Ex attore feticcio di Spike Lee e personaggio incredibilmente cosmopolita (nato a Copenaghen da una cantante d'opera e un carpentiere napoletano e cresciuto a Manhattan), l'affascinante Giancarlo Esposito, dopo essere stato l'indimenticabile Gustavo Fring di Breaking Bad, è diventato negli ultimi tempi una sorta di "jolly" dalle parti di Netflix: è infatti interprete di The Get Down, voce narrante in Dear White People, e ha ripreso il ruolo di Gus nello spin-off di Breaking Bad Better Call Saul.
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E naturalmente è uno dei membri più prestigiosi del vasto cast di Okja, il nuovo film del visionario regista coreano Bong Joon-ho che approda sulla piattaforma streaming dopo un chiacchieratissimo passaggio in competizione al Festival di Cannes. Ed è soprattutto di Okja che abbiamo parlato con in una splendida mattinata romana, per una conversazione in cui ci ha dato un'idea del suo spessore come uomo e come artista.
Okja e il mondo che verrà
So che lei è una persona con una coscienza sociale e ambientale, ma partecipare a Okja ha contribuito in qualche modo a farla riflettere sul suo stile di vita o sul suo atteggiamento nei confronti degli animali?
Certo, è una cosa bellissima poter lavorare a progetti a misura di un grande pubblico che allo stesso tempo rispecchiano le cose in cui credi. Secondo, fa una differenza sapere da dove arriva quello che si porta in tavola: una volta si chiamavano macelli e che ora chiamiamo "meat plant", impianti di produzione della carne, in nome di una mistificazione che serve a "proteggerci" dal pensiero del sangue e della violenza. Io sono vegano, e prima sono stato a lungo vegetariano, però capisco benissimo che agli altri piaccia mangiare la carne, e soprattutto capisco che in certe aree del mondo, dove gli inverni rigidi fanno sì che non siano possibili coltivazioni, è indispensabile sacrificare gli animali per poter sopravvivere.
In quanto società moderna, però, noi abbiamo smesso di chiederci da dove arriva il cibo che consumiamo; e in questo senso Okja propone un quadro davvero illuminante del nostro futuro. Non abbiamo idea della scarsità di risorse alimentari che c'è davvero nel mondo, e invece è importante essere a conoscenza perché noi siamo i fortunati, noi andiamo al supermercato e acquistiamo il nostro cibo impacchettato, dall'aspetto delizioso e pronto a essere consumato. Difficilmente ci chiediamo come sia arrivato lì. Viaggiando in Africa, magari in certe aree del Sudan dove la gente muore di fame, ci si rende conto di quanto sia necessario intervenire per provvedere alle esigenze di tutti. Okja immagina un futuro in cui, per venire incontro al problema della sovrappopolazione e della carenza di cibo, una potente multinazionale crea un alimento che non è reale, che non esiste in natura e quindi è potenzialmente pericoloso. Il residuo chimico è dannoso per il nostro organismo e non c'è da stupirsi dell'aumento dei casi di tumore se il cibo non è naturale.
Uno degli aspetti più belli di Okja è la naturalezza del suo fluido multiculturalismo, il contrasto tra le verdi valli coreane e le metropoli americane fa sembrare il mondo davvero piccolo: secondo lei queste caratteristiche ne fanno un film che può colpire l'immaginario in Europa e in USA come nel resto del mondo?
Assolutamente sì, ti porta in un vero e proprio viaggio intorno al mondo. Io adoro in particolare le sequenze iniziali del film con la piccola Mija e la creatura, in cui viene ritratto un ambiente che molti di noi non hanno mai nella vita l'occasione di esplorare. Che posto meraviglioso in cui vivere, spero che un giorno tocchi anche a me! La verità è che abbiamo bisogno di meno di quanto pensiamo. Abbiamo bisogno di frequentare la natura che ci mantiene vivi, gli alberi e le piante che ci danno l'aria da respirare, che ci permettono di conoscere un mondo con cui abbiamo sempre avuto un legame che abbiamo finito per ignorare e trascurare fino a perderlo. Io amo stare all'aperto, mi piace sciare, andare in bicicletta e stare in montagna perché mi restituisce il silenzio e la pace. Ci sono persone a cui tutto questo non è familiare perché sono sempre vissute in una grande città. Quindi sì mi piace moltissimo l'aspetto multiculturale del film, la combinazione che Bong ha creato in Okja per via del contrasto che diventa evidente quando dalle campagne coreane Mija e Okja arrivano in una metropoli così incredibilmente spietata, e da spettatore ti trovi a decidere da che parte stare in questa bellissima storia.
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Benefattori dello spirito
Conosceva bene il cinema di Bong Joon-ho prima di essere coinvolto in Okja? Qual è stato il suo primo approccio con il regista?
Quando ho ricevuto la proposta di incontrarlo non conoscevo il suo lavoro, anche se avevo sentito parlare di lui: mi è stato chiesto questo colloquio e sapevo che l'avrei incontrato presto quindi decisi di vedere il suo Snowpiercer. Lo trovai straordinario. Sono una persona che ha una certa consapevolezza del sistema classista e delle implicazioni della gerarchia alla base della nostra società: ci sono quelli che hanno, e quelli che non hanno, con questi ultimi che sognano di entrare nell'altra categoria. Dove ci porta questo come esseri umani? Il sistema di caste è una cosa orribile, inaccettabile e tu lo puoi sentire; quando siedi a un tavolo con persone che hanno risorse illimitate, i ricchi tra i ricchi, percepisci che non c'è niente che non possano fare. E parlo di persone che per formazione e sentimenti sono democratici e vogliono provare a cambiare il mondo. Sono pensatori e sono politicamente attivi, ma la loro spiritualità dov'è? Vivono una vita molto lontana dalla realtà, e possono avere qualsiasi cosa desiderino, e quindi si occupano delle "cause" a cui sono così appassionati. E si sentono bene con sé stessi perché fanno delle donazioni per quelle cause, ma come la mettiamo con il loro modo di vivere? Non avrebbe più senso donare il loro tempo, l'essenza del loro spirito? Andare dove c'è bisogno, fare qualcosa in prima persona, non limitarsi a pensare a come la politica potrebbe cambiare il mondo. È l'azione, è la nostra presenza che cambia il mondo. Andare un villaggio africano, stare con la sua gente, trasformare un capanno di fango in una scuola. Queste sono le cose che non solo danno soddisfazione personale, ma contribuiscono concretamente a cambiare qualcosa. La politica è un affare, la politica è denaro, come dimostrano le manovre della corporation in Okja. Credo che Bong sia un genio perché è riuscito a riunire queste molteplici visioni, ci sono tre film in uno in Okja, ed è un'esperienza che ci impone di riflettere e decidere da che parte stare.
A questo punto ci vuole raccontare qualcosa di come lei dà il suo contributo per cambiare il mondo?
Io vivo a Austin, Texas, e con un paio di fantastiche registe e un gruppo di incredibili cineasti e attori (c'è anche David Lynch ovviamente, ndR) abbiamo lavorato a un progetto che si chiama On Meditation, è un documentario che si può vedere on line e parla di come calmare il tuo spirito per migliorare la tua presenza e il tuo impatto sul mondo, e la connessione con gli altri esseri umani.
Nell'ambito del progetto a me è stato chiesto di andare in una scuola di Brooklyn dove ho presentato un programma di consapevolezza indirizzato ai ragazzi problematici e a rischio per insegnare loro a respirare, a chiudere gli occhi, e ad esplorare la propria identità. La puoi definire meditazione, io la chiamo consapevolezza ("mindfulness"), è la ricerca di uno spazio sicuro e tranquillo all'interno di se stessi per scoprire chi siamo davvero, oltre le parole, oltre l'intrattenimento, oltre l'immagine e la rappresentazione che condizionano soprattutto i ragazzi. Sono due anni che presento questo programma e in seguito a questa cosa la scuola ha creato una "yoga room", una sala del silenzio, un spazio per ascoltarsi e ritrovarsi. Questa è una delle cose in cui profondo il mio impegno e il mio tempo, e mi trovo anche a parlare di me e della mia vita, del buono, del cattivo e del brutto di me, così da mostrare ai ragazzi come trovare risorse che sembrano inaccessibili e avere successo nella vita.
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Le ragioni di Frank Dawson, e un pensiero per Gus Fring
Con Vince Gilligan e il personaggio di Gustavo Fring lei ha dovuto immaginare un passato, un percorso, un'ascesa. Cosa immagina nel passato del suo personaggio di Okja, Frank Dawson? Immagino che impersonare qualcuno che avversa una bambina innamorata del suo supermaiale possa essere più difficile che fronteggiare Walter White!
Tra tutti i personaggi negativi di Okja, credo che Frank sia il più controllato e rilassato; rappresenta la vecchia guarda corporativa e lavora al fianco delle sorelle Mirando dopo aver lavorato col loro padre. Questo fa di lui il legame con il passato, il passato oscuro del creatore/visionario di questo impero economico. Frank ha i suoi obiettivi che sono legati a quel passato; lui mira a rendere la compagnia economicamente sana e produttiva e potente. Ha messo Lucy dov'è per incarnare il nuovo volto della compagnia e cercare di modificare la visione generale della Mirando come un'entità che cerca solo il profitto convincendo il pubblico che invece ha a cuore la povera gente. E creare cibo geneticamente modificato per sfamare le popolazioni in difficoltà può essere visto come una buona cosa, ma bisogna chiamare le cose con il loro nome. Si inganna la gente per non fare uno sforzo più grande, tecnologico ed economico, per produrre cibo più naturale. Una delle ragioni per cui vengo spesso in Italia è che qui il cibo è più naturale, si usa meno la refrigerazione e ci sono mercati ortofrutticoli dovunque, ogni giorno. Per lo più però viviamo senza sapere da dove arriva il nostro cibo, molti mangiano cibo confezionato pieno di agenti chimici e povero di nutrienti. Questo si manifesta nel nostro organismo ed ecco varie forme di tumore che vengono curate coi farmaci - altri agenti chimici! È una follia, e credo che Okja offra molti spunti per riflettere su queste cose. Ma Frank Dawson è un uomo della compagnia, per lui c'è il profitto e basta, ma quanto guardiamo a grandi compagnie come la Monsanto non sappiamo davvero chi c'è dietro, chi c'è nel consiglio di amministrazione? Le compagnie e le multinazionali sono fatte di persone, come i governi; siamo persone anche noi e non dobbiamo gettare la spugna e dire "non possiamo combatterli, sono troppo forti per noi", lasciando campo libero a questi mostri senza volto. Dobbiamo fare la nostra parte per creare un mondo più pulito e luminoso.
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Una domanda per i tanti fan di Breaking Bad e Better Call Saul tra i nostri lettori ce la conceda: quali sono le ragioni, secondo lei, per cui questo personaggio è così amato dal pubblico?
A un certo punto della stagione 4 di Breaking Bad, so di per certo che un sacco di gente voleva vedere Gus trionfare su Walter White. Credo di aver creato un personaggio che possedeva una certa umanità. Non era un cittadino modello, ma aveva integrità; incontrandolo si percepiva la sua attenzione, il suo interesse per i clienti di Los pollos hermanos; si preoccupa del cibo che viene servito nel suo ristorante, cerca di ottenere l'eccellenza. E questa è una cosa che colpisce in un mondo in cui nessuno sembra preoccuparsi dell'inegrità dei prodotti che utilizziamo, incluso il cibo. Così si inizia ad apprezzare Gus, e anche il modo in cui gestisce il resto del suo business: ingaggia i chimici migliori, li mette in condizione di imparare, li tratta bene, è dotato insomma di una strana integrità e morale, si capisce che non è il solito villain, e per questo la gente lo ama!
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