È abbastanza chiaro fin dalle prime battute che Full River Red di Zhang Yimou, il film che ha la responsabilità di chiudere la 25esima edizione del Far East Film Festival 2023, sia tutto e il contrario di tutto, forse per abbracciare la rappresentanza del cinema asiatico in generale e anche la sua tradizione (un tema ricorrente in quest'annata della kermesse). Un action in costume, un dramma storico, una buddy comedy, un giallo whodunit e una storia d'amore. Troppi generi e toni in uno dite? Potreste avere ragione, come vedremo nella recensione di Full River Red.
C'era una volta...
Siamo ai tempi della dinastia Song nel 1146. Una lettera scompare misteriosamente e bisogna ritrovarla: è questione di massima importanza e urgenza, dato che bisogna fermare una ribellione del popolo Jin contro l'Imperatore. A provare a mediare la situazione delicata e difficile viene chiamato il Primo Ministro. Quello che ci viene raccontato però arriva dal basso, dal punto di vista di due uomini della guardia imperiale (un capitano di basso rango e un soldato semplice, imparentati tra loro) che si sono messi nei guai con i propri superiori e ora devono ritrovare la famosa lettera, altrimenti subiranno la pena di morte come punizione. Ecco che quindi l'action in costume presentato all'inizio, con una sequenza iniziale perfettamente coreografata per omaggiare quel tipo di film, diviene presto una buddy comedy con protagonisti i due soldati, diversi eppure complementari, i cui interpreti dimostrano grande chimica. Altrettanto presto, da spettatori veniamo traditi e sbugiardati ancora una volta: non si tratta più di una buddy comedy, ma di un giallo whodunit. Ora i due devono non solo scoprire che fine ha fatto la lettera, ma anche chi ha ucciso un ufficiale e perché. C'è una cospirazione contro l'Imperatore in atto e tutti sono sospettati, anche gli stessi due protagonisti. Non ci si può fidare di nessuno - proprio come in una spy story moderna - e gli indizi sono sempre più contraddittori.
C'erano due volte...
A questo punto inizia una sequela di colpi di scena che non abbandonerà la pellicola fino alla fine, per continuare a giocare con lo spettatore e con le sue convinzioni su ciò che sta vedendo. Forse un escamotage un po' esagerato e ridondante, tanto da diventare più ridicolo che autoironico, nonostante gli intenti lodevoli ed encomiabili messi sul piatto (e piano) narrativo. Ma non è finita qui per Full River Red: non poteva mancare la storia d'amore impossibile che i due soldati si troveranno a vivere con alcuni personaggi femminili, mescolandola al genere wuxia in scene d'azione sempre ben coreografate. Anche la cura delle scenografie, dei costumi, delle armature, dei combattimenti vuole omaggiare in tutto e per tutto la Storia con la S maiuscola della Repubblica Popolare Cinese, e questo ambizioso progetto non poteva che venire dal suo regista più conosciuto in Occidente, Zhang Yimou, quello dietro la macchina da presa di cult come La foresta dei pugnali volanti. Lo stesso che ci rivelerà che il titolo della pellicola si rifà ad un antico poema tramandato di generazione in generazione, per raccontarne l'origine e la storia travagliata che lo ha fatto nascere.
C'erano tre volte...
L'identità del film non è più quindi una e trina, ma molteplice, più vicina agli uno, nessuno e centomila pirandelliani, ed è proprio in questo caotico mix di categorie, forme e sfumature che la pellicola scricchiola e non procede spedita come vorrebbe. Sono soprattutto gli elementi drammatici e comici a stridere tra loro in più di un'occasione: ad esempio quando la solennità di un momento particolarmente tragico viene rovinata dalla battuta demenziale di turno, o dalla slapstick comedy inserita in modo un po' precario, facendo cortocircuito e generando straniamento nello spettatore. Si poteva benissimo auto-ironizzare su un genere storico e illustre, letterario tanto quanto cinematografico, come quello della cappa e spada orientale senza bisogno di diventare una parodia di se stessi, perdendo l'effetto-risata sul pubblico. Peccato, perché la messa in scena, a partire dalla regia fino alla ricostruzione storica, risulta davvero imponente. Ma ogni film è una macchina fatta di tanti elementi e strumenti e devono tutti essere oliati alla perfezione per un risultato coeso e convincente. Qui purtroppo non accade.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Full River Red chiudendo anche i film del Far East Film Festival 2023 con una pellicola che vuole essere un grande omaggio a molteplici generi, finendo purtroppo per non celebrarne davvero nessuno e diventando presto la caricatura del suo stesso mix caotico. Non basta l’encomiabile lavoro di messa in scena quando la scrittura alla base non funziona totalmente.
Perché ci piace
- La ricostruzione storica e in costume è imponente e affascinante.
- C’è grande chimica tra i due protagonisti.
- Alcuni colpi di scena sono ben assestati.
Cosa non va
- Dramma e commedia non sono ben mescolati.
- Diventa (troppo) presto la caricatura di se stesso.
- Dura troppo, senza un vero motivo, soprattutto all’ennesimo colpo di scena.