Del dolore si può ridere. Anzi, è catartico e salubre farlo, soprattutto se in compagnia di un attore comico di grande livello, che ha dimostrato più volte nella sua carriera televisiva di essere in grado di offrire performance multiformi e di spessore: dalle nevrosi e le insicurezze di Chandler Bing (Friends), passando per l'ego e i disastri sentimentali di Matt Albie (Studio 60 on the Sunset Strip), Matthew Perry approda nel cuore della crisi personale di Ryan King, un affermato commentatore radiofonico che fatica a riadattarsi alla propria routine dopo l'improvvisa e scovolgente morte della moglie. Quando gli viene imposto di frequentare un gruppo di ascolto, il nostro non si aspetta certo di trovare tra i volenterosi, sofferenti e variamente bizzarri membri del circolo le risposte e il conforto che esperti e professori non sanno dargli. Ma ovviamente troverà questo, e molto di più.
Il vecchio Matt, per fugare qualsiasi dubbio in merito, non ha perso il suo smalto: il sarcasmo bonario, la parlantina cantilenante, il sorriso buffo e il fascino rassicurante, tutto il repertorio viene riproposto al servizio di un personaggio alle prese con circostanze dal buon potenziale sia comico che emotivo. Il resto è, duole ammetterlo, la familiare eco di un altro recente show targato NBC. Parliamo naturalmente di Community - o meglio, delle sue primissime battute - con Perry a rivestire il ruolo del sarcastico, disilluso solitario Jeff Winger/ Joel McHale che si ritrova suo malgrado circondato dagli adorabili perdenti del college di Greendale nello show di Dan Harmon. Non è difficile trovare altre corrispondenze abbastanza precise tra i membri delle rispettive gang, tra nerd, madri coraggio, maniaci del controllo e freak assortiti; ma sono anche le dinamiche psicologiche a essere simili al limite del déja vu, se non le atmosfere, qui decisamente meno grottesche e surreali che dalle parti di Greendale. Considerate le vicissitudini e i ratings di Community, tuttavia, è difficile pensare che la NBC voglia ripercorrerne la parabola oltre a queste iniziali premesse narrative e di caratterizzazione, e infatti Go On si dimostra subito uno show infinitamente meno audace e meno "cattivo"; non per questo difetta di divertimento, anzi, il pilot funziona e vanta almeno una scena assolutamente irresistibile, quella in cui Ryan allestisce una competizione per stabilire chi se la passa peggio nel gruppo di supporto. Le potenzialità di visitare altri territori peraltro ci sono, perché se lo show di Harmon nelle sue più recenti incarnazioni sembra aver smarrito un po' della sua anima sulle vie giocose del pastiche postmoderno e citazionista, quello di Scott Silveri sembra destinato a scoccare le sue frecce in ben altre direzioni, con altra penetrazione, seppure nei limiti della comedy.Del personaggio principale, infatti, oltre a esplorare le attuali angustie (e riderne), possiamo aspettarci di scoprire il passato, dall'idillio spezzato del matrimonio con una donna favolosa alle varie fasi della sua carriera, e ipotizzare sviluppi anche in ambito sentimentale, ben più "corposi" delle volatili ship di Community; quelli di contorno forniscono un universo abbastanza variegato per umanità e spunti narrativi da non farci temere troppo per l'iniziale faciloneria delle caratterizzazioni. Insomma, a Silveri - e soprattutto a Matthew Perry versione vedovo in ripresa - una chance va data, senza se e senza ma.