Ogni giorno ci troviamo spalla a spalla con tante persone: non siamo che degli sconosciuti l'uno per l'altro, ma ognuna di queste persone può entrare o meno nella tua vita.
Nel 1993, il trentacinquenne Wong Kar-wai è alle prese con il suo progetto più ambizioso fino a quel momento: Ashes of Time, un wuxia ispirato al romanzo The Legend of the Condor Heroes di Jin Yong e realizzato con un alto budget, fra innumerevoli difficoltà produttive. La post-produzione del film si rivela più complessa del previsto e così, nel corso di una lunga pausa forzata durante la fase di montaggio, Wong decide di tuffarsi in un progetto completamente diverso: un'opera a basso costo, girata in una manciata di giorni fra le strade di Hong Kong sulla base di un copione appena abbozzato. "Dopo il lavoro pesantissimo e carico d'enfasi in Ashes of Time, volevo fare un film molto leggero, contemporaneo, ma i cui personaggi avessero gli stessi problemi": il risultato, Hong Kong Express, fa il suo esordio in patria il 14 luglio 1994, con due mesi d'anticipo rispetto ad Ashes of Time, e a sorpresa segnerà una svolta fondamentale nella carriera di Wong Kar-wai.
Se infatti l'accoglienza per Ashes of Time si rivela alquanto tiepida, anche a causa di una narrazione spesso criptica che tende a disorientare il pubblico, Hong Kong Express va in una direzione totalmente opposta: si tratta di due brevi storie dalla struttura piuttosto essenziale, incentrate su una doppia coppia di personaggi le cui esistenze si incrociano nel brulicante scenario metropolitano di Hong Kong. E quanto più Ashes of Time è immerso nella cultura e nella tradizione storica dell'Estremo Oriente, tanto più Hong Kong Express riesce a veicolare, pur all'interno della cornice dell'ex colonia britannica, esperienze e stati d'animo di portata universale, adottando un linguaggio innovativo che sembra cogliere a piene mani dallo "spirito del tempo": dal dinamismo proprio di una certa estetica dei video musicali (siamo nell'apogeo di MTV) al taglio quasi impressionista nel rappresentare l'ambiente cittadino come teatro di alienazione e di solitudine.
Solitudini che si sfiorano e date di scadenza
In tal senso, la perdita d'identità a cui sono sottoposti i comprimari maschili dei due episodi, entrambi poliziotti, è simboleggiata già dai loro nomi: il giovane He Qiwu, interpretato dal ventenne giapponese Takeshi Kaneshiro (noto allora come cantante), viene chiamato agente 223, mentre al protagonista della seconda vicenda, affidato a un divo già in ascesa quale Tony Leung Chiu-wai, ci si riferisce soltanto come agente 663. Per He Qiwu, il racconto del film corrisponde a una sorta di confessione intima in cui tenta di elaborare l'abbandono da parte della fidanzata May, seguendo un ossessivo rituale quotidiano (l'acquisto di ananas in scatola con scadenza il primo maggio) che lo induce a interrogarsi sulla caducità ineluttabile dei rapporti umani: "Chissà da quando e perché tutto ha una data di scadenza: il pesce spada scade, il sugo di carne scade... persino la carta per alimenti scade. Mi chiedo se a questo mondo esista ancora qualcosa che non scada".
Il primo maggio, la 'scadenza' stabilita da He Qiwu dopo trenta giorni di separazione da May, la sua strada si incrocia con quella di una donna misteriosa, che si cela dietro un paio di occhiali scuri e una vaporosa parrucca bionda, e alla quale dà volto l'attrice taiwanese Brigitte Lin. Ricalcata su un archetipo di dark lady, la donna bionda senza nome si aggira con passo sicuro nel sottobosco criminale di Hong Kong, avvolta in un lungo impermeabile che pare rimandare al cinema noir degli anni Quaranta, ed è legata a doppio filo a un boss locale del narcotraffico con il quale ha dei conti da regolare. Lei ed He Qiwu non potrebbero apparire più diversi, eppure il ragazzo si lascia travolgere dalla fascinazione per questa scostante femme fatale, con cui trascorrerà la notte in una camera d'albergo, limitandosi a guardarla dormire; il mattino seguente, un messaggio di auguri della donna sarà in grado di mitigare la sofferenza di He Qiwu, accendendo in lui una scintilla di speranza ("Se anche i ricordi sono come un barattolo di ananas, spero che quel barattolo non scada mai").
In the Mood for Love: il cinema di Wong Kar-wai, tra malinconia e sentimento
Sognando la California nella giungla di Chungking
L'ingresso di He Qiwu in una rosticceria di Chungking Mansions, edificio sede di negozi e ristoranti di carattere multietnico, nonché spunto per il titolo originale del film (La giungla di Chungking, a rimarcare il sincretismo culturale di Hong Kong), sancisce il "passaggio di testimone" tra lui e Faye, giovane cameriera interpretata dalla popstar cinese Faye Wong. Nel secondo segmento di Hong Kong Express, Wong Kar-wai mette in scena il progressivo innamoramento di Faye per l'agente 663, sempre più incuriosito da quella ragazza un po' bizzarra che ascolta a ripetizione California Dreamin' dei Mamas & the Papas a tutto volume e che inizia a introdursi di soppiatto nell'appartamento dell'uomo, disseminando indizi della sua presenza e del suo affetto per lui. Ad accentuare la soffusa dolcezza dell'episodio è la ricorrenza incessante delle canzoni: California Dreamin', What a Diff'rence a Day Makes nell'incisione di Dinah Washington e Mung Zung Yan, cover registrata in cantonese da Faye Wong di Dreams dei Cranberries.
Tale commistione di stili, epoche e lingue all'interno della colonna sonora esprime la natura di una pellicola in cui la dimensione propria di Hong Kong si apre agli influssi della cultura occidentale, mentre la fotografia, curata da Christopher Doyle ed Andrew Lau, riflette l'atmosfera ovattata e sognante dei due racconti, con l'ambientazione notturna corredata dalle insegne e dalle luci al neon di questo frenetico microcosmo urbano. Elementi e suggestioni che, uniti all'approccio diaristico della narrazione (con tanto di monologhi in voice-off), contribuiranno alla popolarità trasversale del film, traghettando per la prima volta il cinema di Wong Kar-wai verso le platee internazionali. Se già con il suo secondo film, lo splendido Days of Being Wild, Wong aveva definito le coordinate della propria poetica e di uno stile ampiamente riconoscibile, in Hong Kong Express assistiamo alla gioiosa sperimentazione di un regista impegnato a formulare un'estetica di straordinaria libertà e inventiva, destinata da lì a breve (Happy Together e, ancor di più, In the Mood for Love) a diventare il marchio di fabbrica di uno degli autori più celebrati a cavallo fra vecchio e nuovo millennio.