Le coincidenze non esistono, in TV come nella vita. Ci sono, però, quegli incastri perfetti che vedono la luce al momento giusto e nel posto giusto, come nel caso di Happy Days. Ha tenuto compagnia al pubblico di 126 Paesi nel mondo per 11 stagioni, a partire dal 15 gennaio del 1974. Dopo 40 anni da quella prima messa in onda, la TV celebra una sitcom storica che invece era nata sotto una stella totalmente diversa.
Richie (Ron Howard), il ragazzo della provincia americana, educato secondo i valori solidi del Midwest, è il fiore all'occhiello della famiglia Cunningham. Diventa ben presto il figlio della società a stelle e strisce, simbolo delle istituzioni solide di un tempo e portatore di messaggi positivi. I protagonisti, dal capofamiglia Howard (Tom Bosley), titolare di una ferramenta, ha le spalle solide del lavoratore onesto e la moglie Marion (Marion Ross) rappresenta la casalinga modello, capace di accogliere sotto la sua ala protettrice persino Fonzie, che potrebbe essere considerato dopo tutto una "cattiva compagnia". Giacca di pelle, sciupafemmine e spavaldo, ha il suo ufficio nel bagno del locale Arnold e fa partire il juke box con un semplice pugno. Il suo "Ayyy" è diventato leggenda tra i ragazzi dell'epoca, probabilmente circondati nella realtà da compagni come Ralph (Don Most) e Potsie (Anson Williams), gli imbranati dal cuore d'oro.
In principio...
Fuori classifica
Il successo dilagante della serie ha generato veri e propri fenomeni di costume, al punto che lo Smithsonian Museum of American History di Washington ha esposto nel 1980 una delle giacche di pelle di Fonzie. Il personaggio, Arthur Fonzarelli (Henry Winkler), nato come "bad guy" di contorno, ha conquistato a tal punto il favore del pubblico (e non solo per le 55.000 lettere a settimana ricevute dall'attore) da far pensare persino ad un cambio di titolo: Fonzie's Happy Days è stata una soluzione alternativa a lungo ventilata.
Esistono, però, solo poche classifiche che hanno reso omaggio a questo cult. Entertainment Weekly, ad esempio, ha messo all'ottavo posto il series finale nella top ten Big Finishes: The Best Closers and Cliff-Hangers of All Time. TV Guide, al contrario, non inserisce i Cunningham nella rosa delle dieci famiglie cult del piccolo schermo (The 60 Greatest TV Families of All Time) mentre Rolling Stone gli dedica un terzo posto tra i 17 Shows That Lasted Too Long.
Jump the shark
Riferimenti pop
Basti pensare che I Simpson, show cult targato FOX, hanno dedicato moltissimi riferimenti a Happy Days nel corso delle puntate, come quando, alla rimpatriata del liceo, Homer si identifica con Fonzie o ancora quando Bart ignora chi sia il personaggio. In quel caso il padre, indignato, si scaglia contro il sistema dell'istruzione americana: "Non ti insegnano niente a scuola?".
In effetti Springfield rappresenta proprio quell'insieme di pregi e difetti tipici dei piccoli centri, specchio della società brillantemente messo in scena proprio da Happy Days attraverso Milwaukee. La città del Wisconsin, luogo di nascita del produttore Tom Miller, voleva appunto offrire un quadretto esaustivo degli Anni Cinquanta per riportare il pubblico verso l'innocenza e la trasparenza di quel periodo.
Una grande famiglia
Gli anni felici dei Cunningham sono durati così a lungo grazie anche all'affiatamento del cast, che a decenni di distanza dagli esordi continua a frequentarsi e a partecipare con slancio a reunion di ogni genere. Il capo-famiglia Garry Marshall ha integrato a tal punto vita privata e professionale da portare sul set vari parenti in qualità di comparse o attori, tra cui la mamma, le sorelle (una, Penny, è la celebre Laverne), il figlio, le due figlie e una coppia di nipoti. Lui stesso ha suonato la batteria in scena tutte le volte che il copione lo consentiva.
Moltiplichiamo il successo
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