Ai festival di cinema spesso ci troviamo di fronte a dei misteri. Nel caso dell'edizione 2023 della Mostra del Cinema di Venezia, non possiamo che chiederci come mai il film di Shinya Tsukamoto di cui vi parliamo in questa recensione di Hokage (Ombra di fuoco) sia stato relegato nella sezione Orizzonti e considerato non meritevole del concorso. Un mistero per noi che scriviamo, perché abbiamo considerato il lavoro del regista giapponese di livello molto alto, ma forse è la nostra passione di vecchia data per il suo cinema ad averci influenzati?
Lo sguardo al passato nella trama di Hokage
Il regista di Tetsuo torna al periodo della Seconda Guerra Mondiale per chiudere quella che si può considerare un'ideale trilogia con Nobi e Zan, già presentati proprio qui a Venezia: Hokage (Ombra di fuoco) ci porta nell'immediato dopoguerra e la sua devastazione, in un piccolo ristorante che porta i segni evidenti della distruzione e le fiamme. Lì troviamo una donna rimasta senza famiglia, che si guadagna da vivere vendendo il proprio corpo e che viene raggiunta da un orfano che entra furtivamente per rubare e da un soldato. I tre iniziano una strana convivenza, il tentativo di una famiglia nata nel dolore, finché qualcosa non si rompe a causa dei ricordi di guerra del soldato e le ferite che ognuno porta dentro di sé.
Ferite di guerra
Se parliamo di una ideale trilogia è perché anche Hokage sembra voler riflettere su un tema caro a Shinya Tsukamoto, ovvero gli effetti della guerra sugli esseri umani, quell'orrore che deriva dall'atto di uccidere. In questo caso il focus è sul mercato nero che si è sviluppato nel secondo dopoguerra, delle persone che vivono tra le ombre della distruzione passata. Il regista giapponese analizza ancora con lucidità l'animo umano, ma non rinuncia a lasciarsi andare a un barlume di speranza nel futuro, che sembra emergere dall'evocativo finale.
Una messa in scena solida
Colpisce, ma non stupisce, di Hokage la solidità della messa in scena, che prende il via dal claustrofobico primo atto ambientato esclusivamente tra le quattro mura del ristorante, per poi aprire all'esterno nel concentrarsi sul ragazzino che segue un venditore ambulante che gli ha promesso un lavoro. In entrambi i casi la composizione della scena è impeccabile, intima eppure potente, solida ma mai fredda, per decollare, letteralmente, in una panoramica a volo d'uccello su una città rasa al suolo.
Hokage - Ombra di fuoco è l'ennesimo riuscito lavoro di un regista di culto che fin troppo poca notorietà ha racimolato nel nostro paese al di fuori della nicchia degli appassionati, che merita come sempre attenzione e spazio nel grandi eventi internazionali.
Conclusioni
Alle battute finali della recensione di Hokage (Ombra di fuoco) non possiamo che ribadire la qualità e potenza dell'ultima opera di Shinya Tsukamoto, presentata a Venezia nella sezione Orizzonti (quando avrebbe tranquillamente meritato il concorso): il regista giapponese continua a indagare l'animo umano e le ferite inferte dalla guerra, con una messa in scena solida ed emozionante, che parte dall'oppressione delle quattro mura di un ristorante.
Perché ci piace
- Il ragionamento sull'animo umano e le ferite inferte dalla guerra.
- La messa in scena, solida ed emozionante.
- La panoramica della città rasa al suolo, che da sola vale il film.
Cosa non va
- Anche se meno estremo che in passato, il cinema di Shinya Tsukamoto non è per tutti.