Hey Joe, recensione: James Franco, le conseguenze della guerra e un film che accoglie lo spettatore

Due ottimi interpreti come (e attenzione a Francesco Di Napoli), la Napoli degli anni '70, un'atmosfera che è un caldo abbraccio. Claudio Giovannesi torna a fare centro. In sala dal 28 Novembre.

James Franco e Francesco Di Napoli in Hey Joe
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Claudio Giovannesi è un autore che ci ha sempre colpiti, perché vedevamo in lui un fiore in procinto di sbocciare (e non è casuale la scelta del termine e il riferimento al suo film del 2016). Poi La paranza dei bambini, anche Orso d'argento per la sceneggiatura a Berlino, ha confermato la nostra intuizione: un altro autore italiano da seguire con passione. Hey Joe, presentato nella sezione Grand Public alla Festa del Cinema di Roma, è il definitivo salto di qualità, un film solido e compiuto, splendidamente interpretato da James Franco e Francesco Di Napoli, che accoglie lo spettatore e lo accompagna nel conoscere una storia che è anche leggenda, un racconto che gira tra i vicoli di Napoli, gli stessi in cui si muove agile la camera del regista.

Una storia figlia della guerra, delle sue conseguenze

Hey Joe James Franco Foto
James Franco è Dean Barry

La storia di Hey Joe è vera, realmente accaduta, di quella che si raccontano e si tramandano, che nel contesto popolare dei Quartieri Spagnoli si è ammantata dell'alone della leggenda. Una storia che parla di un soldato americano, tale Dean Barry, che nel corso della Seconda Guerra Mondiale ha avuto una relazione e un figlio con una ragazza napoletana. Venticinque anni dopo, nel 1971, Dean torna a Napoli per conoscere quel figlio abbandonato e lo ritrova ormai uomo, con una propria famiglia e soprattutto una esistenza dedita al contrabbando a cui è stato introdotto dall'uomo che l'ha cresciuto, un boss della malavita che l'ha adottato una volta rimasto orfano anche di madre. Enzo, questo il nome del ragazzo, non vuole saperne di quel padre che l'ha abbandonato ed è sparito per così tanti anni e il rapporto tra i due si muove a piccoli e incerti passi.

James Franco e Francesco Di Napoli, splendidi come padre e figlio

Hey Joe James Franco Francesco Di Napoli Foto
Francesco Di Napoli e James Franco sono Enzo e suo padre Dean

Quella di Hey Joe è una storia che inevitabilmente carica il suo peso emotivo sulle capacità interpretative dei suoi protagonisti, ma James Franco e Francesco Di Napoli dimostrano di avere le spalle abbastanza larghe da poterlo reggere con disinvoltura: c'è intensità e sofferta incertezza nei loro sguardi, spontanea intimità nei loro modi, rancori passati e voglia di fidarsi nei loro sorrisi. Il film vive della prova dei suoi protagonisti, si muove al ritmo dell'evoluzione del loro rapporto, tra aperture e incertezze, tra piccoli passi in avanti e brusche spinte all'indietro. Sono il centro nevralgico di un mondo che gira loro attorno, anche grazie a comprimari che completano il quadro con efficacia e altrettanto calore, dalla Bambi di Giulia Ercolini allo sgradevole ma autentico Vittorio di Aniello Arena: uno spaccato di figure che animano la città, la rendono un microcosmo credibile e verace.

La Napoli anni '70, tra contrabbando e apertura al mondo

Hey Joe
Una scena del film di Claudio Giovannesi

Uno spaccato che funziona anche dal punto di vista visivo, con scelte di location e scenografie, ma anche di costumi, abitudini e situazioni, che restituiscono il quadro articolato e vibrante di una città che si è rialzata dalle rovine della guerra e si sta aprendo all'invasione merceologica che viene dagli americani, ancora molto presenti anche a causa della presenza della base NATO: il whisky americano, le sigarette di contrabbando, le sostanze stupefacenti, la prostituzione e tanti dettagli che contribuiscono a darci l'immagine di tutto ciò che muoveva l'economia, anche criminale, della città. Una tappa nel cammino evolutivo che dalla guerra arriva poi fino ai giorni nostri, la nascita della società dei consumi che è ora fuori controllo e che in quel periodo muoveva i primi passi con oggetti desiderabili e, a volte, irraggiungibili.

La calda atmosfera di Hey Joe

Hey Joe James Franco Francesco Di Napoli Scena
L'atmosfera calda di Hey Joe

Claudio Giovannesi ci porta per le vie strette e vive di quella Napoli, ce la mostra in contrasto con quella degli anni '40. Un contraltare strutturato in flashback, facendoci vivere e respirare quell'atmosfera, abile a non lasciare mai che la storia affoghi, e senza mai annacquarne la portata emotiva. Colpisce anche l'uso dei richiami al passato, mai invadenti, sempre funzionali a sottolineare un'emozione, uno sguardo, un rancore, anche grazie al lavoro di musica e montaggio, pronti a sottolineare ogni momento nel modo migliore. Hey Joe è un film bello da vedere, ma ancora migliore da sentire, da respirare e vivere. Uno splendido viaggio nell'intimità sofferta di due individui che avremmo voluto continuare oltre le due ore (scarse) di durata.

Conclusioni

Siamo stati catturati dalla storia di Hey Joe, dal rapporto tra un padre e un figlio che porta su di sé le conseguenze della guerra e le ferite che ha lasciato nelle esistenze della gente. James Franco e Francesco Di Napoli sono bravissimi nel rendere credibile questo rapporto da ritrovare e ricostruire, con intensità e calore, ma è la regia di Claudio Giovannesi a far sì che ci sentissimo accolti e avvolti dal calore di questa storia e di una Napoli degli anni '70 problematica e ancora ferita, ma pronta ad aprirsi al mondo e l'invasione merceologica che ne consegue.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.8/5

Perché ci piace

  • Il fascino di una storia vera, una leggenda raccontata dal popolo.
  • James Franco e Francesco Di Napoli, che accendono il racconto e colpiscono anche senza parlare.
  • L'atmosfera generale, calda, accogliente, avvolgente.
  • Il modo per parlare di guerra e delle sue conseguenze, del mondo degli anni '70 e di tanto altro attraverso la storia personale dei protagonisti.

Cosa non va

  • Uno dei pochi casi in cui le due ore scarse di durata sono un difetto: avremmo voluto restare più a lungo nella Napoli anni '70 di Claudio Giovannesi.