Quando si parla di cinema sperimentale, un brivido corre lungo la schiena. Nel caso di Laurie Anderson, però, non possiamo non ammirare il talento e la sensibilità di un'artista unica, capace di guardare in fondo al proprio cuore e rielaborare i gravi lutti subiti, a partire dalla perdita del marito Lou Reed, sublimandoli in una sinfonia audiovisiva. Heart Of a Dog è un film semplice e profondo, dove immagini, suoni, disegni, filmini di famiglia, musiche e canzoni si fondono in un unicum che fluisce direttamente dall'animo della sua autrice. Un dono meraviglioso per lo sguardo incantato del pubblico. Un film impegnato senza essere cerebrale, emotivo senza mai scadere nel patetico. Forte del percorso di ricerca intrapreso anni fa, costellato di studi, riflessioni e di un avvicinamento alla filosofia buddhista, la Anderson dimostra di aver imparato a convivere con i fantasmi che la circondano trasformando la sofferenza in arte.
Una serena elaborazione del lutto
Rievocando il titolo di un famoso racconto di Bulgakov, Laurie Anderson sceglie di porre al centro della sua pellicola un'inaspettata protagonista, la sua cagnolina Lolabelle. E' lei il cane dal grande cuore evocato nel titolo. La vita familiare con il rat terrier viene narrata a partire dal momento Lolabelle, ormai anziana, diviene cieca. Per allietare gli ultimi anni della sua vita, la Anderson decide di incentivare le sue velleità artistiche insegnandole a dipingere, a creare sculture con le zampe e suonare il piano, incidendo perfino un disco di musiche di Natale. Al di là dei sorrisi che strappa la visione di Lolabelle dietro il pianoforte, la sua parabola esistenziale e la scelta di non sopprimerla, come consiglierebbero tutti i veterinari, ma di permetterle di spegnersi il più serenamente possibile nella propria casa, rappresenta il fulcro del pensiero di Laurie Anderson sulla morte. L'artista, forte dell'approdo a una serenità interiore che traspare da ogni singolo fotogramma della sua opera, rifiuta l'idea occidentale di un decesso inconsapevole e secretato, come se la morte e il dolore fossero qualcosa di cui vergognarsi. La Anderson accetta con serenità la parabola naturale della vita degli individui, animali e umani, che alla fine comprende il decesso. Così nel racconto della morte di Lolabelle si sublimano i lutti della perdita della madre e, soprattutto, del marito Lou Reed.
La polvere che ricopre l'animo
Nel tessuto narrativo del film, Laurie Anderson trova spazio per incastonare alcuni filmini di famiglia che mostrano la regista da piccola insieme ai fratelli, intenti a giocare vicino al lago o in piscina. La suadente voce narrante della Anderson rievoca vecchi episodi, legati a incidenti occorsi durante l'infanzia, il più grave di quali, a seguito di un tuffo finito male, ha rischiato di lasciare l'artista inchiodata a una sedia a rotelle. Il binario della dimensione privata corre veloce, approdando a un altro momento doloroso, il ricordo del letto di morte di sua madre attorno al quale l'artista si è riunita ai sei fratelli, per una profonda riflessione sulla dignità della morte. Ma a fianco della dimensione personale e privata, c'è spazio anche per uno sguardo più ampio sul mondo. Laurie Anderson si è sempre distinta per l'impegno politico e anche in quest'opera non perde occasione di inserire sprazzi di realtà riflettendo sull'uso delle informazioni personali e sul controllo del cittadino da parte dello stato dopo l'11 settembre 2001. Il suo è lo sguardo di un'osservatrice privilegiata che, dal suo appartamento di Manhattan, mentre ripulisce la polvere delle macerie che ha invaso New York osserva la voragine dell'insicurezza e del terrore del popolo americano spalancarsi sotto i suoi piedi. Fenomeno che ha portato alle conseguenze che ben conosciamo.
L'amore muove tutto
Anche se compare per pochissimi secondi, Heart of a Dog è permeato dalla presenza di Lou Reed. Il rocker appare nei panni di un medico, attore improvvisato dei sogni di Laurie Anderson, e suo è il brano posto a chiusura del film, la splendida Turning Time Around. Perché Heart of a Dog parla di morte per parlare l'amore, l'amore della Anderson per il proprio cane, per la famiglia, per il marito. L'amore per la vita. Ecco che questa pellicola piccola, delicata, ma così ricca di suggestioni trova il proprio sbocco in una consapevolezza superiore, quella per cui qualunque cosa accada, è l'amore a muoverci, a farci rialzare la testa, a spingerci a intraprendere un percorso di conoscenza interiore per aprirsi al mondo e a ciò che ci può offrire. "Lo scopo della morte è la liberazione della vita" e noi non troviamo modo migliore che celebrare la vita di Laurie Anderson con la visione del piccolo capolavoro in cui lei ci dona un po' di sé.
Movieplayer.it
4.0/5