (Elizabeth Carling) col figlio Billy, la cameriera del posto e la nuova tata (Louisa Binder), con un misterioso passato alle spalle. McElhone splende come Bella e non cade nel cliché della straniera ingenua ma mostra una donna di gran cuore tanto verso gli ospiti quanto verso il proprio staff.
Giallo d'annata
Ci sono tanti generi che si mescolano al period drama in Hotel Portofino. Il romance, la commedia ma anche il giallo con un misterioso furto che scombussolerà il già precario equilibrio degli ospiti, e il political drama, attraverso il diabolico personaggio di Vincenzo Danioni (Pasquale Esposito), del Consiglio Comunale locale. La regia di Adam Wimpenny si concentra sui dettagli, dell'albergo così come dei costumi, per rivelare qualcosa dei personaggi. La fotografia sfrutta la luce naturale e valorizza il suggestivo paesaggio con molte vedute aeree classiche da cartolina. Ma c'è qualcosa di magico nella Liguria che ne esce e di equilibrato sia nell'uso continuo della doppia lingua da parte dei protagonisti a fornire maggior realismo alla storia. Quell'estate sarà decisiva per tutti i personaggi. Quello che accade in Liguria, rimane in Liguria?
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Hotel Portofino dicendo che a dispetto dal titolo che lasciava presagire poco di buono abbiamo invece trovato un “erede” di Downton Abbey più soft in versione estiva e italiana. Ricco di quell’umorismo e rigore british che incontra sapientemente il Belpaese, senza ricorrere ad eccessivi stereotipi e mescolando le due lingue e culture, con un femminismo imperante non eccessivo e che mostra varie storie avanti per l’epoca. Chapeau.
Perché ci piace
- La scrittura sapiente e rigorosa piena dell’aplomb inglese che ha fatto la fortuna degli show prima di Hotel Portofino.
- Le location valorizzate senza cadere troppo nell’effetto cartolina merito del lato period del racconto.
- La Storia che si interseca con quella dei personaggi e il femminismo come tematica imperante.
Cosa non va
- Non tutti i personaggi sono ben caratterizzati allo stesso modo.
- L’epilogo di alcune storyline lascia un po’ perplessi.