Agli albori degli anni sessanta Alfred Hitchcock stava tracciando la direzione che il cinema di genere avrebbe intrapreso negli anni seguenti. Se nel 1960 Psycho aveva trovato e stabilito l'equilibrio definitivo fra forma e contenuto nella filmografia dell'autore, ma anche costituito i meccanismi attraverso cui l'horror avrebbe potuto farsi carico ideale delle metafore sulla psiche umana, nel 1963 Gli uccelli stava preparando il terreno per tutto ciò che avrebbe caratterizzato quel cinema di genere apocalittico nella sua accezione moderna. "Poema apocalittico": quella di Federico Fellini, che vide il film e ne fu estasiato, rimane oggi la definizione più calzante per descrivere quest'opera, straordinario ibrido fra thriller e horror che immagina una fine del mondo senza imprigionarne la portata entro i principi razionalistici o scientifici che dettano le regole di tanto cinema, precedente e seguente, incastonato fra la fantascienza e l'orrore.
La genesi: il racconto di Daphne du Maurier
Gli uccelli si basa su un racconto di Daphne du Maurier del 1952 che segue le mosse degli Hockens, famiglia di agricoltori-allevatori che vive nell'Inghilterra rurale della Cornovaglia e che assiste agli improvvisi attacchi da parte di stormi di uccelli, così violenti da sacrificare spesso la loro stessa vita nel tentare di distruggere quella degli umani della piccola comunità inglese. Dell'apparato narrativo di du Maurier Hitchcock preserva intatte le sole premesse per cambiare tutto il resto (ragione per cui l'autrice non si ritenne particolarmente soddisfatta della trasposizione cinematografica del suo lavoro). A completare queste piccole tracce di racconto sopravvissute alle recisioni di Alfred Hitchcock sopraggiungono degli innesti provenienti da eventi realmente accaduti: fondamentale fu, ad esempio, l'attacco riportato dal Santa Cruz Sentinel nell'estate del '61, che narrava di una bizzarra invasione delle coste da parte di uno stormo di gabbiani che tentarono di addentrarsi nelle abitazioni andando a schiantarsi contro ogni tipo di superficie, dalle finestre alle automobili lungo il percorso. L'ambientazione de Gli uccelli è quella Bodega Bay situata nei pressi di Bodega, dove in realtà si raccontò di alcuni corvi che avevano morsicato gli occhi degli agnelli appena nati. Hitchcock ebbe a disposizione un'interminabile serie di spunti derivanti dalla cronaca e dai resoconti, ma a completare questi spunti aveva bisogno di una trama da sviluppare a partire da un protagonista: nel caso de Gli uccelli fu trovato in un personaggio femminile, personificato dall'allora sconosciuta Tippi Hedren che fu consegnata alla fama grazie a questo film e divenne musa hitchcockiana fino al successivo Marnie (1964).
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La trama de Gli uccelli
Hedren veste i panni della ricca e giovane Melania Daniels, figlia dell'editore di un importante giornale della città di San Francisco. In un negozio di animali Melania incontra l'avvocato Mitch, che si prende non troppo velatamente gioco di lei per averla conosciuta in una strana circostanza, quando la donna fu accusata in tribunale di guida in stato di ebbrezza. Indispettita e allo stesso tempo attratta dall'uomo, Melania decide d'informarsi sui recapiti di Mitch e di recarsi a Bodega Bay per recapitargli personalmente i due inseparabili che l'uomo cercava nel negozio. Giunta sul luogo, però, Melania e gli abitanti si rendono conto che c'è qualcosa che non va nell'avifauna locale, inspiegabilmente aggressiva nei confronti di persone e cose. Gli incidenti si susseguono e si fanno sempre più gravi, fino a divenire non più minimizzabili.
Una struttura anomala: da commedia romantica a monster movie
A un primo sguardo sembrerebbe una struttura scissa e frammentata, quella de Gli uccelli, o quasi incoerente, costituita da una prima parte preparatoria e da un nucleo che si forma soltanto nella seconda metà del film. Prima ci troviamo nella frenetica San Francisco, poi nella quieta Bodega Bay; prima siamo partecipi nella conoscenza di un uomo e una donna che si punzecchiano ironizzando sulle reciproche vite e su quale tipo di uccello sarebbe meglio acquistare, nell'evoluzione di una potenziale storia d'amore raccontata attraverso le dinamiche della commedia romantica e brillante; poi, siamo catapultati senza preavviso nel mezzo di una catastrofe naturale in piccola scala che non sembra avere spiegazione logica. Nulla nelle prime sequenze del film suggerirebbe che, a distanza di circa due ore dall'inizio, quegli stessi personaggi non si ritroveranno a innamorarsi l'uno dell'altra, bensì si troveranno a doversi arrendere a un ribaltato ordine delle cose che li ricontestualizzerà nel mondo in cui vivono e che li spingerà a fuggire altrove, da qualche parte indefinita, in preda allo sgomento. Eppure è incredibile come Gli uccelli riesca a destreggiarsi fra due dimensioni così apparentemente lontane, scivolando fra due universi cinematografici in antitesi così evidente, con una naturalezza che ancora oggi è difficile emulare.
L'uomo al cospetto di un problema senza soluzione
Non c'è nessun eroe: Melania è il nostro sguardo, ma è ben lontana dall'essere un'eroina dei suoi tempi (in piena regola horror, dove fino agli anni ottanta non si contempla che la sopravvissuta possa salvarsi se non grazie alla casualità degli eventi e a elementi estranei alle sue capacità) e, ancor peggio, probabilmente il bene non sovrasterà il male. Celebre è la mancata risoluzione de Gli uccelli, tradotta in un'immagine - fra le più disturbanti della storia del cinema - in cui Mitch e Melania si allontanano, all'interno di un'automobile che non ha nulla di difensivo o protettivo, sotto gli occhi fissi e forse giudicanti di un immenso gruppo di uccelli di varie dimensioni e tipo, pronti a rimpiazzare il genere umano nel dominio di un mondo che è stato modellato a sua immagine e somiglianza. È qualcosa di straordinario: c'è la lotta contro una nemesi ben definita, conosciuta, parte del nostro quotidiano, ma non c'è quella netta ripartizione in ruoli che vedrebbe (e aveva sempre visto, al cinema) l'essere umano capace di trovare soluzione al problema. Il problema è insormontabile, anzi, proprio perché sovrumano, inesplicabile. Qualora l'uomo non fosse causa del mistero non avrebbe gli strumenti per risolverlo, e in questa ipotesi (non certa ma plausibile) si annida tutto il terrore de Gli uccelli: l'eventualità, raramente considerata, che le regole del mondo in cui viviamo non siano mai state regole e che il riparo che offrono, come conforto alla teoria del caos, sia del tutto arbitrario.
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Un film "poli-allegorico"
Tante speculazioni sono state costruite a partire dalle diverse letture possibili su Gli uccelli: da quella che è stata applicata prima di tutto all'opera di Du Maurier, analizzata come allegoria della violenza del capitalismo e dell'incombenza della Guerra Fredda (l'attacco nucleare ben simboleggiato dalla materializzazione di una "nuvola bianca di uccelli" sopra la baia), alla ricorrente fobia e paranoia del comunismo che è leit-motiv di tanta narrativa e cinema fantastico della stessa decade cui appartiene il film di Hitchcock (gli attacchi che provengono "dall'est" e diretti al mondo occidentale, ben rappresentato dal Regno Unito). Un sottotesto prevalente de Gli uccelli ha spinto a formulare l'ipotesi per cui il film si potrebbe configurare come perfetta metafora dell'insurrezione degli oppressi, rappresentati dalla superiorità numerica degli uccelli: innocui animali che hanno sempre convissuto con noi nel nostro stesso ambiente, in natura e in gabbia, sono ora pronti a sovvertire la gerarchia di ruoli e ad ascendere verso il primo gradino della società. Alla luce delle preoccupazioni degli ultimi decenni, Gli uccelli sembra trovare la sua maggior potenza e abilità premonitrice nell'evenienza che sia stato concepito come una riflessione sull'ambiente e sul rapporto dell'essere umano con la natura, disposta a vendicarsi con la stessa brutalità con cui è stata a lungo martoriata: è la storia degli effetti dell'operato dell'uomo che, inevitabilmente, gli si ritorce contro con uguale e maggiore crudeltà. La coppia di inseparabili, d'altronde, altro non è che controparte positiva del mostro del film: gli uccelli della morte contro il feticcio amorevole che è lì, nella sua gabbietta, disposto a cantare per noi con un'espressione che somiglia a un sorriso fisso. E poi ci sono le letture psicoanalitiche sui simboli sessuali del film, ma sembra impossibile evitarlo quando si ha a che fare con Hitchcock.
Come Gli uccelli ha anticipato il cinema apocalittico di oggi
Al netto di qualsiasi interpretazione, valida in base al contesto socioculturale in cui si trova chi compie l'analisi di un'opera (e non solo l'opera in sé), resta immutato il valore de Gli uccelli sul piano puramente cinematografico. La verità è che il film di Hitchcock ha saputo leggere le tendenze preesistenti per forgiare, a sua insaputa, il cinema apocalittico di oggi. Il monster movie di epoca contemporanea non è quello dei luoghi isolati e misteriosi che spingono l'uomo a esplorarli affrontando mari e monti, bensì quello in cui gli agi della quotidianità vengono spazzati via dall'arrivo improvviso di mostruosità e storture naturali che spingono a rivedere ciò che si credeva di sapere. In ballo c'è l'esistenza stessa della categoria dell'essere umano, minacciata dall'inaspettato capovolgimento delle classi e delle specie. Il mostro stesso è, ne Gli uccelli, definito tale dalle nuove circostanze: un gabbiano, un corvo, non è di per sé un mostro, a meno che non cominci a maturare l'idea di voler uccidere un uomo. In ciò, questo capolavoro horror di Hitchcock anticipa di decenni tutto quel cinema di genere che annette al "mostro" uno scenario da lui fabbricato, dove il futuro dipende dalla sua sopravvivenza. Da Romero a Shyamalan, da Darabont a Carpenter, e a seguire tutta la sfilza di epigoni, in cui gruppi di persone si ritrovano a fronteggiare non solo il normale che diventa anormale ma anche il negazionismo, e ogni insidia rappresentata dal rosario di reazioni umane al pericolo, devono tutto a Gli uccelli.