Con la recensione della terza stagione di He-Man and the Masters of the Universe continuiamo a esplorare il doppio percorso immaginato da Netflix in collaborazione con Mattel: lo sfruttamento di un marchio di successo su due binari, il primo votato alla nostalgia (il sequel della serie del 1983, a cura di Kevin Smith e con nuovi episodi in arrivo) e il secondo, questo, che punta sull'introduzione del franchise dei Masters a una nuova generazione di spettatori. Una duplice strategia che evidentemente sta dando i suoi frutti (anche se, trattandosi di Netflix, sarebbe lecito interrogarsi sui retroscena produttivi dei due show, dato che la piattaforma ha l'abitudine di suddividere stagioni più lunghe in blocchi per attirare pubblico e al contempo aggirare questioni contrattuali sui compensi), per quanto rimanga il dubbio su come l'hanno impostata, anche a livello di comunicazione. N.B. La recensione, senza spoiler, si basa sulla visione in anteprima della stagione completa di otto episodi.
Nuove vecchie minacce
He-Man and the Masters of the Universe torna con un nuovo ritorno in scena per Skeletor, ridotto a una presenza spettrale alla fine della stagione precedente. Mentre lui cerca di capire come tornare a essere una minaccia fisica e impossessarsi del castello di Grayskull, He-Man e i suoi alleati si ritrovano a indagare sul passato del castello stesso, che potrebbe custodire i segreti necessari per sconfiggere un nuovo, temibile avversario che, se imbattuto, potrà mettere a soqquadro per sempre l'intero mondo di Eternia. Ma il passato è davvero la chiave per migliorare il presente e garantire un futuro positivo? O sarà l'ennesimo tassello di un puzzle votato all'oscurità e a destini infausti per i difensori del regno?
He-Man and the Masters of the Universe 2, recensione: Netflix e gli eterni ritorni di Eternia
Avventure digitali
La serie continua ad approfondire aspetti della mitologia di Eternia, e non senza criterio, al fine di dare anche al pubblico più giovane un assaggio del worldbuilding che Kevin Smith sta facendo nel reparto "adulto" con Masters of the Universe: Revelation, approfondendo ciò che nel 1983 era appena accennato perché lo scopo primario della serie era di vendere giocattoli e non avere una trama orizzontale. Un'operazione di tutto rispetto, che cerca di coprire a 360 gradi la portata del franchise della Mattel, con alcune contaminazioni tra i due mondi (Smith e Kevin Conroy, tanto per citare due nomi, sono nel cast vocale in questo blocco di episodi) che ormai rendono quasi nullo ogni distinguo tra le due versioni, parte di un unico calderone netflixiano che vuole sfruttare un brand di successo.
Masters of the Universe: Revelation, una miniserie che "tradisce" lo spirito del franchise?
Ma laddove il lavoro di Smith è arricchito dall'animazione tradizionale, l'altra serie, per quanto pregevole in termini di action e lavoro del cast, rimane penalizzata da un apparato estetico digitale che, complice la struttura dei singoli episodi, riduce spesso il tutto a un simil-videogioco, ma senza la partecipazione attiva di chi sta guardando. Un elemento che continua a rendere parzialmente frustrante la visione, anche mentre la scrittura migliora di episodio in episodio, forse in vista di una svolta narrativa che arriverà nella prossima stagione (il doppio finale è intitolato La fine dell'inizio). He-Man e i suoi amici continueranno ad avere il potere di Grayskull, ma rimane da chiedersi per quanto ancora.
Conclusioni
Arrivando alla fine della recensione di He-Man and the Masters of the Universe 3, rimaniamo un po' scettici sulla decisione di raccontare le gesta del principe Adam e dei suoi alleati tramite una non eccelsa estetica in CGI.
Perché ci piace
- La scrittura continua a migliorare.
- Il lavoro del cast vocale in inglese è ottimo.
Cosa non va
- La componente visiva rimane molto altalenante.