Come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione, l'ottimo Goodbye Julia mette in scena un dramma umano e sociale, amalgamato con la cornice del film: l'incandescente Sudan. A dirigere il film, presentato nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2023, un esordiente, Mohamed Kordofani. Una storia di sorellanza e di resistenza: un incidente, un omicidio e due donne unite dal caso o dal destino. "Non so se sia una favola, se sia un film di speranza o nulla di questo", ci racconta proprio il regista, durante la nostra intervista: "La mia intenzione era quella di denunciare la precarietà del Sudan, in Nord Africa, perché è un problema persistente che si ripete. Ne soffriamo ancora con regioni come quelle povere, come nei Monti della Luna. Quindi, bisogna fare qualcosa".
Significativa quindi la presenza a Cannes di Goodbye Julia: "Parlando del film, possiamo fare luce sulla questione. E a volte questo dà i suoi frutti e ha un impatto su ciò che sta accadendo in Sudan. La guerra è scoppiata il secondo giorno dopo che il festival ha annunciato la selezione del film. E mi sono chiesto: "Devo andare? È una cosa buona? È una cosa negativa? Posso davvero festeggiare questo momento mentre sono molto preoccupata per la mia gente in Sudan? Dovrei sfilare sul tappeto rosso mentre la gente sta scappando? E ho scoperto che se vengo qui, almeno forse posso aiutare. Se resto a casa, no".
Il cinema come cambiamento
Ma il cinema, e l'arte in generale, può in qualche modo spronare il pubblico? "Il cinema può fare sì che la gente si interroghi", prosegue Mohamed Kordofani. "E se un numero sufficiente di persone si pone delle domande, si apre un dialogo e, se ci sono abbastanza dialoghi, si cambia. È possibile. Non do per scontato che farò un film e poi magicamente cambierà qualcosa. Ma posso contribuire al cambiamento raccontando la mia storia, perché il film si ispira molto alla mia storia personale. Se racconto la mia storia, sono sicuro che altre persone troveranno delle somiglianze. E magari si accorgeranno di avere dei pensieri che devono rivedere e cambiare". A proposito di storia, Goodbye Julia racconta di Mona, una donna benestante, che vive con suo marito a Karthum, zona residenziale. Per evitare un blocco stradale, investe un bambino, ferendolo. Mona scappa, inseguita dal padre del piccolo. Una corsa che si conclude con l'uccisione dell'uomo da parte del marito della donna. I sensi di colpa salgono, allora la donna si avvicina a Julia, madre del bambino, in cerca di quel marito scomparso.
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Goodbye Julia, una storia personale
"Non riusciamo a riconciliarci come persone. E questo è il motivo per cui ho scelto di girare. Allo stesso tempo, questo è stato un momento cruciale per il Sudan. A livello di comunità, di persone, non è avvenuta alcuna riconciliazione. Come in altri Paesi, non è successo nulla. La gente o era senza speranza, che tutto potesse cambiare, quindi non si preoccupava, o pensava che forse la condivisione con l'Occidente fosse sufficiente. Ma poi è uscito fuori il referendum. Il 99% di un'intera nazione ha deciso di non voler far parte del proprio Paese. Questo mi ha colpito molto e mi ha fatto riflettere. Credo che sia stato allora che ho iniziato a pensare a questo film", prosegue il regista.
Dunque, la domanda: Goodbye Julia, dopo Cannes, uscirà anche in Sudan? "Speriamo di sì. Incrocio le dita. Se i bombardamenti si fermano, se i proiettili si fermano, se gli spari si fermano, sono disposto a tornare in Sudan e a proiettare il film. Anche tra le macerie. Dipingerò una parete di bianco, mi procurerò un proiettore e lo proietterò. L'urgenza di raccontare la storia è più importante degli aspetti tecnici".
"La rivoluzione? Cambiare idea"
In fine, Mohamed Kordofani spiega cosa sia per lui la vera rivoluzione: "Il processo di trasformazione richiede un cambiamento, così come Mona nella storia, ad esempio, che non è in grado di superare il suo razzismo semplicemente dicendo: 'Ho smesso di essere razzista'. Lo stesso vale per la rivoluzione. Penso che la rivoluzione abbia bisogno di tempo. Se vai in strada e rovesci il tuo presidente nello stesso giorno, non hai fatto una rivoluzione. Si cambia solo il capo del governo, ma tutto il resto rimane invariato. La rivoluzione richiede davvero che le persone affrontino delle lotte, che si impegnino costantemente e che cambino mentalità, valori e idee. I cuori delle persone siano aperti al cambiamento. È il momento giusto per dire loro questo e che lo accetteranno".