"Io non sono un buon giocatore di poker ma posso scommettere con una certa sicurezza che, se il pubblico andrà a vedere questo film, ne uscirà contento. Soprattutto se comprenderà e accetterà la magia che è al suo interno." Così Gabriele Salvatores punta su Il ragazzo invisibile, un progetto innovativo che segna il suo ritorno sul grande schermo dopo l'esperienza non molto positiva di Educazione Siberiana.
Con questo film, però, il regista torna anche anche ad una narrazione a metà tra il sogno è la realtà, affidando il ruolo di protagonista ad un adolescente con il super potere dell'invisibilità. Michele vive a Trieste con la madre poliziotta ed il desiderio di conquistare l'attenzione di Stella, una nuova e misteriosa compagna di classe. Timido e perseguitato dal bulli della classe, però, si rifugia nei sogni sperando di indossare la maschera di Spider Man durante la festa di Halloween organizzata dalla ragazza. Ma non sa che un misero costume cinese e un'umiliazione inaspettata sbloccheranno un potere speciale ereditato dalla madre naturale.
A questo punto, una domanda sorge spontanea: è possibile per il panorama cinematografico italiano realizzare un fantasy per ragazzi, e non solo? La risposta è positiva. A darla è lo stesso racconto visionario di Salvatores e tutto il suo cast, composto da "vecchi" amici come Fabrizio Bentivoglio e Valeria Golino che guidano le new entry Ludovico Girardello e Noa Zatta. Il film, distribuito da 01Distribution, uscirà nelle sale il 18 dicembre in 400 copie.
Dopo Nirvana...
Senza troppi giri di parole possiamo dire, dopo la visione de Il ragazzo invisibile, che anche l'Italia può contribuire a dire la sua in fatto di film fantastici e supereroi. Naturalmente utilizzando uno stile personale ed europeo che, almeno in questo caso, non rappresenta certo un elemento negativo. E se c'è' un autore in grado di mettere in pratica tutto questo e, allo stesso tempo, di accettare la sfida, è proprio Salvatores. "Credo che il cinema abbia due anime, quella realistica dei Lumière e quella fantastica di Méliès. Personalmente ho sempre oscillato fra le due cose e ogni volta che si è presentata l'occasione per metterle insieme e farle diventare una realtà magica sono stato contento. Mi piace andare di in mondi paralleli e fantastici, credo che Nirvana sia un esempio. In fondo, la potenza del cinema è quella di rievocare i fantasmi. Nel buio di una sala ti proietta qualche cosa che ti riguarda nel profondo ma che metti a fuoco solo in quel momento."
Nel nome dell'Oscar
Quando Mediterraneo vinse l'Oscar come miglior film straniero, Salvatores venne investito ufficialmente di un potere straordinario, ossia quello dell'autore riconosciuto internazionalmente cui nessuna produzione italiana avrebbe potuto rifiutare un progetto. E di questo il regista ha approfittato con allegria e intelligenza. "L'Oscar è stato il mio super potere. Per molto tempo l'ho vissuto quasi con senso di colpa, avevo fatto solo tre film, mi sembrava che ci fossero progetti più meritevoli del mio e Hollywood, in quegli anni, era considerata un po' il _male. Però, come ogni dono eccezionale, anche quello ha generato grandi responsabilità. Per adempiere a queste ho pensato che fosse mio dovere fare tutto ciò che altri non hanno la possibilità di realizzare. Da questa decisione nasce un film come Nirvana, ad esempio. Sono sicuro che quando l'ho proposto i produttori si sono sentiti in difficoltà, ma non hanno avuto il coraggio di rifiutare. E poi, cercando nuove strade, provo a mantenermi giovane. Così, arrancando in questo piano inclinato abbiamo provato anche con i supereroi"._
Scrittori dai super poteri
Se Salvatores ha reso visibile l'invisibilità di Michele, la squadra di sceneggiatori formata da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo ha dato vita ad una sceneggiatura capace di sopperire ai mezzi economici limitati, rispetto ad una produzione americana, puntando l'attenzione sui personaggi e la costruzione dell'avventura. "Noi tutti siamo cresciuti con un certo immaginario - spiega Sardo - ossia leggendo i fumetti dei supereroi e andando a vedere al cinema gli adattamenti. Quindi non abbiamo fatto altro che rintracciare alcuni elementi che erano già nel nostro DNA narrativo. Ci è sembrato tutto molto naturale, anche se impegnativo."
Per quanto riguarda le disponibilità economiche la Rampoldi aggiunge: "Quando scrivi non ti preoccupi di queste cose. Il flusso creativo non può essere condizionato dall'assenza di fondi. È anche vero, però, che noi eravamo assolutamente coscienti della realtà, ossia tutto il film sarebbe costato quanto un solo minuto di Guardiani della Galassia. Per questo motivo abbiamo cercato una chiave europea nella scrittura, puntando con maggior precisione sui personaggi ed i sentimenti. In questo modo abbiamo raccontato lo spaesate to tipico dell'adolescenza e la ricerca di una missione che ci chiama ad una avventura." Chiude il cerchio Fabbri. "Siamo tornati ai nostri tredici anni ed abbiamo cercato di dare un'anima al racconto pensando a cosa significa veramente l'invisibilità in quegli anni. È una condizione che temiamo ma, allo stesso tempo, desideriamo per scomparire dal mondo."
Vecchi amici
Fabrizio Bentivoglio è stato uno degli interpreti simbolo del primo Salvatore, quello, per intenderci, di Marrakech express, Turnè. Valeria Golino, invece, è stata tra i pochi personaggi femminili all'interno di un cinema fortemente al maschile, entrando nel cast di Puerto escondido. Per questo, insieme formano un trio speciale in cui si avverte chiaramente una sintonia che va oltre le parole e gli scherzi. Una vera e propria simbiosi d'intenti che ha facilitatomi due attori nella costruzione dei loro personaggi. "Giovanna è una persona buona, innamorata di suoi figlio, onesta e umana. Ed è proprio quest'ultimo elemento che ho cercato di mettere in evidenza, anche senti sarebbe piaciuto avere dei poteri. La sua umanità senza alcun mistero, infatti, doveva fare da veicolo allo spettatore per rendere credibile tutto ciò che di incredibile avviene nel film. Per definire il suo ruolo mi sono ispirata a Toni Collette e al lavoro che aveva fatto ne Il sesto senso. Ho pensato che quel personaggio femminile rendeva tutto possibile. Lei era tanto vera che tutto il resto poteva succedere. Insomma, ho provato molto semplicemente ad esserci senza fronzoli."
Sulla semplicità ha puntato anche Bentivoglio, nei panni ambigui dello psicologo Basili. "E'un personaggio doppio suo malgrado. E questa doppiezza, come la sua delicatezza, ha rappresentato una patata bollente da gestire. Ne andava della credibilità di ciò che accadeva a Michele. Per questo motivo ci siamo concentrati, cercando di non calcare la mano. Ossia di non far sentire il confine tra il mondo reale è quello fantastico. Naturalmente, fare tutto questo con qualcuno con cui si ha grande complicità, proprio come con Gabriele, è più semplice."
Ispirazione Fantasy
Nel film il regista si diverte a inserire alcuni riferimenti od omaggi ben precisi senza, però, soffocare la personalità della sua opera. Evidente, dunque, che Salvatores padroneggi piuttosto bene la materia dei super eroi per gusti personali. "Quando erano ragazzino io ancora non c'era Spider Man così il mio eroe era Flash Gordon. Ricordo di aver diventato tutti i suoi fumetti. Da adulto, poi, ho visto molti film, anche se non ho apprezzato tutte le creature Marvel. I miei preferiti continuano ad essere il Batman di Tim Burton, Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan e il primo Spider-Man. Quello che mi ha ispirato di più, però, è stato quasi un horror. Si tratta di Lasciami entrare. In realtà non si tratta di un film sui vampiri ma sull'amore. Ed era proprio questo l'approccio che cercavo. Ultimamente poi mi vengono a trovare spesso storie sugli adolescenti. Pensavo che dipendesse dal non aver avuto figli. Mi sbagliavo, almeno secondo il mio analista, in realtà Michele sono io. Da ragazzino ero molto simile a lui, con due soli vantaggi. Innanzitutto ero nel 1963 e, poi, avevo scoperto la chitarra."
Film, fumetto e romanzo
Il ragazzo invisibile, oltre a portare il cinema italiano alla conquista di territori inesplorati come il fantasy, ha aperto la strada ad un progetto di proporzioni ampi che ha visto l'ideazione di un fumetto e di un romanzo, formati entrambi dagli sceneggiatori del film. A spiegare tutta l'operazione è Stefano Sardo. "Abbiamo scritto prima il film senza pensare ad altre derivazioni. Poi è arrivato il fumetto che, però, è una sorta di prequel in cui sono state inserite delle scene del film a fare da cornice. Il romanzo, invece, ci ha permesso di allargare la mira raccontando meglio le vicende dei personaggi. Ci siamo concentrati molto su di loro e approfondito la loro emotività. È stata un'esperienza importante, visto che con il cinema si ha la possibilità di raccontare solo quello che si vede."