Goodnight Mommy, la recensione: ninna nanna dell'orrore

La recensione Goodnight Mommy, thriller psicologico colmo di ambiguità e suspense disponibile su Prime Video.

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Goodnight Mommy: Naomi Watts in una scena del film

Cosa si nasconde dietro un viso? Un viso è la mappa delle nostre emozioni, il passaggio solcato dalle nostre esperienze passate. Negli occhi si cela il manto del dolore o della silente felicità. Attorno alla bocca si disegna la stanchezza, o la distensione di un sorriso. Un viso è unico, è la manifestazione fisica della nostra straordinaria unicità, rivelandoci e distinguendoci dagli altri. Ecco perché, quando nascosto dietro una maschera, o una benda, qualcosa di sinistro si insinua nell'altro; l'incapacità di leggere quella mappa visiva, di distinguere le forme delle espressioni e la natura delle emozioni, ci lascia disorientati, pedine chiamate a vagare senza bussola fino a mettere in dubbio l'identità del nostro interlocutore.

Come sottolineeremo in questa nostra recensione di Goodnight Mommy, il thriller psicologico diretto da Matt Sobel e remake dell'omonimo film austriaco di Severin Fiala, tenta di inserirsi nei meandri del genere sfruttando la forza dell'ambiguità e della crisi di identità. Moltiplicando alla seconda le angosce e i dubbi di due giovani gemelli alle prese con una madre che non credono essere più la propria, Goodnight Mommy è una ninna nanna perturbante, una maschera che cela un'identità più profonda, nascosta sotto strati di disvelamenti e risvolti atti a confondere costantemente la mente dello spettatore, tra ambienti domestici e fienili ammantati di non detti e segreti.

GOODNIGHT MOMMY: LA TRAMA

Dopo un periodo imprecisato lontano dalla propria mamma, i gemelli Lukas ed Elias possono finalmente riabbracciarla. Ma quando i due tornano a casa, trovano la propria madre con il viso coperto da bende chirurgiche e in preda ad uno strano atteggiamento. Iniziano così a sospettare che la donna sotto la garza potrebbe non essere la loro mamma.

IL SONNO DELLA FAMIGLIA

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Goodnight Mommy: Naomi Watts, Nicholas Crovetti, Cameron Crovetti in una scena del film

C'è uno strato di vernice intrisa di angosce e turbamenti a rivestire le pareti domestiche in cui si muovono e vivono i personaggi di Goodnight Mommy. In ogni stanza si respira un'incapacità di alleviare il dolore e affrontare i propri dubbi, un tentativo di metabolizzare i sensi di colpa e superare i fantasmi del passato. Si insinua pertanto, tra i meandri filmici dell'opera di Sobel, quell'anima interrotta da pensieri perturbanti e intime angosce forgiate dal cuore del nucleo famigliare che sempre più caratterizza e modella i codici del cinema thriller contemporaneo. Sulla scia dei più recenti The Twin - l'altro volto del male (qui la nostra recensione), e The Eternal Daughter, i ricordi e il senso orrorifico si sganciano dal rosso del sangue che scorre, per tramutarsi nel nero dell'incubo domestico. Sono gli spettri che vivono nella mente e tra la pareti di casa a forgiare il fuoco della paura in Goodnight Mommy: è il timore di essere stati privati della propria madre e delle proprie fondamenta materne a insinuarsi nella testa e nell'anima dei piccoli protagonisti, tessendo una rete che li tiene prigionieri in una casa senza via di uscita, che li richiama sempre a sé, proprio come la voce della propria madre. Eppure, dietro quella maschera, qualcosa di più inquietante e ancor più macabro si nasconde; un viso celato che si fa portale di ricordi rimossi, colpe mai ammesse, e fasti di un passato mai superato. Sprazzi di un incubo ora pronto a ingoiare tutto e tutti nello spazio di una casa e nello scarto di un abbraccio famigliare dall'odore di morte.

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BUONANOTTE E SOGNI D'OMBRA

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Goodnight Mommy: una sequenza

Tutto in Goodnight Mommy si tramuta in respiro leggero, un sospiro che ci tocca la pelle, ci mette i brividi, senza mai osare, esagerare, urlare. Dalla regia al montaggio, fino alle interpretazioni dei propri protagonisti, tutto gioca su un costrutto minimale, ma per questo ancora più potente e di impatto. La performance di una Naomi Watts nascosta dietro una benda è tutta improntata sulla modulazione della voce, e sulla potenza di pochi, e centellinati, gesti. La sua interpretazione si fa ombra ambigua, incarnazione di corpi senza volto, mummie materne che enfatizzano il senso di paura e di pericolo che investono tanto i propri figli, quanto i propri spettatori. La sua è un donna senza volto e senza apparente anima, un'essenza che si muove senza identità, come sottolineato dalla mancanza di un nome che la identifichi, perché per tutti il suo personaggio è limitata al suo solo ruolo genitoriale di "mamma". I gemelli Nicholas e Cameron Crovetti danno vita a un doppio perfetto di angosce e timori. Senza troppo pigiare sull'acceleratore delle emozioni, i due offrono sullo schermo una performance in sottrazione, puntando alla forza delle proprie espressioni (quelle di cui la Watts deve fare a meno) per comunicare sentimenti ed emozioni incapaci di farsi parole. Tra i tre protagonisti si instaura pertanto un gioco di complicità, dove la mancanza di un tassello interpretativo viene colmato da quello dell'altro: l'espressività nascosta dietro le bende della Watts viene pertanto colmata da quella dei due ragazzi, i quali, impossibilitati a urlare e far sentire le proprie emozioni - perché mai creduti e capiti - trovano adesso nelle grida e nei pianti della madre, il loro perfetto contrappunto vocale.

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RITRATTO DI FAMIGLIA IN INTERNI AMBIGUI

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Goodnight Mommy: Peter Hermann in una foto del film

Dal punto di vista prettamente filmico, la regia di Sobel si affianca agli insegnamenti dei maestri del thriller. Giocando sull'ampiezza delle proprie riprese, il regista crea un senso di contrasto continuo tra i due giovani gemelli e un ambiente che pare rigettarli e imprigionarli in un costante senso di pericolo. L'apparente minaccia materna viene inoltre argutamente suggerita da un buon gioco di montaggio atto a dividere i due piccoli con la propria mamma; Lukas ed Elias potranno condividere con la madre gli ambienti di casa, ma sono poche le inquadrature che colgono i tre insieme, segno di un disequilibrio familiare che troverà nel plot-twist finale il suo massimo apice. È solo tra gli inframezzi di un epilogo che tutto prende e tutto ribalta (sebbene non risponda a certi quesiti e domande rimaste irrisolte) che l'apparente equilibrio famigliare viene ristabilito, e la cinepresa di Sobel potrà immortalare i tre insieme, in un'istantanea d'amore ammantata di un funereo finale.

Anche quando illuminata da esterni bucolici, c'è sempre qualcosa che ci ricorda che nulla in Goodnight Mommy è come sembra. Tutto è abbigliato di un vestito cinereo, misterioso, e ambiguo; una coltre ombrosa, nebulosa, oscura, sfumature di una fotografia tetra che dipinge di tonalità espressioniste un ritratto di famiglia sull'orlo dell'implosione. Senza invidiare nulla alla versione originale, il film di Sobel sa intrattenere e incastrare tra le fila della propria rete mentale e psicologica lo sguardo dello spettatore. Livellando un campo minato di innesti misteriosi e angoscianti, che suggeriscono e disorientano il proprio pubblico, Goodnight Mommy si fa thriller cinematografico e saggio interiore sulla disfunzionalità famigliare, di colpe mai accettate, ed errori mai superati.

La recensione dell'originale Goodnight Mommy

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Goodnight Mommy sottolineando come questa versione americana diretta da Sobel non ha nulla da invidiare al suo originale austriaco. Il film punta tutto sul senso di ambiguità e sulla crisi di identità attraverso gli occhi ingenui di due piccoli gemelli, incapaci a stabilire se quella nascosta dietro una benda chirurgica sia effettivamente la loro mamma.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • Le performance dei protagonisti.
  • La fotografia.
  • Il minimalismo della messa in scena.
  • La potenza del plot-twist finale.

Cosa non va

  • La mancanza di certe risposte a domande rimaste irrisolte.
  • Il concentrarsi su certi momenti alquanto superficiali.