Nel 1957, durante una notte d'eclissi, un frate tenta di uccidere un neonato che reca sulla spalla un marchio, per questo considerato come progenie del diavolo. Proprio mentre sta per conficcare il coltello nel cuore del piccolo, l'intervento di due agenti di polizia evita il peggio per l'infante, con l'uomo di Chiesa che muore in sua vece.
Come vi raccontiamo nella recensione di Hellhole, la storia si sposa in avanti di trent'anni e vede per protagonista padre Marek, giovane frate che è stato assegnato al monastero gestito dal priore Andrzej, il quale lo considera come un sanatorio dove riformare le anime perse. Il luogo sacro riceve sovvenzioni dal Vaticano proprio per le particolari attività che si tengono al suo interno, relative a pratiche esorcistiche. Infatti da tempo giovani donne considerate vittime di possessione da parte del demonio sono al centro di riti - accuratamente documentati con prove video - nei quali si cerca di estirpare il presunto male che le ha contagiate. Ma come ben presto Marek scoprirà, quanto raccontato è ben lontano dalla verità e lui stesso nasconde un insospettabile segreto che potrebbe compromettere lo status quo...
Quella chiesa nel bosco
Un film che si fa apprezzare e detestare al contempo, per via di spunti più e meno interessanti che convivono in un'ora e mezzo di visione assai altalenante, con momenti più riusciti - in particolare la mezzora finale - e altri più lenti e monotoni che rischiano di afflosciare l'interesse dello spettatore. Hellhole, nuova produzione originale del catalogo di Netflix, arriva dalla Polonia, provenienza non certo casuale in quanto il suddetto Paese è profondamente legato a valori religiosi, per l'appunto al centro del racconto.
L'unica ambientazione è infatti quella del monastero, teatro di eventi via via più macabri e inspiegabili che svelano un'agghiacciante verità, tra pratiche di cannibalismo e torture più o meno deviate da un fanatismo legato a rituali satanici o peggio ancora.
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Tra cielo e terra
Nonostante certi sviluppi siano assai macabri e potenzialmente disturbanti, le scene più estreme sono lasciate fuori campo nonostante una discreta dose di violenza faccia capolino qua e là, supportata da buoni effetti speciali e make-up. Perché per buona parte del minutaggio Hellhole potrebbe quasi essere assimilato ad una sorta di giallo-mystery, dove il protagonista è a caccia di indizi per comprendere progressivamente quanto avvenga all'interno del convento.
Un breve background legato al mondo esterno - e al perché padre Malek si trovi effettivamente lì - un breve prologo ambientato nel passato e un epilogo sprigionante una prorompente carica visionaria. Anche laddove rischia di apparire potenzialmente velleitario, Hellhole riesce a salvarsi in corner con improvvisi sussulti in grado di riscattare le precedenti cadute di stile o ritmo.
Non dormire nel monastero stanotte
Pur senza eccellere o dimostrare una spicca personalità, il regista Bartosz M. Kowalski fa un bel balzo in avanti rispetto alla sua duplice opera precedente, ovvero il mediocre dittico slasher di Non dormire nel bosco stanotte, anch'esso distribuito in esclusiva sulla medesima piattaforma di streaming.
In quest'occasione l'ironia di bassa lega è del tutto assente così come quella preponderante anima splatter, in favore di un'atmosfera che si fa col passare dei minuti sempre più inquieta e amara, perfetta preparazione a quell'epilogo dal taglio apocalittico che - a meno di inaspettate sorprese - dovrebbe tagliare le gambe a qualsiasi potenziale sequel. Certo non mancano le più canoniche ovvietà ambientali memori dell'immaginario jump-scaresco moderno, con specchi che si rompono e porte che si aprono da sole, ma rispetto ad altre produzioni più ambiziose qui si ha almeno l'accortezza di non prendersi eccessivamente sul serio anche nelle sequenze apparentemente più tronfie.
Conclusioni
Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Hellhole, quest'horror polacco è ambientato in un monastero dove gli esorcismi sono atti a mascherare un piano ben più diabolico, che vede il demonio stesso coinvolto direttamente. Con una storia che si svela progressivamente, tra passaggi riusciti ed altri meno, e una parte finale suggestiva quanto basta, l'ora e mezzo di visione riesce a intrattenere il relativo pubblico di riferimento pur senza eccellere, affidandosi spesso a soluzioni abusate e a un immaginario risaputo.
Perché ci piace
- Il finale è visionario al punto giusto.
- Un discreto mix tra la componente investigativa e l'anima horror.
Cosa non va
- Il racconto risente di qualche caduta di ritmo.
- Il cast non spicca per personalità e carisma.