Arrivare a 50 anni è un bel traguardo, soprattutto quando parliamo di film come Gli Aristogatti che, dopo ben cinque decenni, non sembra essere invecchiato di un singolo giorno. Un anniversario che c'impone di fare un salto indietro nel tempo, più precisamente alla vigilia di Natale del 1970, quando in America uscì questo grande Classico Disney (il ventesimo), dalla storia così originale, dall'ambientazione e dal fascino parigino, e dal tenore così aristocratico e allo stesso tempo così popolare.
Una storia finemente ricamata...
Un film raffinato come Gli Aristogatti ha avuto un periodo di gestazione lungo ben quattro anni. Realizzato su una storia scritta da Tom Rowe e Tom McGowan, il film ha come protagonisti una famiglia di gatti, una mamma e i suoi tre cuccioli, che vivono presso la residenza dell'anziana e aristocratica Adelaide Bonfamille, che tratta i suoi amici felini come fossero suoi pari.
Ma se i gatti sono tanto importanti per lei, non lo sono per il maggiordomo di famiglia che decide di disfarsene dopo aver scoperto che gli adorabili animali diventeranno gli unici eredi della donna. Una trama che potrebbe sembrare quasi banale e per nulla accattivante, se non per il fatto che il punto di vista di tutta la vicenda è proprio quello degli aristogatti, che verranno aiutati da Romeo - un gatto randagio - e da altri amici per ritrovare la via di casa e tornare tra le braccia della propria padrona.
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... E l'ultimo progetto approvato da Walt Disney
Ciò che forse contraddistingue Gli Aristogatti rispetto a tutti gli altri Classici Disney (potremmo dire "vincendo a zampe basse") è il fatto di essere l'ultimo lungometraggio ad aver avuto la totale approvazione da parte di Walt Disney e ad essere prodotto e realizzato dopo la morte di quest'ultimo, avvenuta nel 1966. Di fatto, questo progetto rimane l'ultimo ad avere la firma di uno dei maggiori innovatori dell'animazione (anche se pare che Disney avesse già lavorato alle prime stesure del successivo Le avventure di Bianca e Bernie), e conserva quell'atmosfera magica tanto familiare e old fashion che inizierà a cambiare già nei lungometraggi animati successivi.
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Un cast vocale decisamente charmant
Se tutto ciò che è stato detto sopra non dovesse bastare per comprendere appieno quanto questo film sia davvero importante sotto tutti ogni aspetto, ve n'è ancora uno da considerare, ovvero il cast vocale che si è prestato al doppiaggio dei pelosi protagonisti. Basti pensare, infatti, che in lingua originale hanno dato la propria voce attori del calibro di Phil Harris (non nuovo a doppiare un personaggio Disney: celebre la sua performance di Baloo ne Il libro della giungla e, successivamente, di Little John in Robin Hood), Eva Gabor, Sterling Holloway (conosciuto per aver doppiato lo Stregatto), Scatman Crothers e Vito Scotti, rispettivamente doppiatori di Romeo, Duchessa, Groviera, Scat Cat e Peppo.
Tuttavia, il doppiaggio italiano non ha nulla da invidiare a quello originale, poiché Gli Aristogatti è uno dei pochi casi in cui, per quanto ci riguarda, assume quasi più significato e carattere nella nostra lingua, più che in quella originale. Per dare l'idea di quanto appena detto, è sufficiente citare Romeo (er mejo der Colosseo), per noi doppiato dal grande Renzo Montagnani che conferisce a er micione un'identità romana adatta al carattere del personaggio (che in originale si chiama invece Thomas O'Malley ed è di origini irlandesi). Ma non è tutto: perché oltre a Montagnani, hanno preso parte al film anche altri grandi nomi del doppiaggio italiano, tra cui Melina Martello (Duchessa), Oreste Lionello (voce sia del sig. Groviera che del "giovane" avvocato George Hautecourt), Corrado Gaipa (Scat Cat), Emanuela Rossi (Bizet), Riccardo Rossi (Matisse) e Renato Turi (Edgar).
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Nel nome di Maurice Chevalier e Louis Armstrong
Come è stato appena detto, sono tante le voci più o meno conosciute, ma di gran valenza, che hanno partecipato al doppiaggio di questo 20° Classico Disney. Tuttavia, l'unica canzone e l'unica voce che non hanno subito modifiche tra un doppiaggio e l'altro è quella di Maurice Chevalier. L'attore e cantante francese, che in passato aveva lavorato a numerosi film di genere musical e musicale, nel 1970 si era ormai ritirato dalle scene, ma decise di fare un'eccezione proprio per questo film e di cantare la canzone iniziale, The Aristocats, composta dai fratelli Robert B. Sherman e Richard M. Sherman. Oltre a Chevalier, si era fatto anche il nome di un altro artista che aveva rivoluzionato il mondo della musica, ovvero Louis Armstrong: egli, infatti, avrebbe dovuto doppiare Satchmo Cat (divenuto poi Scat Cat), un'occasione poi non realizzatasi a causa dello stato di salute del musicista.
Il jazz che mantiene giovani
Al di là della canzone dei titoli di testa e del breve cenno alla Carmen di Bizet, la colonna sonora de Gli Aristogatti cede al prurito del jazz, un genere di musica che rende il film fine ma sempre così moderno e attuale. In questo lungometraggio è proprio il jazz che riesce a far avvicinare due mondi in apparenza diametralmente opposti, ovvero quello aristocratico da musica d'opera e quello più popolano, fatto di musica jazz, dal ritmo irresistibile. Un incontro che rende possibile un arricchimento culturale e di valore per tutti i protagonisti che, dalla tromba all'arpa, imparano a prendere qualche nota in libertà, a scoprire realtà che si rivelano diverse dalle apparenze, imparando a dare colore a ogni istante e a dare a ogni nota una sonorità. Da cinquant'anni, dunque, il jazz ammalia i nostri piccoli protagonisti, quanto noi: tutti quanti voglion (e vogliamo ancora) fare jazz. Alleluja!