In Guerre stellari è lo spericolato conducente del Millennium Falcon, in Air Force One è un Presidente che prende in mano i comandi dell'aereo presidenziale per mettere in salvo la propria famiglia, in Sei giorni sette notti è uno spensierato pilota che sbarca il lunario trasportando passeggeri e merci in un arcipelago tropicale. Pilota Harrison Ford lo è non solo al cinema, ma anche nella vita. Il 5 marzo 2015 l'attore ha rischiato la pelle atterrando fortunosamente su un campo da golf di Venice mentre era alla guida di un velivolo d'epoca, risalente alla Seconda Guerra Mondiale. Il 13 febbraio di quest'anno ha mancato per un pelo il bis quando ha sbagliato pista di atterraggio, rischiando di far andare il suo Hustky in collisione con un 737 con 116 persone a bordo che attendeva il permesso per decollare. "Sono l'idiota che è atterrato sulla via di rullaggio" pare abbia comunicato alla torre di controllo. Harrison Ford è così: tosto all'inverosimile, ruvido come il suo sense of humor. La passione per il volo dura da vent'anni. L'attore, collezionista di aerei antichi, ha ha all'attivo oltre 5000 ore di volo, ma questo non gli ha impedito di rischiare più volte incidenti gravi. Per compensare, si è messo ripetutamente al servizio della comunità del Wyoming, dove possiede un ranch, e interviene col suo elicottero su alcune emergenze.
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Oggi Ford, vera e propria icona vivente, compie 75 anni. L'uomo che si è fatto da sé e che ha conosciuto Hollywood come falegname autodidatta prima che come aspirante attore sta per raggiungere un traguardo importantissimo che festeggerà insieme alla moglie Calista Flockhart, la Ally McBeal del piccolo schermo che per lui ha interrotto la relazione con Robert Downey Jr.. Cinque figli, tre matrimoni, due divorzi alle spalle di cui uno, costosissimo, con Melissa Mathison, co-sceneggiatrice di E.T. L'Extraterrestre scomparsa due anni fa. Si sa, le star di Hollywood attirano i paparazzi come le calamite il ferro, ma in realtà Ford, al di là della fama stellare che circonda i suoi personaggi, ha sempre difeso strenuamente il suo privato e mantiene sempre un basso profilo lavorando molto e alternando capolavori a pellicole dimenticabili. E' anche così che si costruisce una carriera mitica.
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L'uomo giusto al momento giusto
Han Solo, Rick Deckard, Indiana Jones. Basterebbe uno solo di questi ruoli ruoli a trasformare ogni attore in un'icona. Harrison Ford è passato indenne attraverso tutti questi personaggi ripartendo da zero ogni volta e ricreandosi un'identità "vergine" senza per questo cancellare il passato. Sarà merito del suo aspetto poco appariscente, del sorrisetto sbruffone o della maturità recitativa raggiunta tardivamente, fatto sta che pur non essendo virtuoso come Al Pacino o camaleontico come Daniel Day-Lewis, Ford ha toccato le corde giuste per risultare credibile come gaglioffo spaziale, archeologo avventuroso, agente segreto, padre di famiglia smemorato e Presidente degli Stati Uniti senza alterare granché il proprio aspetto o la propria natura. Per altro molti dei ruoli che lo hanno reso celebre in ogni angolo del globo terracqueo non erano destinati a lui. Ford ha ottenuto l'ingaggio per Han Solo mentre faceva da spalla ad altri attori ai provini, è stato scelto per interpretare Indiana Jones perché Tom Selleck non era disponibile ed gli è stato affidato il ruolo di Jack Ryan perché Alec Baldwin, titolare del personaggio che aveva già interpretato in Caccia a Ottobre Rosso aveva chiesto un compenso troppo alto (naturalmente Baldwin nega questa versione). L'uomo giusto al momento giusto?
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C'era una volta un falegname
La giovinezza di Harrison Ford non è segnata da successi scolastici né sportivi. Voti mediocri, un'espulsione dal college a poche settimane dal diploma. Per fortuna per combattere la timidezza si era iscritto a un corso di arte drammatica che gli ha trasmesso la passione per la recitazione. L'approdo a Hollywood coincide con una serie di ruoli minori, spesso poco più che una semplice comparsa, che lasciano l'attore insoddisfatto così, per sostenere la moglie e i due figli, Ford si improvvisa falegname autodidatta diventando per un periodo perfino macchinista dei Doors. La falegnameria gli permette di rifiutare i ruoli che non lo convincono ed è fondamentale nell'incontro con Francis Ford Coppola. Quale che sia la leggenda, però, il vero mentore di Harrison Ford non sono martello e chiodi bensì il produttore Fred Roos.
Grazie a Roos, Harrison Ford ottiene un piccolo ruolo in Zabriskie Point e partecipa al provino per il ruolo del villain Bob Falfa in American Graffiti. A quanto pare l'attore in un primo tempo avrebbe rifiutato il lavoro perché la paga settimanale era di 485 dollari, molto meno di quanto avrebbe guadagnato come falegname. Per intercessione di Roos, George Lucas arrivò a sborsare 500 dollari convincendo Ford ad accettare. Dopo il successo de Il padrino (di cui Roos è produttore), Francis Ford Coppola ingaggia Harrison Ford per ingrandire il suo studio così, tra una martellata e l'altra, l'attore riesce a strappare due partecipazioni in La conversazione e Apocalypse Now. Nel frattempo arriva il 1976. George Lucas è immerso nella preparazione di Guerre stellari e non ha intenzione di richiamare nessun membro del cast di American Graffiti nella nuova avventura. Il regista ingaggia Harrison Ford per far da spalla agli attori che sostengono i provini per i vari personaggi, ma Ford è ignaro del fatto che Lucas stia maturando l'idea di affidargli il ruolo di Han Solo. Da principio, infatti, George non ha nessuna intenzione di prenderlo in considerazione, ma alla fine dovrà arrendersi di fronte all'evidenza degli screen test, i quali indicano che nessuno è più adatto di lui per il ruolo dell'avventuriero galattico. Il resto è storia.
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Umano, molto umano: da Han Solo a Indiana Jones
Poco importa che Harrison Ford, nel corso della carriera, abbia lavorato con registi del calibro di Roman Polanski, Peter Weir (che gli ha permesso di ottenere la sua unica candidatura all'Oscar con Witness - Il testimone), Sydney Pollack o Mike Nichols. Nella memoria collettiva sono impressi il suo sorrisetto obliquo, i battibecchi con la Principessa Leia, i tentativi di fare lezioni di fronte a un nugolo di studentesse sospiranti che gli lanciano messaggi seduttivi sbattendo le palpebre o la sua silhouette che si muove sotto la pioggia nella metropoli buia. Il fascino di Harrison Ford sta nel dono innato di saper incarnare sullo schermo il lato umano, a volte perfino dimesso, dell'eroe, favorendo l'identificazione dello spettatore. Chi altri sarebbe in grado di passare da abito scuro e occhiali a giubbotto di pelle, sahariana, fedora e frusta in mano con altrettanta nonchalance? Gli eroi incarnati da Ford non possiedono super poteri né doti speciali, sanno far tesoro della spavalderia e di una buona dose di incoscienza, ma soprattutto non temono di svelare le proprie fragilità e si mettono in gioco pur sapendo che l'errore è in agguato.
I personaggi di Harrison Ford possiedono la sua stessa dote: far di necessità virtù. L'attore imprime il suo marchio indelebile in tutto ciò che tocca. Sua è l'idea di cambiare battuta in risposta al "Ti Amo" della Principessa Leia, facendo pronunciare a Han Solo un laconico "Lo so". Ma si pensi anche a una delle sequenze più celebri de I predatori dell'arca perduta, quella in cui Indiana Jones ingaggia un duello con un arabo armato di scimitarra ma a un certo punto, stanco delle evoluzioni, lo fredda con la sua pistola. Nella versione originale la scena era molto più lunga e le riprese avrebbero dovuto durare tre giorni, ma Ford era afflitto da dissenteria e faticava a stare più di dieci minuti fuori dal suo camerino. Oltretutto era l'ultima scena da girare in Tunisia, dopodiché la troupe avrebbe fatto ritorno in Inghilterra. L'attore riuscì a convincere Steven Spielberg a permettergli di freddare lo spadaccino con la pistola per tagliar corto ed è così che nacque una delle sequenze più divertenti ed esplicative dell'indole di Indy.
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"Cosa mi ha spinto a fare l'attore? Il fallimento in tutti gli altri campi"
La pazienza non sembra essere una delle doti di Harrison Ford, ma anche la diplomazia manca all'appello. Se periodicamente è tornato a indossare i panni di Indiana Jones ed è possibilista nei confronti di un quinto capitolo della saga, l'attore ha sempre avuto un rapporto contraddittorio con l'altro suo alter ego, Han Solo. Mentre stava girando Il ritorno dello Jedi, ha chiesto a George Lucas di uccidere il personaggio, avendo sviluppato una disaffezione nei suoi confronti.
Nel 2010 arriverà a dichiarare: "Volevo che Han Solo morisse alla fine del film. Pensavo che gli avrebbe dato peso e importanza. Ma George non era d'accordo. Non voleva vedermi ucciso da quegli orsacchiotti pelosi", aggiungendo di non aver mai trovato Han Solo interessante. Naturalmente Lucas non gli darà ascolto e per trovare soddisfazione Harrison dovrà attendere Star Wars: Il risveglio della forza in cui finalmente Han Solo arriva al capolinea della sua storia.
Ma sarà poi vero? Inevitabili i suoi commenti acidi di fronte alla notizia dell'arrivo di uno spinoff sul giovane Han Solo che lo spingeranno a bocciare il progetto a priori per poi ammorbidirsi (ma di questo non siamo poi così certi) mostrandosi in pubblico con il suo erede Alden Ehrenreich.
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Oggi, giunto alla soglia dei 75 anni, abbiamo visto Harrison Ford recitare in film d'autore, pellicole per adolescenti, commedie romantiche e action fracassoni, con un occhio alla qualità e l'altro al portafogli. Il suo ritorno in Star Wars: Gli ultimi Jedi (ancora non sappiamo in che forma) è stato confermato e Ridley Scott lo ha convinto ad accantonare la sua avversione all'idea di un sequel e a indossare di nuovo i panni di Rick Dekkard in Blade Runner 2049, dove interverrà in aiuto di un giovane e tormentato cacciatore di replicanti interpretato da Ryan Gosling. La sua fama di divo scontroso lo preserva dalle domande scomode (la sua risposta al quesito che tormenta i fan di Star Wars, se ha sparato prima Han Solo o Greedo? "Non lo so e non mi interessa"), ma non diminuisce l'affezione del pubblico nei suoi confronti. Burbero e irresistibile, proprio come una volta. E come potremmo non amarlo quando, di fronte alla domanda su cosa lo spinge a continuare a recitare alla sua età, non esita a rispondere "Sempre meglio che lavorare"?