È stata decisamente Helen Mirren la mattatrice indiscussa della 64ma edizione dei Golden Globes, i premi assegnati dalla stampa estera di Hollywood (Hollywood Foreign Press Association) al Beverly Hilton di Los Angeles. Portando una ventata di puro stile british, l'attrice si è infatti portata a casa ben due riconoscimenti come migliore attrice sia di una miniserie per la televisione che di un film per il grande schermo, incarnando rispettivamente Elisabetta I nella produzione della HBO Elizabeth I ed Elisabetta II in The Queen di Stephen Frears, ruolo per il quale era già stata incoronata all'ultimo Festival di Venezia con la Coppa Volpi. "Voi vi siete in realtà innamorati di lei, non di me" - ha commentato una Helen Mirren lanciatissima verso l'Oscar - "ma accetto volentieri questo premio visto che lei ha già uno scettro e una corona".
Per il resto, davvero nessuna sorpresa per una serata meno appassionante e coinvolgente rispetto ad altre edizioni, che si è conclusa con la vittoria di Babel (per la cronaca a premiare è stato il Governatore Arnold Schwarzenegger) come miglior pellicola drammatica, dopo che fino ad allora non aveva trasformato nessuna delle sette candidature con cui si presentava in lizza, e di Dreamgirls quale miglior film nella categoria commedia-musical, che invece è stata sostenuta dai premi di miglior attore e attrice non protagonisti assegnati alla debuttante Jennifer Hudson e al rinato Eddie Murphy, che agli Oscar il prossimo 25 febbraio potrebbe però vedersela con Djimon Hounsou, non candidato ai Golden Globes ma ben piazzato con la sua convincente prova in Blood Diamond - Diamanti di sangue di Edward Zwick (non a caso in corsa con gli Screen Actors Guild).
Ed è il mancato riconoscimento a uno dei tre attori nominati dello splendido cast di The Departed - Il bene e il male - Mark Wahlberg, Jack Nicholson e Leonardo DiCaprio munito di doppia candidatura sono rimasti a bocca asciutta -, oltre alla sconfitta nella categoria di miglior film drammatico, a non lasciar presagire nulla di buono per l'ultima grande opera diretta da Martin Scorsese, che conquista un premio alla regia che però lascia un po' l'amaro in bocca, quasi fosse una sorta di contentino. Lo split film-regia nel caso di Scorsese sembra quasi una tradizione che si perpetua nelle ultime stagioni (Globo alla regia per Gangs of New York-film a The Hours nel 2003, film a The Aviator nel 2005-regia a Eastwood per Million Dollar Baby), anche se su The Departed era convogliato un successo pieno sia da parte della critica che del pubblico. Nel suo discorso di ringraziamento, il regista di Taxi Driver e Toro scatenato ha voluto innanzitutto ricordare il sostegno della Hollywood Foreign Press Association all'opera di restauro dei capolavori cinematografici del passato, un impegno che da sempre vede Martin Scorsese in prima fila. Premiato dal suo amico e collega Steven Spielberg, il cineasta ha poi ringraziato i suoi collaboratori più fidati, da Thelma Schoonmaker a Michael Ballhaus, e i suoi attori confermando la soddisfazione per aver potuto lavorare con Nicholson nonché la speranza di poter dirigere nuovamente il suo attore feticcio Leonardo DiCaprio ("tre film insieme e mi auguro di poterne fare ancora").
A contrastare The Departed nella corsa agli Oscar, quindi, saranno Dreamgirls di Bill Condon; The Queen di Stephen Frears, che ha intascato anche il riconoscimento per la sceneggiatura più valida; Letters from Iwo Jima di Clint Eastwood, la versione giapponese di uno degli scontri più sanguinosi avvenuti nel Pacifico tra le forze USA e quelle giapponesi rappresentato in Flags of Our Fathers che è stato consacrato miglior film straniero - in questo caso sarà cruciale l'eventuale inserimento nella cinquina principale - e infine Babel di Alejandro González Iñárritu, che nel suo "thank you speech" ha sottolineato come a prescindere dalla lingua in cui si gira un film (in Babel sono ben cinque) la forza del cinema è universale, è un'emozione che non ha bisogno di traduzione ed è questa la sua bellezza.
Annunciata anche la vittoria di Forest Whitaker come migliore attore drammatico per la sua potente e acclamata interpretazione del brutale dittatore ugandese Idi Amin in The Last King of Scotland, che ha battuto DiCaprio, presente in doppia veste con The Departed e Blood Diamond, Will Smith e Peter O'Toole, apparendo però davvero emozionato e commosso nel tagliare questo traguardo così importante - e meritato - per la sua carriera. Il 2007 sarà poi ricordato come l'anno in cui ha debuttato la categoria di miglior film d'animazione: Cars - motori ruggenti ha agilmente sconfitto gli avversari Monster House e Happy Feet che però si è consolato con il premio dato alla miglior canzone The Song Of The Heart, scritta e composta da Prince che non ha potuto ritirare subito il Globo perché clamorosamente bloccato dal traffico losangelino e per questo arrivato in ritardo. Grande era, infatti, stato l'imbarazzo del presentatore Justin Timberlake, quando l'artista non è apparso sul palco al momento dell'annuncio. A portare a casa il Golden Globe per la miglior colonna sonora è stato, invece, il francese Alexandre Desplat, che ha composto le note per il film in costume Il velo dipinto, interpretato da Naomi Watts ed Edward Norton.
La palma del discorso più divertente e graffiante della serata non poteva che andare alla rivelazione cinematografica dell'anno, ossia Sacha Baron Cohen, autore e interprete del dissacrante film cult Borat, che si è accaparrato il titolo di miglior attore di musical-commedia: "Questo film mi ha cambiato la vita, ho visto parti d'America belle ed entusiasmanti ma ho visto anche la parte buia dell'America, quella brutta che raramente vede la luce del sole, mi riferisco all'ano e ai testicoli del mio collega Ken Davitian", ha dichiarato l'attore, il quale ha concluso ringraziando gli americani che non gli hanno ancora fatto causa.
È stato senz'altro un'edizione dei Golden Globes che, in confronto agli anni scorsi, ha maggiormente esaltato le vecchie glorie di Hollywood rispetto alle generazioni più giovani, a partire da Meryl Streep che ha trionfato nella categoria di miglior attrice nella categoria commedia grazie alla sua eccezionale performance ne Il diavolo veste Prada, successo ai box office di tutto il mondo, fino a Helen Mirren, allo stesso Nicholson e al sempreverde Eastwood. Una chiave interpretativa che è stata ripresa durante la tradizionale consegna del Cecil B. DeMille Award, che quest'anno ha visto come protagonista d'eccezione Warren Beatty, una vecchia conoscenza della Hollywood Foreign Press Association, perchè eletto debuttante più promettente nel 1962. Attore, ricordiamo su tutti Splendore nell'erba e Gangster Story, ma anche regista, produttore e sceneggiatore coraggioso, come nel caso di Reds, con cui vinse l'Oscar alla regia, Warren Beatty ha ironizzato con Eastwood e Nicholson riconoscendo quanto le loro imprese, registiche e attoriali, in non più giovanissima età lo facciano sentire vecchio e inutile, anche se il tempo trascorso accanto alla famiglia, alla moglie attrice Annette Bening conosciuta sul set di Bugsy, non è stato di certo tempo sprecato. E non è un caso che le parole di saluto di Beatty siano dedicate proprio a lei: "grazie per la nostra vita insieme e per avermi fatto sentire sempre il debuttante più promettente".
Sul versante televisivo, trionfa per il secondo anno consecutivo Hugh Laurie, il cinico interprete del Dr House: Medical Division (serie Tv drammatica), autore anche lui di uno dei discorsi più ironici e riusciti della serata, mentre Grey's Anatomy - che ha registrato un vero exploit di ascolti negli Usa - sbanca la categoria della miglior serie tv drammatica battendo Lost e 24: migliore attrice drammatica è stata giudicata Kyra Sedgwick, protagonista di The Closer, per la gioia del compagno Kevin Bacon. A sbaragliare la concorrenza sul fronte comico è stata un'altra rivelazione dell'annata televisiva statunitense: Ugly Betty, premiata assieme alla sua interprete principale America Ferrera. A farla da padrone tra gli uomini è stato Alec Baldwin per la serie 30 Rock, a dimostrazione di quanto gli attori americani amino fare la spola dal piccolo al grande schermo e viceversa, per ridare smalto a un percorso professionale in declino al cinema o per farsi conoscere ancora di più attraverso un mezzo pervasivo e quotidiano come la televisione.