Scorpacciata di citazioni, abbuffata di ammiccamenti, ma nessuna indigestione. Anzi, ne vorremmo ancora. Mentre scriviamo questa recensione di Future Man, in arrivo su Prime Video il 24 aprile con la sua prima stagione, ci accorgiamo di avere ancora un sorriso inebetito stampato in faccia, divertiti da una serie in cui chi è cresciuto a pane e Ritorno al Futuro si sentirà a casa. Tempesta nerd di battute che strizzano l'occhio all'immaginario fantascientifico targato anni Ottanta, la serie tv Hulu (già confermata per una terza stagione) è attraversata da un'energia sgraziata, irriverente ma genuina. Non solo nostalgia fine a se stessa, sia chiaro, perché dietro Future Man ci sono le folli menti dei produttori Seth Rogen ed Evan Goldberg (Sausage Party, The Interview, Preacher), ovvero de ragazzoni che sanno maneggiare il politicamente scorretto come fosse un joypad familiare.
Ve lo diciamo dopo aver visto i primi due episodi di Future Man (la prima stagione ne conta tredici) ed essere rimasti piacevolmente colpiti da una serie tv goliardica, leggera, in cui nonostante qualche (in)evitabile caduta nel demenziale, si avverte la presenza di una scrittura fresca e intelligente. Perfetta compagnia per pomeriggi spensierati o serate all'insegna di bagordi, Future Man intrattiene a meraviglia, complice anche la felice scelta di episodi che durano circa 30 minuti ciascuno.
Se Stranger Things abbracciava gli anni Ottanta e credeva con tutte le sue forze ai grandi classici a cui si ispirava con amore e rispetto, questo show sfrutta Ritorno al futuro, Terminator e Ready Player One per deridere, cazzeggiare e mettere in scena un'avventura alquanto grottesca. Nonostante qualche caduta di stile che fa tornare alla mente la comicità greve di film alla American Pie, Future Man vince il braccio di ferro con lo spettatore e ti costringe a scendere a patti con lui. E vi state chiedendo quale sia la trama dello show, sappiate che è la cosa meno importante di tutte.
Il bidello che divenne eroe
È uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. Un modo di dire perfettamente calzante con la frustrante vita di Josh Futturman, addetto alle pulizie in un centro di ricerca per malattie sessuali. Mentre il suo strambo capo cerca una cura per il suo disgustoso herpes sulle labbra, Josh trova rifugio dalla sua esistenza alienante in un solo posto, un mondo virtuale in cui emerge il suo unico talento: il videogioco Biotic Wars. Ossessionato dal gioco al punto di masturbarsi immaginando di giacere con la combattiva protagonista, la nostra nullità si dilegua dalla realtà per perdere ore e ore nel videogame che nessuno sulla Terra è mai riuscito a finire. L'ultimo livello di Biotic Wars, infatti, è noto per essere assolutamente proibitivo e insuperabile. Non per un ragazzo che, per quanto viva ancora a casa con i suoi, per quanto sia vessato da tutti e costretto a giocare nello sgabuzzino, ha fatto del gioco la sua ragione di vita. Dopo milioni di tentativi, Josh trova la tattica giusta per venire a capo di Biotic Wars, ma quello che lo aspetta al traguardo è del tutto inaspettato e assurdo: Tiger e Wolf, due soldati del videogame, si manifestano nella sua stanza per coinvolgerlo in una missione che non ha niente di virtuale.
Cinema e videogiochi: l'attrazione (e imitazione) è reciproca
Sin dalle sue premesse è facile capire quanto Future Man abbia voglie di sovvertire le regole attraverso uno spirito anarchico. Se, solitamente, è il personaggio di turno a venire risucchiato dal mondo virtuale (TRON e Ready Player One insegnano), questa volta è il virtuale a venire rigurgitato nel reale. Da qui ha inizio una serie di missioni tanto idiote quanto irresistibili, in cui dominano equivoci, allusioni sessuali e una comicità fieramente slapstick. Impossibile non affezionarsi un po' allo scapestrato Josh, tipico ragazzone con la sindrome di Peter Pan, ingenuo, maldestro di buon cuore e interpretato da un divertito Josh Hutcherson (noto per il suo Pete nella saga di Hunger Games), a suo agio nella parte dell'adolescente fuori tempo massimo, chiamato a diventare eroe con una mazza di scopa in mano.
Ritorno al Future Man
Niente joystick, joypad, mouse o tastiere. Quello che vi consigliamo è di tenere a portata di mano un bel taccuino su cui appuntarvi la marea infinita di citazioni che Future Man vi butterà addosso. Cinefilo e imbevuto di cultura pop dalla testa ai piedi, lo show scritto da Howard Overman, Kyle Hunter e Ariel Shaffir utilizza un vecchio trucchetto infallibile: quello di mettere sullo stesso piano personaggi e spettatori. Proprio come ha sempre fatto Quentin Tarantino (e di recente anche Deadpool), il fatto che protagonisti e platea condividano lo stesso bagaglio culturale, abitino lo stesso mondo e siano infarciti degli stessi riferimenti popolari stabilisce un tacito patto tra show e spettatore.
Forte di questo sodalizio e di questo terreno condiviso sotto i piedi, Future Man gioca con gli stereotipi del genere bellico (la figura dell'eroe granitico tipico degli anni Ottanta e il suo retorico gergo impostato), fantascientifico (i viaggi nel tempo, i paradossi temporali) e videoludico per dare vita a una serie tv parodistica e scanzonata. Una serie tv che si farà gustare come una coppia di ciliegie in cui le puntate volano via in un boccone, con il serio rischio che qualcosa vada di traverso per colpa di risate sguaiate. Per ora, dopo aver visto le prime due puntate di Future Man, guai a cercare metafore, allegorie e messaggi nascosti in questo show. Perché meritereste di essere derisi da Josh, Tiger e Wolf. Gente che vuole fare altro che divertirsi e cazzeggiare. Fatelo anche voi. Future Man sarà un ottimo compagno di giochi.
Conclusioni
Abbiamo scritto questa recensione di Future Man col sorriso sulle labbra, perché la serie tv in arrivo su Prime Video (già confermata per una terza stagione) è un passatempo goliardico e spensierato perfetto per nerd appassionati di cinema e videogame. Laddove Stanger Things ispirava nostalgia, Future Man deride, distrugge, diventa dissacrante parodia di questa moda ormai abusata che rievoca di continuo gli immaginari degli anni Ottanta. Nonostante qualche piccola caduta di stile nel demenziale, lo show diverte per poi trasformarsi in un gioco cinefilo in cui andare a caccia di citazioni.
Perché ci piace
- La scelta di deridere questa imperante nostalgia degli anni Ottanta con un tocco dissacrante.
- Il minutaggio di 30 minuti rende gli episodi ancora più leggeri e a portata di binge-watching.
- Il cast divertito e divertente.
Cosa non va
- Alcune battute risultano troppo scurrili, senza quel tocco di brillantezza che permea tutta la serie.