Gli archetipi di Carpenter
Nel film Il signore del male, John Carpenter torna a toccare temi già affrontati in suoi film precedenti, se non rielaborati in periodi più recenti.
Carpenter confeziona un horror dalla struttura classica, con un gruppo di buoni, spaventati ma non in fuga, che si scontrano con un essere maligno. Ma il regista non ama i pericoli ben definiti, quanto il male in sé stesso. E quello che in Halloween - la notte delle streghe era il male assoluto incarnato in una sorta di uomo indistruttibile ed eterno, qui perde qualsiasi connotazione umana o corporea e diventa solamente il Male, un liquido informe pronto a prendere qualsiasi forma. Un male che inquina gli uomini, così come sarà per il virus marziano in Fantasmi da Marte.
Altro aspetto che differenzia l'opera da un banale horror è rappresentato da un particolare presente in moltissimi film carpenteriani. Anche qui, così come in Distretto 13: le brigate della morte o meglio ancora nel già citato Fantasmi da Marte, Carpenter omaggia un genere cinematografico da lui amato, il western, applicandone un archetipo al suo film: l'assalto del fortino. I protagonisti infatti (fra cui Victor Wong, già visto in Grosso guaio a Chinatown, e Donald Pleasence, nella parte del prete) si ritrovano rinchiusi in una vecchia chiesa, sotto l'ombra paurosa del Signore del Male, impossibilitati a fuggire perché la chiesa stessa è circondata da un gruppo di barboni, tra cui spicca in un cammeo il cantante Alice Cooper.
Ma Carpenter osa di più; non solo idea un horror in cui l'arcano e l'oscuro possono essere spiegati facendo riferimento non ad oscure tradizioni, ma alla fisica quantistica, in un ribaltamento di prospettiva mai tentato, ma si getta all'attacco di un vero taboo: la religione. Così come farà poi con il consumismo in Essi vivono, il regista non ha paura di sfidare dottrine e istituzioni profondamente radicati. Ne Il signore del male arriva a dire che la religione è una menzogna, raccontata agli uomini per nascondere loro la terribile verità. E nel finale vedremo il povero prete che si sforza di pregare, cercando di ritrovare una fede che non aveva mai messo in discussione.
Carpenter si rivela ancora un geniale sceneggiatore, anticonformista e pronto a miscelare i generi. La sua regia è all'altezza del suo genio come scrittore, mostrandoci luoghi grigi e fatiscenti, perfetti per incorniciare l'orrore che ci viene mostrato. E riesce perfettamente nel suo intento, perché il film spaventa anche se non si avvale di costosi e raffinati effetti speciali. Tutto questo perché
Carpenter sa quali siano i punti di pressione e sa sfruttare al meglio mezzi e persone. Da notare infatti che la prova degli attori, anche se quasi tutti sconosciuti, è molto buona. Completa il tutto l'ottimo accompagnamento musicale, come al solito composto da Carpenter stesso.