Gli indesiderabili, la recensione: Ladj Ly e un cinema che prende (finalmente) posizione

Arrabbiato, nervoso e con un'esagerazione significativa, Gli indesiderabili è la presa di posizione di un certo cinema d'oltralpe che guarda con estrema (e giustificata) criticità alla politica francese. Al cinema dall'11 luglio.

Il crollo della Francia secondo Ladj Ly

C'è un calcolo preciso anche nell'esagerazione narrativa e scenografica, funzionale ad alzare la posta in gioco di un film che raccoglie l'eredità de I miserabili, con cui Ladj Ly aveva esordito nel 2019. Quest'opera seconda, se vogliamo, è ancora più arrabbiata, più stringente, più politica. Lo è nel ragionamento del regista, che riflette sul crollo dell'Europa (che è sotto gli occhi di tutti, malgrado venga ripetuto il contrario), e lo è negli eccessi narrativi, che si avviluppano in un finale emblematico, come se fosse un Titanic che affonda. Per questo non si può restare indifferenti davanti a Gli indesiderabili, né come semplici spettatori né come impegnati cittadini di un Paese che ha perso il controllo, annegando i propri principi in una melmosa e pericolosa ragione di Stato (siamo in Francia, ma potremmo essere ovunque).

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Anta Diaw è Haby ne Gli indesiderabili

Pur indiretto, Gli indesiderabili (titolo discutibile, rispetto a quello originale Bâtiment 5) potrebbe essere letto proprio come una sorta di sequel spirituale de I miserabili, risultando addirittura preveggente: nonostante sia stato scritto da Ladj Ly e da Giordano Gederlini prima del 2023, alcuni temi sembrano agganciarsi all'infuocata estate francese segnata dall'omicidio di Nahel Merzouk per mano di un agente di polizia. L'atto criminoso farà insorgere le banlieus di mezza Francia scoperchiando ancora una volta l'inettitudine di Macron e la meschinità della destra (che non tarderà a strumentalizzare l'accaduto) davanti ad una tragedia annunciata. Del resto, come mostra il cinema di Ladj Ly, dalla ghettizzazione perpetua non può che scaturire odio e violenza, generando un circolo vizioso quasi impossibile da spezzare.

Gli indesiderabili, se riqualificazione vuol dire ghettizzazione

Geograficamente non identificabile - potrebbe svolgersi in qualsiasi agglomerato francese - Gli indesiderabili inizia con una demolizione: un enorme palazzo viene buttato giù, in quanto la politica finto progressista vorrebbe eliminare un certo tipo di architettura, favorendo l'integrazione in altri modi. Qualcosa però va storto, e la demolizione controllata genera un'onda di detriti che fanno venire un infarto al sindaco. Trovata abbastanza macchinosa, diremmo, ma comunque utile ad introdurre il nuovo sindaco ad interim, ossia il pediatra Pierre Forges (Alex Manenti, sempre eccezionale), scelto frettolosamente dal consiglio comunale.

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Alex Manenti è il sindaco Forges, emblema della politica codarda

Forges, con due figli e una moglie che crede "nella politica romantica", è impreparato al delicato ruolo, ragionando per dozzinale e codarda comodità nei confronti di una comunità in procinto di implodere. E della comunità fa parte la protagonista, Haby (Anta Diaw), ragazza che lavoro nell'archivio del municipio, e facente parte di un'associazione che aiuta i cittadini ad affrontare la burocrazia. Quando scopre che la riqualificazione pensate per il quartiere prevede un'ulteriore ghettizzazione dei cittadini, avallata da Forges, non si tirerà indietro, prendendo posizione contro una politica dell'ingiustizia e dell'ineguaglianza.

La presa di posizione di Ladj Ly

Se Haby si definisce come "una francese di oggi", fiera e idealista, coraggiosa nella sua presa di posizione ("mia mamma mi ha insegnato a parlare, sempre", dirà dopo essere stata presa in custodia), la figura del sindaco Forges, per Ladj Ly, è l'archetipo del politico moderno: incapace all'ascolto e al dialogo, propenso al compromesso di comodo, disposto a tutto pur di mantenere il punto, salvaguardando solo il suo status quo e mai i veri bisogni del popolo. Soprattutto, per il regista, Forges è l'emblema dello Stato che ingoia la comunità, e quindi l'essenza di una Nazione che soccombe sotto il peso del leader. Anche per questo, Gli indesiderabili è un film che parla forte, sfidando le logiche politiche contemporanee, scollate dal tessuto sociale e anzi arroccate in una continua propaganda, urlata e nervosa (e la campagna legislativa francese ne è il paradigma).

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L'altro volto della Francia: una scena con Anta Diaw e Aristote Luyindula

Lo stesso nervosismo che volteggia sul film, come volteggiano le riprese aeree che sovrastano l'enorme edificio numero 5, teatro sfigurato di un dramma universale (un luogo che parla, respira, vibra). Tra l'altro, nel film tutto accade abbastanza in fretta. Come se la scrittura - e di riflesso la regia - senta il peso di un tempo che sta per scadere, tirandoci tutti giù dal letto (letteralmente). Effettivamente, se troviamo una certa amplificazione (che risulta cinematograficamente stridente, ma giustificata nell'umore infuocato dello script) in particolar modo nel finale "vendicativo", l'intento del film è chiaro: argomentare l'attualità, prendendo di petto ogni repressione legalizzata. Del resto, Ladj non è accondiscendente nei confronti della politica, né dello Stato. E a giudicare dalla situazione attuale, non dovremmo esserlo nemmeno noi.

Conclusioni

Un'opera seconda nervosa e arrabbiata quella di Ladj Ly, che torna nelle banlieus francesi per una storia di resistenza e di sopravvivenza popolare, che prende di petto la politica dei leader senza essere mai accondiscendente nei confronti delle Stato che trangugia i bisogni primari delle persone. L'utilizzo dei luoghi e dei personaggi rendono Gli indesiderabili un film coeso con il clima contemporaneo, dimostrando aderenza al reale nonostante un finale che potrebbe risultare esagerato.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • L'utilizzo dei luoghi.
  • L'utilizzo metaforico dei personaggi.
  • Una buona regia.
  • La presa di posizione politica.

Cosa non va

  • Forse il finale vendicativo risulta esagerato.