Nell'arco di una carriera che dura ormai da quasi quarant'anni, e che comprende in totale una settantina di pellicole, Gary Oldman è passato attraverso un'incredibile varietà di ruoli. Refrattario alle logiche dello show business hollywoodiano, e consapevole di non essere troppo adatto alle parti da tipico leading man ed eroe positivo, l'attore londinese si è costruito ciò nonostante una filmografia invidiabile, affidandosi all'istinto e legando spesso la propria immagine a personaggi oscuri ed ambigui.
E oggi, alla soglia dei sessant'anni (li compirà il prossimo 21 marzo), Gary Oldman è di nuovo sulla cresta dell'onda grazie a uno di quei progetti che costituiscono la "ciliegina sulla torta" nel percorso di un attore: L'ora più buia, il dramma storico diretto da Joe Wright e incentrato sui primi giorni di Governo del Premier britannico Winston Churchill, subito dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Accanto a Kristin Scott Thomas (nei panni di Clementine Churchill), Lily James e Ben Mendelsohn, Oldman si immerge dunque in una delle icone della storia britannica in un film che sta raccogliendo un vasto successo di pubblico negli Stati Uniti (oltre quattro milioni di spettatori nei primi due mesi) e che da giovedì è approdato anche nelle sale italiane.
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Dall'esordio con Mike Leigh a Hogwarts e Gotham City
Attivo dal 1979 sui palcoscenici britannici, a venticinque anni Gary Oldman ottiene il suo primo ruolo di rilievo in un film: si tratta di Meantime, produzione televisiva diretta da Mike Leigh, sulla vita quotidiana di una famiglia della working class londinese. Il debutto al cinema risale però al 1986, e Oldman, impegnato da subito in parti da protagonista, cattura l'attenzione della stampa nazionale, che lo designa come un potenziale erede di Albert Finney. L'attore non tarda a mostrare la propria versatilità, partecipando a film quali Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard, Leone d'Oro al Festival di Venezia 1990, JFK di Oliver Stone (1991), nella parte di Lee Harvey Oswald, e soprattutto Léon (1994), thriller di culto di Luc Besson, in cui Oldman conferma la propria capacità di dar vita a individui sadici e inquietanti con Norman Stansfield, agente corrotto della DEA.
Nel 1997 Besson lo ingaggia pure per il kolossal di fantascienza Il quinto elemento; nel frattempo interpreta un altro ruolo da villain, il terrorista kazako di Air Force One, action movie campione d'incassi di Wolfgang Petersen, e firma la sua prima e unica opera da regista, Niente per bocca, un dramma semi-autobiografico sulla vita nei sobborghi popolari di Londra, che lo porta in concorso a Cannes e gli fa conquistare due BAFTA Award (miglior film britannico e miglior sceneggiatura). Nel 2001 il suo viso è nascosto da un ributtante makeup per la parte del crudele Mason Verger in Hannibal di Ridley Scott, mentre dagli spettatori più giovani Gary Oldman è identificato principalmente per aver partecipato a due serie cinematografiche di enorme popolarità: nella saga fantasy di Harry Potter è il mago Sirius Black, ex padrino e fedele alleato di Harry, mentre nella trilogia di Batman diretta da Christopher Nolan è il solerte James Gordon, ufficiale della polizia di Gotham City.
In procinto di ricevere, martedì 23 gennaio, la sua seconda candidatura all'Oscar, e stavolta in pole position per aggiudicarsi la statuetta grazie alla parte di Winston Churchill, Gary Oldman rimane dunque uno dei massimi talenti della recitazione partoriti dalla "scuola britannica": e aspettando di vederlo sul palco del Dolby Theatre al termine di una trionfale awards season, ripercorriamo di seguito cinque fra i ruoli più memorabili dell'attore inglese.
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5. Sid e Nancy
A ventotto anni, dopo essersi fatto notare sul palcoscenico, Gary Oldman esordisce finalmente sul grande schermo, e direttamente in un ruolo da protagonista: quello di Sid Vicious, il bassista dei Sex Pistols, nel film biografico Sid e Nancy, del 1986, per la regia di Alex Cox. Il film ricostruisce il rapporto sentimentale tra Vicious e Nancy Spungen (Chloe Webb) dal 1977, con il loro primo incontro nel periodo dell'ascesa dei Sex Pistols, all'ottobre 1978, con la morte di Nancy per overdose, focalizzandosi sugli impulsi autodistruttivi e il vortice di tossicodipendenza in cui sarebbe precipitata la coppia. In seguito, Oldman avrebbe dichiarato di non apprezzare affatto Sid e Nancy (film che per certi aspetti può sembrare un po' convenzionale), ma va riconosciuto che la sua intensa performance è la principale ragion d'essere della pellicola: il giovane Gary disegna un ritratto davvero incisivo di questo divo del punk, come dimostra anche la sua scatenata esibizione in una cover di My Way.
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4. Prick Up - L'importanza di essere Joe
Subito dopo Sid e Nancy, nel 1987 Gary Oldman continua a raccogliere consensi grazie alla sua ottima prova in un altro film biografico: Prick Up, la ricostruzione della vita di Joe Orton, brillante commediografo che diede scandalo sulla scena teatrale e letteraria inglese degli anni Sessanta, e della tormentata relazione amorosa con il suo mentore, lo scrittore Kenneth Halliwell (impersonato da Alfred Molina), che sarebbe poi sfociata in un esito tragico. Diretto da Stephen Frears su una sceneggiatura di Alan Bennett, Prick Up è un veicolo perfetto per le doti di Gary Oldman: dalla sua bellezza delicata alla sua ironia contagiosa e traboccante di fascino provocatorio, il Joe Orton di Oldman si pone come una figura ricca di carisma e complementare rispetto alla personalità più oscura e nevrotica di Halliwell.
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3. Dracula di Bram Stoker
Dracula di Bram Stoker, sontuosa trasposizione, dai contorni quasi visionari, del classico della letteratura gotica dell'Ottocento, segna nel 1992 un capitolo fondamentale nella carriera di Gary Oldman per vari motivi: è il suo primo, importante ruolo hollywoodiano, un anno dopo la rapida apparizione in JFK, nonché quello che gli garantisce una riconoscibilità a livello mondiale; ed è il progetto che gli permette di collaborare con Francis Ford Coppola, da sempre il suo regista preferito. Nella doppia veste di un Conte Dracula decrepito e repellente, con il viso nascosto da una maschera di trucco, e dell'elegante e sensuale Dracula che, con il suo sguardo ipnotico, cattura l'attenzione della giovane Mina Murray (Winona Ryder), Gary Oldman si rivela una scelta impeccabile per il ruolo del vampiro non-morto: all'occorrenza mellifluo, spaventoso o seducente, il suo Dracula è uno degli ingredienti essenziali all'enorme successo del film di Coppola.
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2. La talpa
Nel 2011, Gary Oldman si cimenta in una delle sue sfide professionali più insolite e si guadagna la sua prima nomination all'Oscar grazie alla parte di George Smiley, ex membro dei servizi segreti britannici, richiamato dalla pensione 'forzata' a cui era stato costretto per far luce sulla possibile presenza di un traditore all'interno dell'intelligence britannica, il cosiddetto Circus. Sofisticata pellicola di spionaggio tratta dal romanzo di John le Carré, scritto e ambientato nel pieno della Guerra Fredda, La talpa, per la regia dello svedese Tomas Alfredson, costruisce un superbo intreccio di indagini e sospetti attorno al suo protagonista; e Gary Oldman, alle prese con una performance tutta giocata in sottrazione, con un velo di impassibilità da cui far trapelare sentimenti e angosce del suo George Smiley, fornisce un magistrale esempio di recitazione interiorizzata, trasmettendo il senso di amarezza del suo crepuscolare eroe d'altri tempi.
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1. L'ora più buia
Non è solo un'impressionante trasformazione fisica, dovuta anche ai miracoli del makeup, a rendere decisamente meritoria l'interpretazione offerta da Gary Oldman nei panni di Winston Churchill ne L'ora più buia, pellicola che pochi giorni fa gli ha permesso di vincere il Golden Globe come miglior attore. Ambientato nell'arco di pochi, cruciali giorni nel maggio 1940, mentre la Gran Bretagna si trova a dover decidere se entrare in guerra contro la Germania nazista, il film di Joe Wright è totalmente imperniato sulla figura del nuovo Primo Ministro: una figura alla quale Oldman conferisce non solo un profondo senso di gravitas, ma anche una sottile ironia, impercettibili moti di tenerezza (ad esempio nel rapporto con la moglie Clementine) e una sincera attenzione per l'umanità che lo circonda. Per l'attore si tratta dell'ennesimo ruolo biografico, ma in questo caso il risultato della sua performance, al di là di pregi e limiti del film nel complesso, è veramente da applauso.