Garuda Power: al Far East l'Indonesia in "azione"

Il terzo documentario proposto quest'anno dalla manifestazione friulana è una ricognizione, appassionata e stimolante, sul cinema d'azione indonesiano, dalle sue origini fino ad oggi.

Se è vero che una manifestazione come il Far East Film Festival, storicamente, ha sempre avuto un occhio speciale per la memoria storica del cinema che tratta, per un percorso di scoperta e approfondimento che parte dal presente del cinema asiatico, per risalire alle origini dei suoi filoni più popolari, è anche vero che, in particolare quest'anno, questa tendenza è andata in due direzioni: da una parte quella di un focus sul cinema di arti marziali (genere costitutivo di un'intera cinematografia, quella di Hong Kong, e non solo) e di una selezione di classici restaurati (solo tre titoli, ma tutti di grande spessore); dall'altra, quella di proposte, che siano documentari o opere di fiction, legate a doppio filo a quel passato, in funzione di citazione, omaggio o riscoperta.

In questa seconda categoria si pone senza dubbio questo Garuda Power: The Spirit Within, terzo documentario proposto quest'anno dalla manifestazione friulana (gli altri due erano stati Il Regno dei Sogni e della Follia, dedicato allo Studio Ghibli, e Southeast Asian Cinema - When The Rooster Crows, incentrato sulle testimonianze di quattro grandi autori che raccontano le difficoltà del fare cinema nei rispettivi contesti). Il film di Bastian Meiresonne, tuttavia, rappresenta un'operazione che è insieme più popolare e più "d'essai" dei due esempi sopra citati: trattando la storia di un genere, l'action movie indonesiano, che è in larga parte oscuro al grande pubblico, ma nelle cui opere (come si evince chiaramente dalla visione del documentario) sono facilmente rinvenibili temi, motivi e persino personaggi, più o meno "rubati", con cui lo spettatore medio occidentale ha familiarità.

Le oscillazioni di una storia

Garuda Power: The Spirit Within, una foto del film
Garuda Power: The Spirit Within, una foto del film

Il film di Meiresonne (vero studioso e appassionato, che ha avuto modo di introdurre il suo documentario al pubblico del Far East) ha l'ambizione di raccontare quasi un secolo di cinema indonesiano: partendo dalle sue origini (quegli anni '20 in cui il paese era ancora colonia olandese) passando per il secondo dopoguerra e i film bellici che celebravano la rivoluzione e l'indipendenza, per giungere all'ondata di action movies degli anni '70 e '80, ispirati in parti uguali agli esempi dei film di genere occidentale e hongkonghese; fino al declino degli anni '90, al crollo della produzione cinematografica, e alla (temporanea?) rinascita dell'attuale decennio, col successo di The Raid di Gareth Evans.
Il film introduce lo spettatore alla sua materia attraverso lo spazio simbolico di una sala vuota, con un narratore ideale (l'attore Rudolf Puspa) che guida il viaggio attraverso le decine di pellicole di cui vengono generosamente proposti spezzoni, inframezzati da interviste a critici, produttori e attori che vi lavorarono. Tra questi ultimi, si segnala l'icona degli anni '70 e '80 (periodo di maggiore vitalità, e contemporaneamente di maggior stimolo a osare da parte di produttori e registi) Barry Prima; interprete, in una serie di pellicole di grande successo, del supereroe di derivazione fumettistica Jaka Sembung. E proprio sui rapporti con la fonte, estremamente feconda, del medium-fumetto, si concentra gran parte di questa sezione del documentario: col grande successo di questi adattamenti, ma anche la sottolineatura (espressa, con amarezza, dagli autori delle storie originali) delle tante libertà che gli sceneggiatori si prendevano nel proporli.

Garuda Power: The Spirit Within, un'immagine del film
Garuda Power: The Spirit Within, un'immagine del film

Elegia e oscurità

Garuda Power è indubbiamente (anche e soprattutto) un'opera elegiaca e nostalgica, l'ode a un cinema che non c'è più e a una concezione artigianale del "genere" che sembra ormai scomparsa, o in via d'estinzione, ovunque. In questo, è facile cogliere le analogie, e gli intescambi reciproci, della storia di questo cinema con quelli analoghi di paesi come l'Italia o la Turchia: stessa tendenza alla reiterazione di storie, personaggi e formule di successo, stesso sviluppo di un'industria florida e capace di lavorare a pieno regime, stessa attitudine all'imitazione (a volte espressa in veri e propri furti) dei contemporanei modelli statunitensi. Analoghe, infine, specie se si pensa a un caso come quello italiano, sono state le dinamiche del declino di detta industria: legate in primis, ma non solo, alla concorrenza del piccolo schermo, ritardate di circa un decennio nel caso indonesiano (gli anni '90) ma tradotte, per il resto, in un uguale crollo produttivo.

Garuda Power: The Spirit Within, un'immagine tratta dal documentario
Garuda Power: The Spirit Within, un'immagine tratta dal documentario

Tuttavia, nel film di Meiresonne si legge anche, in controluce, un'altra e ben più cupa componente; espressa nella presenza costante del fantasma del regime di Suharto, che si avverte dapprima in una volontà di opposizione concettuale, seppur non diretta, espressa da una parte delle pellicole in esame; e in seguito negli effetti diretti che la censura avrebbe avuto, nel corso degli anni '90, sulla fine della stessa industria cinematografica. Un processo solo parzialmente intaccato dal ritorno alla democrazia (con tutte le sue contraddizioni) del 1998; e che potrebbe forse mostrare un'inversione di tendenza solo col successo, recentissimo, di un film come il già citato The Raid. Una "rinascita" su cui pesano tuttora molte incognite, e sulla quale alcuni dei personaggi intervistati mostrano un giustificato scetticismo.

Riflessioni sul suo oggetto a parte, Garuda Power resta nel suo complesso un prodotto assolutamente prezioso, nel contempo godibile e capace di stimolare riflessioni: una ricognizione sulla storia di un'intera cinematografia che proietta il suo sguardo, giustamente, verso il futuro. E, da questo punto di vista, c'è un unico "neo" che forse un cinefilo onnivoro potrebbe rinvenirvi: ovvero l'irresistibile (quanto difficile da appagare) voglia che il documentario stimola di andarsi a cercare, e guardare, ogni singolo film trattato.

Movieplayer.it

3.5/5