Ammettiamo una certa dose di preconcetti nell'affrontare la recensione di Galline in fuga: L'alba dei nugget, per diversi e disparati motivi. Perché Aardman Animation è uno degli studi di primo piano del settore, la cui sede di Bristol abbiamo avuto modo di visitare in passato ai tempi di Pirati! Briganti da strapazzo; perché il primo capitolo del 2009, di cui questo è sequel, era stato un fenomeno tale da essere "il film in stop motion con il maggior incasso di sempre"; perché questo nuovo lavoro arriva su Netflix a continuare l'ottimo cammino che la piattaforma sta facendo in ambito animato. Per questo abbiamo cliccato play con trepidazione e aspettative alte, uno stato d'animo a forte rischio delusione, come spesso capita in occasioni del genere. Ma questa volta non è successo e ci siamo goduti dal primo all'ultimo minuto del nuovo lavoro dello studio di Shaun, Vita da pecora e Wallace e Gromit.
Un pollaio da sogno nella trama di Galline in fuga 2
Inizia in un posto da sogno Galline in fuga: L'alba dei nugget, un rifugio idilliaco su un'isola in cui Gaia ha potuto portare l'intero pollaio dopo la fuga dalla fattoria dei Tweedy. Un luogo sicuro, lontano da quel pericolo costante rappresentato dagli esseri umani, in cui andare avanti con la propria esistenza. E quale modo migliore per farlo se non accogliendo una nuova vita nella propria famiglia? Il nuovo film inizia proprio da qui, da un uovo che si schiude, dalla piccola Molly che irrompe nella vita di Gaia e Rocky e sembra preannunciare una completa serenità e la via verso un definitivo lieto fine. Sembra, perché il pericolo è in agguato e una nuova minaccia arriva dalla terraferma mettendo a rischio quella libertà conquistata così a fatica.
La ricerca della libertà e del divertimento
C'è un doppio filo che scivola e si intreccia lungo tutto lo sviluppo di Galline in fuga: L'alba dei nugget, da una parte la ricerca della libertà da parte dei pennuti protagonisti della storia, da Gaia a tutto il suo gruppo, dall'altra quella del divertimento da parte dello studio e del regista Sam Fell (già noto per Paranorman e Giù per il tubo): c'è ritmo, brio, leggerezza nell'accompagnare le avventure delle galline (e un paio di ratti) che animano questa storia, con una non troppo velata accusa al sistema dell'allevamento intensivo e le nostre abitudini alimentari. Una denuncia portata avanti con intelligenza, insinuando indirettamente il seme del dubbio nella mente dello spettatore, facendolo empatizzare con i personaggi, sfruttando l'affetto e l'emozione per le loro imprese per far riflettere.
Divertimento, dicevamo. È il solito umorismo british di casa Aardman a farla da padrone, e questo può rappresentare un malus per chi non riesce a entrarvi in sintonia, con concessioni a situazioni più fisiche e slapstick che possano colpire con immediatezza il pubblico più giovane. Un approccio alla costruzione della storia, quindi, con un'attenzione al pubblico family, ampio, che in vista del Natale può passare del tempo in piattaforma. Il tutto gestito con un'attenzione allo sviluppo dei personaggi principali, Gaia e famiglia più stretta in primis ma senza trascurare la riuscita villain della storia, e cura dei dettagli nel tratteggiare anche le figure secondarie con poco spazio per essere caratterizzate dal punto di vista narrativo.
La qualità Aardman, al suo meglio
Un'attenzione ai dettagli che non si limita a tratteggiare la varietà delle galline che appaiono nel pollaio e nel film, ma anche nella costruzione di ambientazioni e background: ci sono in Galline in fuga: l'alba dei nugget diverse inquadrature ampie, affollate di personaggi e dettagli in movimento, che portano la claymation (la stop motion a base di plastilina che la fa da padrona in casa Aardman) a un ulteriore livello di complessità e ricchezza e che trasmettono la sensazione di conoscere la vita di questo buffo gruppo di pennuti. Si mantiene il look, il tono e le atmosfere classiche dello studio, ma si cerca anche di fare un passo verso la complessità e fluidità a cui il pubblico di oggi, che si nutre di produzioni CGI, è abituato. Ma lo si fa nel modo giusto, con equilibrio e consapevolezza dei propri mezzi e della propria storia.
Confermando senza rinnegare, ma con un'attenzione alle esigenze e i gusti del pubblico. Non sarà un film travolgente quanto lo era stato il suo predecessore, ma un buon sequel e una più che valida proposta per queste feste di Natale in casa Netflix insieme al già apprezzato Leo.
Conclusioni
È un buon sequel quello di cui vi abbiamo parlato nella recensione di Galline in fuga: l’alba dei nugget, vivace, brioso, leggero, carico dell’umorismo British tipico dello studio. Se questo punto può scoraggiare chi non ama questo tipo di comicità, saranno tutti d’accordo sul livello tecnico raggiunto dalla Aardman, capace di costruire una messa in scena carica di dettagli e sfumature, sia nella ampiezza e ricchezza dei fondali che nel tratteggiare le diverse personalità delle galline che appaiono nel film, sia delle protagoniste che sono supportate anche da una buona scrittura, che di quelle che hanno meno spazio per essere approfondite.
Perché ci piace
- La ricchezza visiva e il character design, sia dei protagonisti che dei comprimari con scarso tempo su schermo.
- L'attenzione ai dettagli e alla complessità delle scene, con alcuni campi lunghi con grande ricchezza.
- La costruzione narrativa che riesce a veicolare l'accusa all'allevamento intensivo con eleganze.
- L'umorismo British tipico dello studio...
Cosa non va
- ... che può non raggiungere ogni spettatore.
- Per alcuni il look della claymation è superato e poco attuale. Ma non possiamo che invitarvi a dare una possibilità a Galline in fuga 2.