Siamo nella Golden Age delle serie TV, lo abbiamo capito ormai da tempo godendocene i benefici ma subendone, a tratti, le impegnative conseguenze, ovvero un proliferare, a volte eccessivo e incontrollato, di produzioni di ogni tipo alle quali è difficile star dietro. Viene da sé che l'aumento degli show prodotti porti a dover saccheggiare ogni ambito per avere idee, spunti e materiale da poter accostare alle sempre più rare idee originali e da poter raccontare al grande pubblico nel formato di ampio respiro che una produzione seriale garantisce.
L'ultimo spunto trovato da Netflix, per la commedia che andrà in catalogo dal 21 aprile e della quale abbiamo potuto guardare i primi quattro episodi, è l'autobiografia di Sophia Amoruso, #Girlboss, pubblicata nel 2014, nella quale la donna d'affari americana racconta come ha costruito il proprio impero, da giovane ribelle alla fondazione di quella che è stata definita una delle aziende con la crescita più rapida. La serie Netflix porta lo stesso titolo del libro della Amoruso, Girlboss ma senza l'hashtag, vanta tra le produttrice la star Charlize Theron e promette sin dalla didascalia iniziale di ispirarsi a fatti reali in modo molto libero.
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Nascita di una donna d'affari
Non è però la diva Theron ad interpretare la giovane Sophia Amoruso in Girlboss, è invece Britt Robertson che della futura donna d'affari fa un ritratto brioso e tagliente: ragazza ribelle, dedita ad ogni tipo di sotterfugio per sbarcare il lunario, Sophia ha solo 22 anni quando crea il proprio negozio su eBay con il nome di Nasty Girl Vintage, attraverso il quale vendere abiti vintage, appunto, trovati a prezzo d'occasione in giro per negozietti. Siamo nel 2006 e la serie Netflix racconta questa storia sin dal principio, dalla prima giacca anni '70 acquistata a 9 dollari tirando sul prezzo (e rinfacciando al proprietario l'ingenuità e incompetenza nello svendere un prodotto originale in buono stato) e rivenduta a diverse centinaia, mettendo in scena le difficoltà della Amoruso in quel periodo, la necessità di soldi per un intervento chirurgico per un'ernia ed i contrasti con un padre che vorrebbe qualcosa di più, o semplicemente di diverso, per la figlia.
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L'impronta da commedia
È evidente da subito il tono da commedia che il Girlboss di Netflix vuol dare alla storia di Sophia Amoruso, che anche nella sua biografia non rinuncia ad un tono molto vivace e leggero per raccontare le sue (dis)avventure e riflessioni sull'essere il boss di sé stessa. Ancora più evidente guardando chi sia l'autrice e showrunner della versione seriale, ovvero Kay Cannon, già produttrice e scrittrice per 30 Rock, autrice per New Girl e sceneggiatrice di Voices ed i suoi seguiti. Nel raccontare le imprese della Amoruso, la Cannon sfrutta gli eccessi surreali delle situazioni in cui si ritrova la futura CEO di Nasty Girl, procedendo nella costruzione della sua Girlboss di episodio in episodio, dall'acquisto alla vendita della già citata prima giacca, alla scelta del nome da dare al proprio negozio online, al resoconto adrenalinico e divertente di una consegna per evitare una recensione negativa, diretto con abile uso di un flashforward iniziale e scansione temporale della giornata precedente alla deadline definitiva.
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La Sophia di Netflix
Come detto, la Sophia Amoruso della serie Netflix è interpretata da Britt Robertson che riesce a rendere sia la parte più brillante e scanzonata del personaggio, sia quella più dura, furba e calcolatrice, risultando una scelta credibile ed efficace. Ma nel cast appare (poco, sfortunatamente, nei primi episodi) anche un ottimo Dean Norris nel ruolo del padre della protagonista, del quale speriamo di vedere di più negli episodi successivi di una prima stagione che ne conta tredici in totale. Il tutto raccontato con brio e ritmo, sostenuto da una selezione musicale adeguata a raccontare un periodo che si colloca una decina d'anni fa, che la Cannon rende reale e vivo grazie a rimandi alla cultura popolare e l'attualità, come per esempio un momento cult della serie The O.C. che non riveliamo per evitare spoiler (lasciamo che sia Girlboss a spoilerare quando la guarderete).
Movieplayer.it
3.5/5