È il 2017: la serie Cutting Edge prodotto dal canale britannico Channel 4 ha condotto un esperimento sociale intitolato "Boys Alone" raggruppando in spazi distinti dieci bambini e dieci bambine senza la presenza di adulti, al fine di documentare come i due gruppi si comportassero, e quali atteggiamenti adottassero nei confronti della casa e tra loro stessi. Tra stanze distrutte, cibi ad alto consumo di zucchero e comportamenti aggressivi, il mondo dei maschi si distanzia fortemente da quello delle femmine, le quali cooperavano in maniera paritaria, senza leader, distribuendo compiti e seguendo una dieta salutare. E, come sottolineeremo in questa recensione di Girls State, anche nel documentario disponibile su Apple TV+ abbiamo un universo scolastico dove il polo femminile si distanzia da quello maschile
Con lo scopo di immaginarsi, organizzare e ricostituire uno Stato comandato dal pensiero di giovani donne atte a guardare al futuro superando la discriminazione di genere, l'imparità sessuale e le inadeguatezze di un sistema patriarcale che si prefigge di scegliere anche per il corpo delle donne. Eppure, per quanto il seminario settimanale proposto dallo stato del Missouri viva su un impianto rivoluzionario, sebbene idealista, qualcosa si intromette tra lo spettatore e le vite di queste giovani ragazze. La cinepresa di Jesse Moss e Amanda McBaine insegue a debita distanze giovani menti politicamente attive, decise a concretizzare in maniera pragmatica le proprie idee, senza per questo attivare un processo di affezione tale da avvicinare le loro esistenze, i loro ideali, a quelli dei propri spettatori. Ciò che ne consegue è una campagna elettorale che si perde nel vento, colpendo ma non convincendo, indebolita da balli, canzoni, e una confusione di narrazione che non lascia comprendere appieno l'obiettivo prefissato, e il modo in cui tali ragazze cerchino di cambiare il mondo; perché se è vero che Dio può tutto, e il potere è femmina, questo non si ritrova in Girls State.
Parlare, dibattere, ma non convincere
500 ragazze chiamate a ricostruire un governo dalle fondamenta: c'è chi si candida a presidente, chi al ruolo di avvocato, chi a giudice della corte suprema, Girls State si muove tra queste esistenze, cogliendo ambizioni, sogni, aspirazioni ed elezioni. Eppure, la convinzione di certe ragazze, il senso di gruppo unito sottolineato da balletti e canti più vicini a quelli di un campo scuola, o di un gruppo d'animazione, che di ragazze pronte a confrontarsi in campo politico, estranea e allontana dal tema ultimo e fondante l'opera diretta da Moss e McBaine. C'è la voglia di farcela, il sapore amaro della sconfitta, e quello dolce della vittoria; c'è l'impegno di far valere le proprie opinioni senza sminuire quello delle altre; c'è tanto e fin troppo in Girls State. La voglia di mostrare quanto il senso democratico e di uguaglianza viva sottopelle nel costrutto femminile, rischia di sviare l'interesse del pubblico, conducendolo in un fuori pista aperto su un vuoto narrativo in cui è facile cadere.
Campagne che promettono, ma che forse non realizzano
Parlano le ragazze di Girls State, forse fin troppo; ognuna di loro si pone davanti alla cinepresa con estrema sicumera, o dolce sensibilità. Ma da quelle parole lasciate volare nello spazio di un auditorium, poco o nulla si imprime nella mente dello spettatore. Siamo ammaliati dalla loro forza di volontà, dal desiderio di cambiare il mondo, di scuotere la mentalità di una società fin troppo ossidata su pregiudizi e valori sorpassati; eppure, non comprendiamo come queste ragazze tentino di concretizzare la loro aspirazione rivoluzionaria. Non è forse questa la paura più grande di un elettore? Ossia quella di ritrovarsi davanti a un fiume di parole senza che questo sfoci in un porto sicuro, reale, e soprattutto realizzabile? Il senso di unione, di ascolto, e di reciproca comprensione sono elementi che vivono nell'opera di Moss e McBraine; è un qualcosa che è facilmente reperibile e recepibile, utile a sottolineare il modus operandi di un'eventuale realtà governata dalla forza femminile, ma che vaga sola e senza meta se non supportata dalla spiegazione ultima di come tali idee prendono forma concreta. Capiamo cosa le ragazze propongano, le loro idee, ma non i mezzi e gli strumenti con cui realizzare questo impianto idealistico, che rischia di rimanere tale, colto e bloccato nella sua astrattezza.
Differenze suggerite, ma mai mostrate
Quello delle donne è un modo di pensare, agire, lavorare differente da quello maschile. È un sottotesto che lo stesso Girls State lascia intendere nello spazio di non detti e articoli redatti da una delle sue protagoniste. Ma per comprendere le differenze, afferrarle e captarle nei loro diversi metodi di approccio, tra promesse da mantenere, speranze e disillusioni, bisogna ritrovarsi di fronte a tali divergenze; concentrarsi solo su uno spunto pecca così di totale obiettività. Sebbene Girls State sia l''erede legittimo del precedente Boys State, sarebbe stato più intenso e immersivo se ad affiancare l'operato delle giovani ragazze immortalate da Moss e McBraine vi sia stata anche la sua controparte maschile.
Solo così sarebbe stato possibile comprendere i diversi metodi di avvicinamento e di risposta a un contesto come quello contemporaneo, caratterizzato da una polarizzazione politica estrema, perennemente in lotta e contrasto su urgenze socioculturali legate alla razza e all'uguaglianza di genere nella democrazia rappresentativa. È una campagna politica visivamente coinvolgente, rischiarata da una fotografia brillante e trascinata da quella speranza tipicamente giovanile di chi aspira a cambiare il mondo, Girls State; ma tutto si ferma alla superficie, al potere della parola, dei manifesti, delle strategie di voto, senza che nulla si concretizzi, convinca, o faccia capire in che modo uno stato governato da donne sia più funzionale rispetto a quello degli uomini. Peccato, perché la partenza era promettente, ma le promesse non bastano, e la politica ce l'ha fin troppo dimostrato negli anni, tanto in America, quanto nel resto del Mondo.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Girls State sottolineando come il documentario disponibile su Apple TV+ non riesca a coinvolgere pienamente il proprio spettatore, perché incapace a puntare sul modo e gli strumenti con cui le proprie protagoniste, al di là delle parole, delle promesse, e del senso di unione, possano realizzare le proprie idee e costruire uno stato del tutto al femminile.
Perché ci piace
- L'idea alla base del documentario.
- La voglia di cambiare il mondo ed eliminare le differenze di genere a opera delle. sue giovani protagoniste.
Cosa non va
- La mancanza della controparte maschile così da comprendere pienamente la forza dell'operato delle proprie protagoniste.
- Il senso estremo di patriottismo.
- I troppi elementi portati sullo schermo, e l'incapacità di dar loro ordine
- La mancata descrizione di come le idee avanzate dalle protagoniste possano concretizzarsi