Nel 2019 il Giappone è entrato nell'era Reiwa. Il termine "Reiwa" fu scelto ad aprile dello stesso anno, con lo scopo di accompagnare gli eventi da un augurio preciso. La parola infatti non è banale. A partire dalle sue origini, e si tratta della prima volta che il nome di una nuova Era proviene da testi giapponesi. Il termine è il risultato di due kanji: "Rei" e "Wa", rispettivamente "bellezza" e "armonia", che nel loro insieme significano: "La cultura nasce e prospera quando le persone si uniscono in una splendida comunione di animi". Bellissimo, vero? Ora provate ad applicare il significato di Reiwa all'universo di Godzilla.
Sì, perché il kaijū è entrato nell'Era Reiwa prima ancora del suo Paese di origine, ovvero nel 2016 con Shin Godzilla di Hideaki Anno e Shinji Higuchi, precisamente due anni dopo la dichiarazione da parte di Toho riguardante la necessità di dover cominciare un percorso di reboot dell'immaginario del mostro più longevo della Storia del cinema, nel segno del futuro, anche a costo della discontinuità. Primi passi e premesse del percorso che ci ha condotti a Godzilla Minus One (qui la nostra recensione) di Takashi Yamazaki, arrivato su Netflix dopo il veloce passaggio in sala.
Un percorso incredibilmente virtuoso che ha rimesso mano non solo alle origini di Godzilla, oltre alla sua natura, al suo aspetto e alla sua evoluzione, ma anche e soprattutto alla sua funzione metaforica all'interno del discorso audiovisivo in senso più ampio. Il kaijū è divenuto un protagonista semantico dei film, fungendo da mezzo narrativo per orientare una storia che gira invece intorno agli uomini, portando in scena questioni politiche, sociali, storiche e - come nel caso di cui stiamo per parlare - facendo da eco ad un discorso nato per affrontare drammi esistenziali. Un nuovo corso affascinante e che la pellicola vincitrice nella categoria migliori effetti speciali (primo film di Godzilla e primo film non in lingua inglese a vincerla) ha portato ad un nuovo livello.
Il nuovo Godzilla
Quello dell'era Reiwa è un Godzilla diverso rispetto al passato, non solo per quanto riguarda l'aspetto e la sua evoluzione strutturale all'interno della pellicola, ma anche e soprattutto per ciò che rappresenta. Se infatti il kaijū è sempre stato una metafora del trauma della Nazione nipponica connesso ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, questa nuova versione ne risulta svincolata e dunque pronta a donare la sue potenzialità semiotiche ad altro.
In Shin Godzilla il mostro era, secondo la critica, ispirato più agli eventi legati al disastro della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi del 1986 e al terremoto di Sendai e del Tōhoku del 2011. Lo si nota dall'attivazione dei protocolli governativi messi in scena nel film, e per il modo in cui Godzilla viene prima esaminato e poi combattuto (soprattutto per la questione relativa all'induzione dello SCRAM interno del mostro, come se esso fosse una vera e propria centrale). In Godzilla Minus One esso torna invece a legarsi al Secondo Conflitto Mondiale, ma acquisisce una dimensione intima e allo stesso tempo connessa ad uno stato ansiogeno globale oltre che ad una diffidenza verso l'autorità affiorata in seguito alla pandemia.
Un aggiornamento totale, dunque, della carica metaforica del kaijū più famoso del cinema, dal potenziale così elevato da permettere al linguaggio audiovisivo di uscire dal monster movie più classico e di lavorare con generi differenti e, di conseguenza, veicolare messaggi differenti. Un'evoluzione straordinaria nata in un contesto storico che vede, paradossalmente, la corrente statunitense legata a Godzilla indietro di anni luce perché interessata ad una rilettura pedissequa di ciò che è stato fatto in Giappone con il mostro diversi anni fa. Nonostante la prima pellicola del nuovo corso americano fosse Godzilla di Gareth Edwards, titolo che invece andava verso la direzione nipponica moderna e, non a caso, punto di riferimento anche di Takashi Yamazaki e Godzilla Minus One.
Godzilla Minus One, la recensione: lo spaventoso ruggito del Re dei Mostri
Il Godzilla di cui il mondo ha bisogno
C'è però un'altra accezione con cui si può collegare il significato della parola Reiwa e il nuovo Godzilla ed è fortemente connaturata alla forma che ha in Godzilla Minus One. La storia della 37esimo titolo dedicato al kaijū gira intorno ad una questione privata che ha per protagonista un soldato e il suo senso di colpa per non aver fatto la "cosa giusta" durante il conflitto mondiale, portandosi, per questo motivo, la guerra in casa e cercando quindi una nuova via di espiazione. Sentimento personale che però, con il passare dei minuti, scopriamo combaciare perfettamente con quello di un Paese intero e che solamente attraverso la sconfitta del mostro grazie alla condivisione di intenti e cuori può trovare un esaurimento.
Il nuovo Godzilla diventa dunque non solo la personificazione del legame di una doppia dimensione come quella appartenente ad un sentimento sia intimo che gigantesco, ma anche l'occasione per ricreare un'unità popolare, persino in un contesto storico come quello attuale, in cui sono riaffiorati solchi profondi provenienti da questioni mai risolte e figlie del secolo precedente (che nel film di Yamazaki possono essere rappresentati dai pesci primitivi che anticipano l'arrivo del kaijū). Un mondo in cui le persone devono cercare di essere unite a prescindere dalle decisioni dei rispettivi governi e anche delle tensioni internazionali in questo momento particolarmente presenti.
Non solo, Godzilla Minus One in un certo senso va anche oltre Shin Godzilla, riaggiornando la tradizione, sempre rispettandola e in un buona parte recuperandola, per poi allargare ulteriormente il raggio d'azione. Il Godzilla del futuro è quello che deve essere in grado di parlare a tutto il mondo, anche pensando di divenire protagonista di scene e sequenze ispirate ad un cinema diverso da quello Giapponese. Un kaijū per l'unione di più popoli, oltre i confini geografici e culturali.