Con questa recensione di Guns Akimbo, action distopico presentato nella sezione After Hours del Torino Film Festival, torniamo nell'universo folle e parossistico di Jason Lei Howden, cineasta neozelandese che si è fatto le ossa nel campo degli effetti speciali (ha lavorato a film come The Avengers e la trilogia de Lo Hobbit) per poi esordire nel lungometraggio con l'apprezzato Deathgasm, commedia horror metallara che ha fatto il giro dei festival di genere nel 2015.
Per la sua opera seconda cambia leggermente il genere, ma rimane intatta quell'immaginazione stralunata e irrefrenabile, questa volta applicata su scala leggermente più grande in termini di budget ed eventuale appeal commerciale, grazie alla presenza di due protagonisti con il cachet necessario per attirare una duplice folla, quella più generalista e quella che frequenta festival e manifestazioni, dove il film miete successi dai tempi del suo esordio al Festival di Toronto.
Un giorno, per caso, su internet
La trama di Guns Akimbo ruota attorno a Miles Lee Harris (Daniel Radcliffe), un giovane che passa le proprie giornate a fare il programmatore di un videogioco che odia, curiosare sul profilo Instagram della sua ex e - questa la vera gioia della sua vita oggi, soprattutto quando stacca dal lavoro - prendere di mira i troll in rete. Quest'ultima attività lo mette in contatto con gli artefici di Skizm, un'organizzazione clandestina che fa combattere fino alla morte diversi criminali, mostrando le uccisioni a centinaia di migliaia di internauti tramite live stream. Uno snuff movie in diretta e in mondovisione, e il prossimo protagonista sarà proprio Miles, che dopo essere stato malmenato si risveglia con due pistole, cinquanta colpi ciascuna, letteralmente inchiodate alle mani. La sua missione: uccidere entro 24 ore la temibile Nix (Samara Weaving, recente protagonista della commedia horror Finché morte non ci separi - qui potete leggere la nostra recensione di Finché morte non ci separi ), campionessa indiscussa del "gioco". Non può lasciare la città o rivolgersi alla polizia, pena la morte. E così inizia un inseguimento senza pietà per le strade di un'anonima città americana (le riprese in realtà si sono svolte in Nuova Zelanda e Germania), perché anche lei ha il compito di farlo fuori, e a differenza di Miles, non si è mai fatta scrupoli a uccidere le persone...
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I danni della rete
Strutturalmente ed esteticamente siamo vicini ai territori di Crank, e con ciò viene ribadito anche il concetto esemplificato al meglio da Scott Pilgrim vs. the World (al quale Jason Lei Howden allude ironicamente facendo dire subito a Miles che questa non è una storia d'amore dove la conquista dell'amata è l'achievement finale): per fare un buon videogame movie, inteso come lungometraggio che riprende le convenzioni narrative del medium videoludico, la soluzione migliore è di evitare la trasposizione diretta di un gioco preesistente.
Qui il linguaggio si fa ancora più stratificato, tirando in ballo la componente online e l'esperienza collettiva, anche se in questo caso gli spettatori rimangono dei commentatori passivi, lasciando al folle Riktor - un personaggio che a livello iconografico sembra uscito dal franchise di Mad Max - e ai suoi collaboratori la padronanza artistica di un gioco perverso e sanguinario. Da questo punto di vista, pur optando per un approccio che rende il racconto abbastanza fuori dal tempo, il secondo lungometraggio di Howden, che sprizza energia e sangue da tutti i pori, è anche molto attuale, criticando duramente la sottocultura del trolling e il suo effetto deleterio sulla psiche umana che rende privi di empatia individui in apparenza normali. Certo, anche noi ci divertiamo vedendo le soluzioni creative per ammazzare la gente (soprattutto quando le pistole sono attaccate alle mani del protagonista, rendendo difficile ogni altra manovra), ma i nostri occhi all'interno di questo mondo brutale sono quelli di Miles, un essere umano catapultato in una situazione disumana.
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Dalle bacchette magiche alle pistole
Al centro del film c'è anche una nuova tappa nell'evoluzione sempre più interessante del percorso professionale di Daniel Radcliffe, il quale, dopo aver concluso il franchise di Harry Potter, si diverte regolarmente a prestarsi a progetti un po' strambi, a volte difficilmente classificabili o vendibili, offrendo una credibilità maggiore sul piano del prestigio e del potenziale fuori dal circuito dei festival. È stato così tre anni fa con Swiss Army Man, pellicola di culto dove lui interpretava un cadavere parlante affetto da meteorismo, ed è così anche oggi, con il ruolo di un pistolero riluttante che si ribella contro orde di internauti anonimi, mandandoli sonoramente a quel paese. E al suo fianco, immancabile, l'ascesa sempre più promettente di Samara Weaving, volto di quel nuovo talento australiano e neozelandese (davanti e dietro la macchina da presa) che si diverte a rielaborare stilemi molto americani con un'irriverenza che nel cinema statunitense, salvo rare eccezioni, si fatica a individuare.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Guns Akimbo con un rinnovato entusiasmo per i film che si appropriano nel modo giusto del linguaggio dei videogiochi, rielaborandone formule e stilemi senza però scegliere di adattare un titolo specifico. Il risultato è un esilarante film d'azione dotato di cuore, intelligenza, ironia e sangue, un piccolo pezzo di entertainment che si presta bene a visioni serali tra amici.
Perché ci piace
- La premessa è folle al punto giusto.
- La componente action e adrenalinica mescola serietà e ironia nella giusta misura.
- Daniel Radcliffe e Samara Weaving sono strepitosi, sia insieme che separatamente.
Cosa non va
- Alcune sequenze possono mettere alla prova gli stomaci deboli.