L'elaborazione del lutto è una trovata narrativa che permette di parlare di tante cose. Si parte, ovviamente, sempre dalla perdita e dalle conseguenti difficoltà di accettazione, ma i livelli che si possono toccare durante il tragitto sono diversi: dal percorso intimista a quello politico, sociale e divino, arrivando a farne un discorso metatestuale sulla rappresentazione del tragitto in senso assoluto.
In Gli Immortali, il nuovo film di Anne Riitta Ciccone, che oltre ad essere regista è anche una brava sceneggiatrice, si toccano tutti i livelli sopracitati. Partendo da un tragico racconto di spunto autobiografico la pellicola riesce infatti a farsi specchio distorto della società italiana, concentrandosi soprattutto in un certo ambito e in un certo periodo storico, senza mancare di parlare di qualcosa di intimo e potente come il rapporto padre - figlia.
Una storia che intreccia il coming of age con la ricongiunzione familiare cercando un dialogo tra presente, passato e ipotetico futuro, lato privato e cosa pubblica e, fattore molto intrigante, rivedendo il linguaggio teatrale e cinematografico. Un teatro classico per l'esattezza, che dimostra ancora una volta la contemporaneità delle sue storie. Ambizioni alte per un film complesso e dalla natura quasi sperimentale e che, come da costume per Ciccone, cerca una casa comune nella dimensione allegorica, abitazione dove cerca di far coesistere diverse sovrastrutture.
Gli immortali, la trama: il ritorno del papà prodigo
Gli immortali parte da uno spunto incredibilmente coraggioso, ovvero quello di portare sullo schermo gli ultimi giorni di vita di un padre visti dagli occhi di una figlia (alter ego della regista) con cui sono diversi anni che ha un rapporto in grande declino. È la storia di Chiara (Gelsomina Pascucci, che vanta una presenza scenica incredibile) e di Vittorio (David Coco), un ex fricchettone che ha prima riempito la testa della ragazza di credenze verso la necessità di cambiare il mondo, l'immortalità e l'esistenza di dei vari ed eventuali per poi arrendersi e scomparire dalla sua vita.
Vita, che ha visto la ragazza andare avanti e ritagliarsi un lavoro come tecnico luci nel mondo teatrale, ambito di cui è enormemente appassionata e in cui si spende molto. Nel momento del ritorno del padre nella sua vita Chiara sta, infatti, lavorando ad una rappresentazione de Le Baccanti di Euripide, spettacolo che entra nel privato della ragazza, la quale è coinvolta nelle giornate di attori e attrici partecipanti, anche se ha la premura di rimanere in disparte. L'impressione è Chiara voglia invece organizzare la sua vita in compartimenti stagni. Il pericolo esondazione si attiverà in modo impressionante quando lo stato di salute di Vittorio peggiorerà.
L'uomo, preso di mira da un virus che sembra una forma di COVID, soprattutto per gli echi che ricordano la pandemia che abbiamo vissuto, si troverà in un ospedale da Paese degli orrori, metafora di pressappochismo e malasanità. Una sorta di girone infernale dove gli ammalati sono trattati con estremo cinismo, lasciati soli anche da chi potrebbe (e, soprattutto, dovrebbe) difenderne i diritti. In questa via crucis Chiara si consuma tra corsie e file per incontrare burocrati, mentre il passato invade il presente e la tragedia che sta portando in scena comincia a inseguirla ovunque. Intanto il tempo passa e il padre con cui non ha più un rapporto sta andando incontro ad un destino che rifiuta di accettare.
Un film vorticoso, ma ricco di spunti
L'elemento più difficile da trovare in un film come Gli Immortali, pieno di suggestioni, spunti narrativi, risvolti tematici e livelli di lettura, è il cosiddetto fil rouge. Anne Riitta Ciccone li cerca nella satira del reale, nei riferimenti mitici e in delle canzoni entrate nell'immaginario collettivo del cantautorato italiano, ma ciò che alla fine fa la differenza è la dimensione intima. Essa è così precisa e coinvolgente da trascendere la dimensione sociale spesso troppo edulcorata piuttosto che il contrario.
La trasformazione del mondo interiore della protagonista diviene (forse inconsapevolmente) il centro di gravità permanente di un film imperfetto, vorticoso e per questo raramente a fuoco, nonostante un linguaggio molto poco fraintendibile, pur nel suo voler essere sempre allegorico. Il dramma di padre e figlia è, infatti, ciò che tiene unito tutto ciò che lo circonda, facendo risaltare anche la sfumatura sempre più coercitiva della dimensione teatrale, la quale diviene, con il passare dei minuti, un altro modo attraverso il quale la protagonista vive la perdita. Una perdita di cui acquisisce una reale consapevolezza solo nel momento in cui il padre perde quel velo di immortalità di cui si è sempre ammantato al punto da convincere anche lei.
Per chiudere, è giusto sottolineare come Gli Immortali cerchi, per tutto il minutaggio, di sfuggire ad un registro linguistico singolo, ma, come detto in apertura di articolo, cerchi la riflessione e la contaminazione metatestuale. Non solo teatro e cinema, ma anche un lavoro sui generi che comprende la volontà di mischiarli, di sceglierli per poi rinnegarli o destrutturarli. Un lavoro di scrittura, ma anche di messa in scena, interessante da questo punto di vista, nonostante anche il poco budget. Un tentativo di personalizzare la propria voce, anche perché la natura della storia raccontata lo esigeva.
Conclusioni
Nella recensione de Gli Immortali vi abbiamo parlato del nuovo film di Anne Riitta Ciccone con protagonisti Gelsomina Pascucci e David Coco. Una pellicola che adopera l'elaborazione del lutto per elevare un racconto intimo e dal sapore autobiografico ad un'allegoria sociale, politica, oltre che ad uno spunto per parlare anche di questione divine. L'idea è quella di scrittura multilivello in cui c'è anche la sfida di cercare un ordine personale in caos emotivo, ma anche di generi e linguaggi.
Perché ci piace
- Il coraggio di portare in scena una storia così privata in modo così sincero.
- La volontà di trovare una voce personale.
- Usare il privato per parlare alla collettività.
- Il tentativo di far dialogare più linguaggi e generi.
Cosa non va
- Alcune allegorie risultano didascaliche.
- Il peso delle tante sovrastrutture a volte si fa sentire.