Possiamo considerare simbolica la presenza di Napoli sullo sfondo dalla terrazza in cui si è tenuta la conferenza di presentazione di Generazione 56k, la serie Netflix in collaborazione con i The Jackal. Simbolica perché la napoletanità è un punto centrale dell'opera del gruppo, forse il vero filo conduttore di un lavoro che dal web è passato al grande schermo e ora alla serialità. Anche di questo abbiamo parlato nella nostra intervista a Fru e Fabio, ma l'incontro stampa ci ha permesso di approfondire la serie in quanto tale, i suoi temi e i suoi personaggi: si tratta infatti di una commedia romantica che spazia tra passato e presente, tra il 1998 e un oggi così diverso. Al centro c'è la storia d'amore tra Daniel e Matilda, nata fuori tempo, sviluppatasi a distanza di tanti anni.
Un romanzo fallito, una serie riuscita
Ma come è nata l'idea per Generazione 56K? Ce lo spiega l'ideatore e regista dei primi quattro episodi, Francesco Ebbasta: "nasce come romanzo, prima di rendermi conto di non essere in grado di scriverne uno" ha spiegato, scherzando su come "ci siamo risparmiati un brutto romanzo" e spiegando come l'idea sia venuta a un matrimonio d'estate, dalla confessione fattagli dallo sposo di essere felice con la moglie, ma di avere un dubbio: erano cresciuti nello stesso paesino e si chiedeva se ci fosse stato qualcun altro di più adatto a lui là fuori. Francesco Ebbasta ci ha rassicurato sulla coppia, ancora felicemente sposata, ma quella conversazione ha seminato uno spunto che si è sviluppato col tempo.
C'era poi il discorso relativo a internet da sviluppare, il ragionare sulla "generazione a cavallo tra il prima e il dopo" questa rivoluzione che è state tecnologica e anche culturale. Viviamo bombardati di possibilità, tra incapacità di scegliere e paura di perdere qualcosa. Per questo è difficile "scoprire quello che davvero ci fa stare bene in mezzo a questo infinito mare di possibilità." Un ragionamento incarnato sia da Daniel che da Matilda, come spiega lo sceneggiatore Davide Orsini: "siamo partiti dal personaggio di Daniel, uno che aveva questo mare di possibilità intorno, ma cercava qualcosa di genuino. L'abbiamo fatto incontrare con Matilda, che crede di aver capito cosa desidera, ma è costretta a mettere tutto in discussione dopo l'incontro con qualcuno dal suo passato."
Tra passato e presente
"Le persone che si amano sono protagonisti e antagonisti della loro storia a seconda di come la guardiamo" ha spiegato ancora Orsini parlando della struttura del racconto, "ci piaceva l'idea di passare da una parte all'altra della storia." I due binari sono stati "una sfida vincente, come tutto il progetto" secondo Alessio Maria Federici, regista degli ultimi quattro episodi della stagione, felice dell'esperienza che gli ha permesso di fare un salto nel passato, "una cosa che non mi aspettavo di fare già a 45 anni." Da 1998 al presente c'è stata continuità narrativa, se non per "una palette pastello per il passato" e le storie dei protagonisti da bambini.
Una porzione di storia per cui si è scelta Procida, per "l'intenzione di raccontare un centro piccolo, che potesse rendere l'idea di una piccola comunità, chiusa ma vicina alla grande città." Si è cercato un luogo che fosse rimasto "isolato e legato al passato", un luogo da cui era possibile vedere Napoli, ma facendola apparire "lontana nell'ottica dei bambini." Per il presente si è cercato di inserire modernità in un contesto old style, mostrando "una Napoli diversa da quella che siamo abituati a vedere."
Daniel, Matilda e gli altri
Tutto ruota però attorno ai personaggi, che dimostrano una chimica riuscita. "Si è creato un rapporto di fiducia e stima, ci siamo affidati all'altro, ci aiutavamo a vicenda" ha spiegato Cristina Cappelli, interprete di Matilda, ma il collega Angelo Spagnoletti, che dà vita a Daniel, ha aggiunto che "quando due personaggi sono scritti bene e hai la linea narrativa chiara è anche più facile creare una relazione tra gli attori." Due personaggi diversi tra loro, ma complementari: "Daniel si pone delle domande e cerca di scoprire le armi che possono fargli raggiungere l'obiettivo" ha spiegato Spagnoletti, mentre secondo la Cappelli "Matilda è piena di conflitti. Da piccola ci viene presentata come una ragazzina coraggiosa, impulsiva, che rischia, ma con una situazione familiare delicata che la segna. Da grande pensa di sapere ciò che vuole e dove vuole andare, ma l'incontro con Daniel stravolge il suo percorso e deve ritrovare quella parte di sé che ha dovuto censurare per non farsi del male."
Gianluca Fru e Fabio Balsamo sono gli amici di Daniel, diversi tra loro e perfetti per completare il quadro. "Luca mantiene ancora quella mancanza di filtri che aveva anche da bambino, è l'unico dei tre che non è del tutto cresciuto" ha dichiarato Fru, mentre per Fabio il suo Sandro è "l'unico ad aver trovato una sua strada e per questo il più strano del gruppo. La normalità che diventa anomalia." Claudia Tranchese è invece Ines, miglior amica di Matilda, che "si sente un passo avanti, non per superiorità, ma per maturità. È quella che da grande si sposa e ha una famiglia, ma mi piace pensare che sotto questo aspetto sicuro c'era una sorta di ammirazione per l'amica diversa che ha il coraggio di seguire le sue emozioni."
Nostalgia della lentezza
Si è partiti dalla voglia di raccontare una generazione, "la scoperta di internet durante l'adolescenza", ma cosa manca a cast e autori degli anni '90? "Mi manca la lentezza che c'era" ha detto Angelo Spagnoletti, "un approccio meno veloce e immediato. Si è perso il rispetto dell'altro e dei tempi dell'altro ed è diventata una società incentrata su noi stessi." Lo conferma la Cappelli, secondo la quale "ora è tutto apparentemente più facile, tutto sembra più semplice e accessibile mentre prima bisognava essere molto più creativi per avere quello che si voleva." A Fabio Balsamo invece "manca la privacy. Mi manca aspettare di tornare a scuola per raccontare come erano andate le vacanze. Ora so tutto di tutti e non mi interessa più niente."
Sulla stessa lunghezza d'onda anche Claudia Tranchese: "mi manca il fatto di tornare a casa ed elemosinare almeno mezz'ora per stare su MSN. Già il fatto di connettermi, il suono del modem, creava un'adrenalina che oggi sono perdute." È d'accordo con lei Francesco Ebbasta: "Prima era tutto legato a una scrivania. Dovevi tornare a casa, accendere il computer e connetterti. Oggi è il mondo a inseguirti." È rimasto fuori da questa riflessione Fru, che non ha mancato di commentare con la sua inconfondibile ironia: "Sono nato a fine '95, non ho vissuto quella generazione. Posso dire che mi manca che mi cambiavano i pannolini!"