Sunday, Monday, happy days Tuesday, Wednesday, happy days Thursday, Friday, happy days The weekend comes My cycle hums Ready to race to you
Sappiamo che l'avete letta cantando, ed è inevitabile anche se non siete cresciuti negli anni '70-'80 quando è andata in onda, perché magari l'avete vista attraverso alcune repliche. Stiamo parlando di Happy Days e questo succede perché è una sitcom che non solo ha segnato - e raccontato - parte della storia americana, davanti e dietro la tv, ma anche del mondo intero diventando un vero e proprio fenomeno di costume che ha attraversato gli oceani e i continenti, arrivando fino ai nostri lidi. In onda per 11 stagioni e 255 episodi sulla ABC, quindi il family network per eccellenza, la serie creata da Garry Marshall (proprio il regista di Pretty Woman e Se scappi, ti sposo) metteva al centro la vicende quotidiane di una famiglia, i Cunningham, a Milwaukee nel Wisconsin durante il ventennio precedente, quindi gli anni '50-'60, idealizzandolo e stereotipandolo.
Un periodo storico che si svolgeva tra la fine della Guerra di Corea e la vigilia della Guerra del Vietnam ma che qui veniva mostrato come la realizzazione del Sogno Americano per antonomasia dei giovani dell'epoca attraverso il modello dell'American Way of Life solamente nei suoi aspetti positivi. Una visione quindi idilliaca (e parziale) di ciò che effettivamente sono stati quegli anni, ma che allo stesso tempo permetteva a tutti gli spettatori in giro per il mondo di sognare ogni settimana. Cosa ha lasciato quindi una delle sitcom per eccellenza ai posteri? Scopriamolo in questo nostro speciale.
Come è nato tutto
La trama di Happy Days, anzi la sua origin story è da ricercare in (New) Love, American Style, una serie della ABC a episodi antologici in cui finivano gran parte degli episodi pilota rimasti appesi - ovvero quelli che si presentavano ai network generalisti per la nuova stagione tv ma venivano scartati oppure messi in pausa prima che venisse prodotta una stagione completa. Oltre al fatto che potrebbe rivelarsi un'operazione utile oggi con tutti i problemi produttivi in corso, la nascita della sitcom si deve all'episodio 3x22 intitolato Love and the Happy Days e andato in onda nel 1972, dove Ron Howard, Marion Ross e Anson Williams erano già nel cast nei ruoli di Richie e Marion Cunningham, e Potsie, mentre le parti di Howard, Joanie e Chuck Cunningham erano andate a Harold Gould, Susan Neher e Ric Carrott. Fun fact: le prime due stagioni negli Stati Uniti furono girate con le risate registrate, mentre dalla terza in poi andarono grazie al successo in teatro con il pubblico dal vivo, come nella tradizione del genere della situation comedy. In Italia, inspiegabilmente, lo show fu doppiato senza risate in sottofondo.
La famiglia e gli amici
Non è solo la classica family comedy con la formazione dei figli adolescenti, tra primi amori e prime volte, e le vicissitudini quotidiane degli adulti, con la famiglia del protagonista, Richard 'Richie' Cunningham (un giovanissimo Ron Howard) dal cui punto di vista viene raccontata la storia. Ma anche il concetto che anche gli amici possono essere la tua seconda famiglia. E questi sono Ralph Malph (Don Most) e Warren 'Potsie' Webber, che insieme ad Arthur Fonzarelli, detto 'Fonzie', sono i consiglieri e compagni di (dis)avventure di Richie, il classico bravo ragazzo della porta accanto. I Cunningham erano composti da: Howard (Tom Bosley), col proprio negozio di ferramenta, e Marion, casalinga, oltre a Richie, al fratello maggiore Chuck e la piccola di casa, Joanie (Erin Moran).
Proprio per questo, Richie guarda al meccanico playboy Fonzie, così ben caratterizzato da Henry Winkler che strizzava l'occhio a James Dean, giacca di pelle compresa, come ad un secondo e alternativo fratello maggiore. Ruolo che verrà poi preso dal nipote di Marion, Roger (Ted McGinley), dopo che il figlio di mezzo sarà andato al college, e dal cugino di Fonzie, Chachi (Scott Baio), innamorato di Joanie. Immancabile il locale frequentato abitualmente dai protagonisti essendo una sitcom, Arnold's, gestito da Arnold e Alfred. Proprio Fonzie è diventato egli stesso parte della cultura pop, tanto che grazie a quel ruolo che inizialmente doveva essere marginale e invece divenne sempre più centrale col passare delle stagioni, Winkler sta vivendo una seconda vita televisiva sempre in ambito comedy, ma più dark e dirty, come Barry di HBO. Mentre Ron Howard, come sappiamo, ha preferito una carriera dietro la macchina da presa, e quindi è Happy Days che dobbiamo ringraziare per i film del regista.
Happy Days: la foto della reunion del cast entusiasma i fan!
Gli spin-off
Ma Happy Days, oltre all'augurio di Howard al matrimonio di Joanie e Chachi nel finale, i "giorni felici" a venire, ci lascia anche svariati spin-off, quasi un record per una sola serie che non sia un franchise. Laverne & Shirley vedeva protagoniste Laverne De Fazio e Shirley Feeney, coinquiline impiegate alla fabbrica di birra, già comparse in una manciata di puntate della serie madre come ragazze di Richie e di Fonzie. Otto stagioni che superarono in ascolti la serie originale e generarono a loro volta uno spin-off. Altri progetti furono meno fortunati, come Le ragazze di Blansky (Blansky's Beauty) con al centro Nancy Blansky, cugina di Howard da Las Vegas, apparsa in un episodio di Happy Days che fungesse da backdoor pilot (una sorta di episodio di presentazione di uno show che verrà) ma ambientata paradossalmente vent'anni dopo (negli anni '70, quelli in cui andavano in onda le serie nella realtà); Attenti ai ragazzi (Who's Watching the Kids), anch'esso durato una sola mezza stagione e che vide tornare Lori Beth e Chachi nella serie madre.
Lo stesso destino di Jenny e Chachi (Joanie Loves Chachi) che doveva raccontare i due mentre cercavano di sfondare come musicisti a Chicago ma che durò 17 episodi per poi vederli tornare all'ovile. Ci furono infine due crossover/spin-off: Mork & Mindy ovvero la sitcom con il compianto Robin Williams nei panni dell'alieno che comparve in Happy Days, e Pam Dawber, di grande successo e durata quattro stagioni. Out of the Blue con protagonista Random, un angelo custode in prova (Jimmy Brogan) apparso durante il secondo episodio nella serie originale, durata solamente una stagione. Da Happy Days sono nati anche: una serie animata di Hanna-Barbera all'inizio degli anni '80 che la gang che viaggiava nel futuro per poi provare a tornare nella Milwaukee del 1957. Nel 2007 un musical sempre ad opera di Garry Marshall insieme a Paul Williams e John McDaniel per libretto e musiche, arrivato anche in Italia diretto da Saverio Marconi per la Compagnia della Rancia.
Il salto dello squalo
L'espressione salto dello squalo utilizzata da molti giornalisti e critici per descrivere il momento in cui una serie tv attraversa un evento, o un episodio, che è una sorta di turning point dal quale non riuscirà più a tornare indietro, perdendo la propria originalità, freschezza, credibilità e affezione agli occhi del pubblico, nasce proprio in Happy Days. Venne coniata dal critico Jon Hein e si riferiva alla premiere della quinta stagione, intitolata Fonzie, un nuovo James Dean? in onda nel 1977 e con i protagonisti in trasferta a Los Angeles, dove Fonzie fa sci nautico e scommette di riuscire a saltare sopra il pesce.
La sindrome di Fonzie e di Chuck
Ci sono infine ben due sindromi, o cosiddette tali, nate da Happy Days. La sindrome di Fonzie è un fenomeno mediatico che prende il nome ovviamente dall'iconico personaggio di Henry Winkler e che riguarda i personaggi secondari delle serie che, vuoi per il gradimento del pubblico e/o dei piani alti della rete, riesce ad acquisire un ruolo sempre più centrale tanto che la serie stessa si ricorda spesso proprio per quel personaggio paradossalmente. Un aspetto evidente col passare delle stagioni, quando Ron Howard iniziò la propria carriera da regista e il suo Richie divenne sempre più marginale nello show, partendo per il college e tornando solamente nel gran finale. Personaggi con cui si cerca di costruire spin-off spesso - ma stranamente non nel caso di Fonzie, troppo prezioso per la serie originale. È anche, in parte, la sindrome che colpisce che i personaggi così iconici che rimangono quindi attaccati come la colla al loro interprete, che fatica poi a variare la propria carriera e allontanarsi da quel tipo di ruolo. Tanto che la città di Milwaukee gli ha dedicato una statua in bronzo nel 2008.
La sindrome di Chuck Cunningham invece riguarda il fratello maggiore di Richie e Joanie e primogenito dei Cunningham, Charles, interpretato nelle prime due stagioni da due diversi attori - Gavan O'Herlihy e Randolph Roberts. Per poi sparire misteriosamente a partire dal terzo ciclo di episodi senza che venga data nessuna spiegazione a riguardo e soprattutto senza che gli altri protagonisti lo nominino mai più, come se non fosse mai esistito. Un escamotage utilizzato anche da altri serial nel corso degli anni. A voi invece cosa ha lasciato Happy Days?