Ho visto la tv brillare, la recensione: un delirante trip allegorico (sull'esperienza transgender)

Jane Schoenbrun sfodera il nuovo Donnie Darko? Forse, ma è innegabile che I Saw the TV Glow sia un derivato lisergico che mescola identità sessuale, incomunicabilità generazionale e dipendenza da binge watching. Disponibile in streaming negli store digitali.

Il banner di Ho visto la tv brillare

C'è una sostanziale pretesa dietro I Saw the TV Glow, arrivato in Italia con il titolo Ho visto la tv brillare. Una pretesa, perché è quasi immediatamente chiaro quanto la regista, Jane Schoenbrun, punti ad un formalismo visivo destinato a crollare dietro la spessissima allegoria che vorrebbe il film una sorta di contrappunto all'identità sessuale, da scoprire, costruire, liberare. Quello che definiremo in anglosassone un vero e proprio mass, in italiano lo traduciamo nel ben più pragmatico: casino. Un casino solo apparente, però: dietro la fitta coltre che rende l'opera pressoché inaccessibile (e quindi per certi versi pretenziosa nella sua salvifica originalità), la lettura si rivela, ragionandoci, abbastanza lineare (e quindi meno potente? In parte).

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i protagonisti, Justice Elio Smith e Brigette Lundy-Paine

Certo è, che l'obbiettivo della Schoenbrun, risulta centrato: creare l'oggetto misterioso, accendere la discussione, aprire al confronto. Un confronto subito accesosi fin dalla presentazione al Sundance del 2024, e acchitato a dovere da A24 (e chi sennò?) che negli Stati Uniti ha distribuito limitatamente in sala. Uno dei casi dell'anno, approdato in streaming in Italia (lo trovate nei vari store digitali) senza nessun tipo di comunicazione. Potremmo limitarci ad una lapidaria domanda sul perché di tale scelta distributiva, ma sarebbe superfluo.
Invece, ci impuntiamo e rivendichiamo giustizia verso quei titoli che meriterebbero ben più attenzione. C'è una sostanziale fetta di pubblico che li cerca, li attende; limitarsi ad una svogliata distribuzione è quindi svilente, nonché dimostra un totale disinteresse e una poca conoscenza rispetto a ciò che viene, appunto, distribuito.

Ho visto la tv brillare: un nuovo Donnie Darko?

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Un primo piano di Justice Elio Smith

Anche perché, Ho visto la tv brillare, prodotto da Emma Stone, potrebbe essere l'attualizzazione moderna di Donnie Darko nella struttura osservante il disagio generazionale. Addirittura? In parte, sì. Paragone scomodo per un instant cult che sfuma nel delirante, Jane Schoenbrun scrive e dirige il perfetto profilo di un ragazzo di prima media, isolato e taciturno. Siamo nel 1996 (ma la storia prosegue in avanti per diversi decenni) quando Owen (Justice Elio Smith, Ian Foreman da ragazzino) incontra Maddy (Brigette Lundy-Paine, che ricorda una giovane Winona Ryder), di un paio d'anni più grande. Ad accomunarli, l'interesse per una stramba serie young-adult, The Pink Opaque, in cui i protagonisti vengono minacciati da Mr. Malinconia, un mostro weirdo che pare uscito dalla mente di David Lynch. E poi? Poi, I Saw the TV Glow segue la connessione della serie rispetto alla vita di Owen e Maddy che, nel corso degli anni, finiranno per perdersi e ritrovarsi.

Allegorie e identità sessuale

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Il viola, colore fondamentale di Ho visto la tv brillare

Tutto qui? No, ma sarebbe accessorio continuare troppo sulla trama. Tra televisioni che bruciano (a proposito di allegoria) e una poca concretezza capace di scombussolare, quello di Jane Schoenbrun è letteralmente lo spazio di mezzo che vivono molte persone trans. Non è una nostra congettura, bensì è la diretta spiegazione proveniente dalla regista (che ha dichiarato quanto il film sia conseguenza del suo rapporto con la famiglia): Maddy ma soprattutto Owen sono in bilico con la propria appartenenza sessuale (uno resta a casa, l'altra fugge) che non riesce "a contenerli", esplicando un disagio rispetto alla consapevolezza identitaria.

Ovvio che ci sia una certa contorsione, in una mescolanza che sfrutta il parallelo con una serie televisiva: il mondo di The Pink Opaque, che attinge all'estetica 90s, in stile Buffy, è allora una sorta di meccanismo difensivo, che accompagna l'identità repressa di Owen, da bambino fino all'età adulta. Un percorso però incompiuto, semi-magico, suddiviso per fasi, spesso disconnesso dalla realtà: la televisione che brucia, quindi, è il legame ossessivo e disagiato dei protagonisti nei confronti di una realtà inadatta al loro essere. Il tutto, inserito in un percorso cinematografico di oggettiva qualità tecnica: la fotografia dalla grana grossa di Eric K. Yue, o il soffice score di Alex G., alternato a brani di Sloppy Jane. Carolone Palachek, Phoebe Bridges.

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L'occhio di Jane Schoenbrun in un'inquadratura del film

Di contrario, la traccia della transizione (o in generale il coming out) nel film viene sapientemente miscelata, in un ammiccamento (a volte esagerato, fine a sé stesso, illeggibile e altezzoso) che si allarga fino al concetto di quella serialità televisiva capace di confondere e offuscare, creando uno straniamento anche artistico in fatto di linguaggio e narrazione (e non è un caso che Owen, da adulto, finirà per lavorare prima in un multiplex e poi in un parco giochi), mostrandosi come un Poltergeist (con tanto di citazione nel poster al film cult). Se ciò che resta alla fine è qualcosa di molto simile ad un'esperienza cinematografica inafferrabile, avulsa dal giudizio e dal gusto, è innegabile che Ho visto la TV brillare - I Saw the TV Glow sottolinei in rosso il talento di Jane Schoenbrun. Il che non è poco.

Conclusioni

Alla fine, cosa abbiamo visto? Sicuramente, un film originale nella sua visione e nella sua estetica, capace di amalgamare l'esperienza trans sotto forma di magica e inquieta allegoria. Caso negli Stati Uniti, e arrivato distrattamente in Italia in streaming, Ho visto la tv brillare illumina il talento di Jane Schoenbrun, che sceglie di affrontare una narrativa weirdo e delirante, mischiando le turbe generazionali, l'ossessione al binge-watching e, soprattutto, il disagio di chi non si sente correlato alla sua identità sessuale.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • L'estetica.
  • L'allegoria sull'esperienza trans.
  • L'idea dietro la serie tv The Pink Opaque.
  • La colonna sonora.

Cosa non va

  • Una certa pretesa, a tratti poco accessibile.