L'occasione è di quelle imperdibili: George Lucas a Cannes 2024 protagonista di una lunga masterclass sulla sua carriera. Sono anni che il regista, sceneggiatore e produttore non fa interviste e ora invece, volato sulla Croisette per ricevere la Palma d'oro onoraria alla carriera (la seconda di questa edizione, dopo quella data in apertura di festival a Meryl Streep), questa volta ha parlato per un'ora e mezza.
In una sala Debussy tutta esaurita, il rendez-vous con George Lucas è diventato l'occasione per parlare a lungo del suo lavoro nel mondo del cinema. Come ha ricordato la clip iniziale che ha preceduto l'ingresso di Lucas, l'autore non ha soltanto creato Star Wars, la saga più famosa e redditizia di sempre, ma ha anche scritto e prodotto diversi altri film leggendari, come Indiana Jones, Willow, Labyrinth - Dove tutto è possibile.
I primi passi di Lucas sono avvenuti in un momento magico: i suoi amici erano Steven Spielberg, Francis Ford Coppola, Brian De Palma. Insieme hanno dato una svolta a Hollywood con le loro idee e la collaborazione. Dalla scoperta della fotografia, Lucas è poi passato al cinema: da ragazzo non pensava che si potesse fare una scuola per imparare a fare film. E invece è successo. Fondamentale la sua passione per la tecnologia: con il proprio lavoro ha infatti dato il la a una nuova generazione di cineasti attentissimi anche a questo aspetto del lavoro.
La Nuova Hollywood e il primo film: THX1138
L'inizio della Nuova Hollywood si deve anche al lavoro di Lucas, dicevamo. Il regista ha rievocato quegli inizi, quando lui, amico di Coppola, era appena uscito dalla scuola di cinema e pensava a quale sarebbe stato il suo primo progetto: "All'epoca io e Francis pensavamo a come fare film, non a fare soldi con i film. Amavamo davvero il cinema, anche se non sapevamo ancora molto su cosa volesse dire. Quello era un periodo particolare per Hollywood. Chi aveva fondato gli Studios andava in pensione e le grandi compagnie come la Coca-Cola li compravano. C'era bisogno di un ricambio generazionale e quindi cominciarono ad assumere giovani diplomati alle scuole di cinema. Credevano che sapessimo cosa stavamo facendo".
American Graffiti, 50 anni dopo: quando George Lucas, prima di Star Wars, guardava al passato
E il primo film di George Lucas poi però è arrivato, nel 1971: "Andammo insieme a San Francisco, fondammo una compagnia di produzione e girammo THX1138 (in Italia uscito con il titolo L'uomo che fuggì dal futuro). Fu un fallimento commerciale: i finanziatori rivolevano i soldi!".
American Graffiti
E proprio a Cannes Lucas ha firmato il contratto per il suo secondo film, American Graffiti (1972): "Mi ricordo bene quella Cannes, pioveva a dirotto. Eravamo veramente due pesci fuor d'acqua, io e Francis. All'epoca lui mi disse di non fare n film di fantascienza autoriale, ma di pensare a qualcosa che potesse vendere, come lui, che stava preparando una cosa sugli italiani per cui pagavano bene. Mi ha sfidato a fare una commedia. E io ho scritto American Graffiti".
L'idea del film viene dalla passione del regista per le auto e la velocità: "La mia ossessione per le automobili risale ai tempi del liceo: ero affascinato dalla loro velocità, dal movimento. Amavo le auto da corsa. Per qualche tempo ho sognato di diventare un pilota, ma non ci ero proprio portato, per cui sono tornato a concentrarmi sulla fotografia. Anni dopo, dopo il mio divorzio, dopo essere diventato un padre single di 3 figli ho continuato a sentire il richiamo delle corse. Mi ha fermato soltanto la disperazione delle persone che avevo intorno, preoccupate che morissi in un incidente".
All'inizio però nessuno voleva produrre American Graffiti: "Proposi a tutti American Graffiti, sulla spinta di Easy Rider. Girai gli Studios per anni, fino a quando, dopo tantissimi no, Universal mi disse: forse. Francis lo spinse come un film per giovani. Alla fine riuscii a ottenere un mese di riprese e 150mila dollari. A riprese finite però dovemmo lottare: quando mostrammo il montaggio finale, Universal ci disse che non era all'altezza della distribuzione cinematografica. Volevano mandarlo in televisione. Alla fine riuscimmo a ottenere un'uscita in sala, ma ci diedero una data da suicidio, in bassissima stagione. Agosto, solo in 42 sale. E invece il successo di American Graffiti fu strepitoso: rimase in sala per oltre un anno, incassando più di 100 milioni di dollari. E lo studio pensava di non ricavarci niente!".
La nascita di Star Wars
E proprio grazie al grande successo commerciale di American Graffiti è nato Star Wars: "All'improvviso ero il nome più caldo di Hollywood, mi volevano tutti. Io stavo scrivendo Star Wars e non volevo ripetere gli stessi errori. Volevo poter godere del successo dei miei film. Quindi sono andato dall'avvocato e gli ho detto: scrivimi un contratto. A ispirarmi sono stati il Comic-Con e le convention di Star Trek. Ottenni una percentuale sulle vendite di magliette, giocattoli, merchandise. I soldi si fanno con i gadget, con i diritti delle colonne sonore, no? Il piano era di avere un successo tale da garantirmi un sequel, perché il lo script era talmente lungo e complesso che avrebbe richiesto più film. Quindi, con una piccola squadra, ho cominciato a girare le fiere, a vendere il merchandise ancora prima di finire il film. Quando poi uscì nelle sale c'erano già fan con le magliette. Gli Studios all'epoca non capirono il potere del licensing: io sì.".
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Per chi si chiede se oggi sarebbe possibile fare una cosa del genere Lucas dice: "Sono dieci anni che mi sono ritirato, quindi non saprei. Però posso dire he c'è sempre un momento in cui, per qualche motivo, gli Studios sono pronti a ricoprirti di soldi. È successo anche all'inizio dell'era dello streaming. Alla scuola di cinema ti insegnano come prima cosa che non si fanno i soldi. Mai. I soldi si perdono, quindi è meglio non investire nei propri progetti. Io però penso che per fare film ci voglia davvero soltanto una qualità: persistere, persistere".
Le versioni ritoccate di Star Wars
Nonostante abbia creato un universo che per molti è come una religione, a Lucas si rimprovera spesso di aver ritoccato la trilogia di Star Wars rovinando la magia della versione originale. Ne ha parlato a Cannes: "Non credo nel perfezionismo. Per finire Star Wars ho dovuto fare pace con un sacco di difetti e imperfezioni. All'epoca solo se eri Kubrick potevi ottenere di girare fino alla perfezione prima di arrivare in sala. Con l'avvento degli effetti visivi per me si è cominciata un'era entusiasmante. Mi hanno permesso di tornare indietro, di sistemare cose che magari il pubblico non vede, ma che per me erano come dei nei, delle macchie sullo schermo".
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Tanti fan chiedono la pubblicazione dei blu-ray delle versioni originali di Star Wars senza ritocchi: "Su insistenza dei fan l'abbiamo fatto, in laser disk, e il commento più diffuso è stato: ma sono tremendi. E io ho pensato: lo so! Le versioni ritoccate mi hanno permesso di finirli come avrei voluto fare all'epoca, ma non sono riuscito. C'erano problemi di continuity, l'aspetto di Jabba era un enorme compromesso. Non li ho fatti brutti intenzionalmente, come pensano alcuni. Anzi, ho pagato 6 milioni di dollari a film per permettervi di vedere come erano, per capire cosa non andava. Alla luce del progresso tecnologico, io credo fermamente che un regista debba avere la possibilità di realizzare il film così come ha immaginato, se ha la possibilità di farlo".
Star Wars: la colonna sonora di John Williams
Il grande successo di Star Wars è un'unione felice di diversi elementi, dalle spade laser a Yoda, ma una componente fondamentale è senza dubbio la colonna sonora di John Williams. Lucas ha rievocato la prima volta che l'ha sentita: "Star Wars era pensato come un film degli anni '40. Mi dissero che avrei potuto avere una colonna sonora rock, visto che andava di moda all'epoca. Ma dissi fermamente di no. Volevo che ogni personaggio avesse un tema, come nelle composizioni di musica classica. Quando si cominciò a parlare della colonna sonora, Steven (Spielberg) mi fece il nome di John Williams. Lo ascoltai, ma ero scettico, perché sapevo che era un compositore che veniva dal jazz. Andai ad ascoltare dove la stavano registrando. Girammo il film a Londra: la colonna sonora venne suonata agli studi di Abbey Road. Quando la sentii suonata da un'orchestra rimasi sconvolto. Era esattamente quello che volevo".