Ultimo film presentato nella sezione Premiere alla Festa del cinema di Roma, Oltre il fuoco racconta del dolore di una donna in lutto dopo la perdita del marito, che apre la sua casa ed il suo cuore al migliore amico dell'uomo che ha perso. Ad interpretare questo intenso dramma, diretto dalla danese Susanne Bier al suo primo lavoro in terra americana, sono Halle Berry e Benicio Del Toro, che interpreta il difficile ruolo di un avvocato tossicodipendente che proverà a tirar fuori la donna dalla sua disperazione. All'Auditorium di Roma per la presentazione del film sono presenti Susanne Bier e la protagonista Halle Berry che sfoggia un delizioso pancione di mamma al quarto mese di gravidanza.
Susanne Bier, quando un regista europeo viene chiamato in America a fare un film c'è sempre il timore che possa cedere a troppi compromessi. Com'è riuscita lei a conciliare il suo stile con le regole dell'industria americana?
Susanne Bier: Sono fortunata perché ho fatto una serie di film che mi hanno dato sicurezza. Sam Mendes, il produttore, mi ha protetta fin dall'inizio e mi ha aiutata a spiegare alla Dreamworks che tipo di film fosse il mio. Alla fine tutti hanno sostenuto questo input creativo e non mi sono mai sentita spinta a fare cose che non volevo fare.
Era importante la città dove ambientare il suo film in America per mantenere l'atmosfera nordica del suo cinema?
Susanne Bier: Il film è ambientato a Seattle, una città sul Pacifico del Nord. Era importante che la storia avesse luogo in quell'area perché è molto diversa dal resto d'America. Chi vive lì tende ad essere più attento nei confronti dell'ambiente e poi c'è una società più tollerante nei confronti della droga.
Lei guarda con grande tenerezza al personaggio del tossicodipendente, interpretato da Benicio Del Toro, per il quale la droga rappresenta una fuga da certe convenzioni. Perché questa scelta?
Susanne Bier: Quando faccio un film voglio provare tenerezza per tutti i personaggi altrimenti non vale la pena descriverli. Non volevamo assolutamente che la droga risultasse attraente e Del Toro mostra nel film tutto il dolore che si prova quando si è suoi schiavi. Però bisogna provare una certa compassione per una persona così. Il personaggio di Halle prima lo disprezza, ma alla fine anche per lui c'è amore e comprensione.
Come mai la scelta di soffermarsi sui dettagli, come gli occhi dei protagonisti o le gocce di pioggia, in contrasto con il realismo di altre scene?
Susanne Bier: Per me l'onestà e le realtà emotive non consistono nel documentare ciò che succede. Onestà vuol dire avere un'impostazione personale, riferire anche i piccoli particolari, come gli odori. La pioggia, per esempio, nel film riflette i sentimenti dei protagonisti che non sono facili da descrivere.
Lei ha dichiarato che non le piacciono i film che lanciano dei messaggi, ma nel suo film un messaggio c'è e torna anche in altre sue opere: accettare ciò che c'è di buono al mondo.
Susanne Bier: Preferisco che il film abbia un contenuto, però non mi piace trattare un pubblico dall'alto al basso, perché vorrei essere generosa quando faccio cinema. Il messaggio di accettare il buono che c'è attorno a noi è forse un po' banale, ma io credo che sia fondamentale sottolineare il fatto che comunque si mettano le cose bisogna conservare la speranza.
Ad Hollywood si sta preparando il remake di un suo film del 2004, Non desiderare la donna d'altri. Qual è il suo pensiero al riguardo?
Susanne Bier: Ho deciso di pensare a questo rifacimento come ad un complimento. Un film danese ha una circolazione all'estero molto limitata per via della lingua, ma il fatto che qualcuno abbia mostrato interesse per il mio lavoro dimostra che quella era una buona storia. Certo, è un po' strano vedere il remake di un tuo film: è come se tuo figlio venisse adottato da altri genitori e quindi speri soltanto che sia trattato bene.
Negli ultimi tempi c'è una certa tendenza a fare film con protagoniste donne molto forti. Perché secondo voi?
Susanne Bier: E' vero, oggi ci sono più film che affrontano questioni che riguardano le donne, ma spesso sono girate e scritte da uomini, o comunque hanno in un attore maschio il protagonista principale.
Halle Berry: Penso sia molto difficile la vita delle donne ad Hollywood perché spesso non ci sono ruoli di grande qualità, anche perché gli sceneggiatori sono per la maggior parte uomini. Il fatto che molte attrici volevano interpretare come me questo ruolo dimostra che c'è carenza di film che parlano veramente di donne e che hanno la capacità di penetrare le emozioni del personaggio.
Halle Berry, il film ci mostra come il dolore cambi le persone. Ha mai provato un simile dolore nella sua vita?
Halle Berry: I rapporti con il lutto e col dolore per me sono un territorio nuovo, perché non ho mai perso nessuno. Il mio lavoro mi dà l'opportunità di esplorare tutti gli stati della sofferenza umana ed io cerco sempre di immedesimarmi in ciò che sentono i miei personaggi.
Dopo un ruolo del genere, tornando alla sua vita privata, quanto rimane in lei del personaggio?
Halle Berry: Una volta abbandonato il set preferisco togliermi di dosso il personaggio che interpreto in un film, soprattutto quando sono così dolorosi, perché una volta tornata a casa vuoi solo rilassarti. Sono però molto sensibile al problema della tossicodipendenza perché ho già interpretato un paio di volte in passato il ruolo di una drogata e poi mio padre era alcolizzato e quindi conosco bene queste cose.
Come cambia la vita un premio Oscar?
Halle Berry: La mia vita dopo l'Oscar non è cambiata, a parte il fatto che ho raggiunto il massimo che un attore può sperare, qualcosa che non si ripeterà mai più. C'è chi pensa che se hai vinto l'Oscar il Dio del cinema ti porta a casa le migliori sceneggiature, ma purtroppo questo non succede e bisogna combattere duramente per ottenere buoni ruoli.
C'è un regista italiano con il quale le piacerebbe lavorare?
Halle Berry: Mi piacerebbe molto lavorare in Italia, magari con Gabriele Muccino che è un regista che apprezzo tantissimo, e che mi è capitato di incontrare una volta in passato.