Giurato numero 2, la recensione: un grande film. Oltre ogni ragionevole dubbio

Clint Eastwood e la revisione della giustizia in un legal movie che esplora il senso di innocenza e di colpevolezza. Ottimo cast, a cominciare da Nicholas Hoult e Toni Collette. Al cinema dal 14 novembre.

Nicholas Hoult in Giurato numero 2

Oltre il colpevole, oltre l'innocente. In mezzo, la bilancia della giustizia. Imperfetta, sconnessa, ma anche "l'unica possibile". Clint Eastwood, novantaquattro anni suonati, torna ad esplorare la moralità umana, affiancandosi per toni e colori a Gran Torino e, per certi versi, anche a The Mule. Filmografia altalenante, a volte fin troppo coriacea rispetto ad una malleabilità invece essenziale (ma comunque coerente e ossuta, nel bene ma anche nel male), il regista Born in the USA perciò si rifà ai più classici dei giudiziari per Giurato numero 2.

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Nicholas Hoult è Justin Kemp in Giurato numero 2

Un grande film, e lo scriviamo in apertura di opinione. Un'opera in grado di lavorare per sintesi, andando dritto al punto. Sia dal punto di vista visivo che da quello narrativo. L'essenzialità che solo il miglior storytelling possiede. Sono gli sguardi e sono le parole, infatti, a fare la differenza, modellando una tensione che avanza di azione per azione (e di flashback in flashback), facendoci sentire le stesse emozioni di un protagonista che, per diametro e svolte, somiglia a noi. Generando un brivido di marcata consapevolezza.

Giurato numero 2: la verità dietro un uomo normale

Potremmo essere noi perché il protagonista, Justin Kemp (Nicholas Hoult), giornalista locale e padre di famiglia (una figlia in arrivo), è l'archetipico uomo comune tanto caro a Clint Eastwood. "A normal man", lo chiama, chi comincia a sospettare che i fatti siano più complicati di come sembrano. Viene chiamato per fare parte di una giuria popolare che dovrebbe decidere la colpevolezza o l'innocenza di quello che pare un omicidio intenzionale: l'accusato, con diversi precedenti, è infatti alla sbarra in quanto sospettato di aver ucciso la sua compagna lungo la strada, dopo una litigata in un pub, scaraventando poi il corpo in un fossato.

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Toni Collette e Nicholas Hoult in una scena del film

La dinamica dell'incidente, tuttavia, suscita in Kemp una sorta di... familiarità. La stessa sera, piovosa e nera, ha infatti frequentato proprio quel pub (accarezzando l'idea di tornare a bere), e di ritorno ricorda con convinzione di aver urtato un cervo: la pioggia e la poca luce non hanno aiutato. Il tonfo secco (su cui Eastwood si sofferma, raggelandoci) e la traccia sul paraurti del suo pick-up, del resto, non mentono. Man mano che il caso viene fuori, Justin si rende conto allora che il vero colpevole è lui. In qualche modo dovrà cercare di salvare l'accusato, senza rivelare la propria colposa responsabilità.

La giustizia secondo Clint Eastwood

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Toni Collette è l'avvocato Faith Killebrew

Il dilemma stretto intorno ad un protagonista a cui, il regista, poco a poco toglie spazio e aria. Un gioco di tensione, raffinato e coinvolgente, in cui ci sentiamo necessariamente tirati in causa. La regola dell'uomo comune applicata al cinema: qualcosa che può accadere a tutti. È questa la peculiarità di Giurato numero 2, e più in generale la peculiarità del cinema di Eastwood: un'adiacenza rispetto all'umanità squilibrata e contraddittoria dei propri personaggi. Perciò, se "sono i segreti a farci ammalare", i confini di Justin cominciano a crollare, ritrovandosi in un incubo senza apparente via d'uscita. Se gli occhi di ghiaccio di Hoult (guarda caso, lo stesso colore degli occhi di Eastwood) sono perfetti per esaltare le emozioni del personaggio, a cui ruotano attorno diverse figure in grado di far risuonare la sceneggiatura: la tenera moglie Ally (Zoey Deutch), e poi Faith Killebrew, pubblico ministero interpretata da una grande Toni Collette, tra arringhe e dubbi, fino all'ex detective Harold (J.K. Simmons), anch'esso giurato, e poi l'avvocato Resnick (Chris Messina) che crede fermamente nella parola del suo assistito, ossia James Michael Sythe (Gabriel Basso).

Per quanto possibile, lo script e quindi la regia, alterna al meglio i diversi piani d'ascolto, facendosi marcata accusa al lacunoso sistema giudiziario americano: la giustizia, pietra fondante della Costituzione più spettacolare di tutte, pronta a salvare i colpevoli e condannare gli innocenti. Legal movie disfunzionale, potremmo quasi definirlo, in cui l'innocenza passa attraverso un carico di responsabilità che finisce per fare i conti con quello che verrà definito una "vittima di circostanze terribili". Chiaro infatti (e folgorante, non c'è che dire) lo stimolo del regista, affiancando alla tensione stessa una sottilissima verve umoristica che, di quando in quando, irrompe in scena rendendo il tutto più credibile, e se vogliamo ancora più coeso.

Giurato Numero Due Nicholas Hoult
Una scena del film: in attesa del verdetto

In questo senso, il gioco all'incastro di Clint Eastwood per Giurato numero 2 viene enfatizzato dalla traccia sociale che riflette il concetto stesso di giustizia (e non a caso il film si apre proprio con Iustitia, la dea romana bendata), come avvenuto appunto in Gran Turismo: è la soggettività che traccerà una discolpa solo apparente, oltre la classica definizione di colpevolezza che il regista finisce per ribaltare seguendo un'introspezione livellata che si inserisce negli spazi aperti di un film dal forte ritmo e dal forte riverbero. Perché poi è il tempo che fa la differenza (e Clint lo sa bene), sia nel cinema come (e soprattutto) nella vita. Se "la verità non è giustizia" ma solo un altro punto di vista, quella di Giurato numero 2 è quindi più spaventosa di come appare, nonché diretta conseguenza dell'epoca raccontata da un regista lucido nelle domande che pone, e sempre credibile rispetto alle risposte che suggerisce. Al di là di ogni ragionevole dubbio.

Conclusioni

Clint Eastwood e uno dei suoi migliori film recenti. Giurato numero 2 è un'esperienza narrativa decisamente convincente, capace di porre i giusti dubbi e le giuste domande, aprendo ad una riflessione ampia che affronta le increspature del sistema giudiziario americano. Andando oltre il senso stesso di colpevole o innocente. Grande cast: Nicholas Hoult, perfetto uomo comune, e poi ancora Toni Collette, J.K. Simmons e Chris Messina.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • La scrittura.
  • L'utilizzo degli spazi.
  • La credibilità umana.
  • Il finale.

Cosa non va

  • La parte centrale sembra girare un po' troppo su sé stessa.