Dopo aver recitato in vari cinepanettoni e cinecocomeri al fianco di Boldi e De Sica e condotto lo show comico Colorado, il comico livornese Paolo Ruffini si butta nella mischia e accetta la proposta di mettersi per la prima volta dietro alla macchina da presa per dirigere questo Fuga di cervelli, la commedia demenziale che lo vede co-protagonista insieme al suo sgangherato gruppetto di amici 'sfigati' nei panni di un nerd incallito che non ha mai accettato fino in fondo la sua cecità. Ispirato ad un film spagnolo del 2009 (Fuga de cerebros) il film di Ruffini narra le vicende di Emilio, studente timido e un po' imbranato che non riesce ad accettare il fatto che la ragazza di cui è da sempre innamorato si stia per trasferire a Oxford dopo aver vinto una borsa di studio. E così i suoi inseparabili amici decidono di dargli una mano: dopo aver falsificato i documenti universitari e fatto domanda per il prestigioso college, i cinque nerd partono alla volta dell'Inghilterra. Nel cast anche la bellissima Olga Kent, modella moldava che accompagna Ruffini nella conduzione di Colorado, Frank Matano e Willwoosh (Guglielmo Scilla), le due 'creature' di Youtube, e il duo comico dei Panpers composto da Andrea Pisani e Luca Peracino 'figlio' di Zelig e Colorado. Nelle sale (circa 400) a partire dal 21 novembre ("quando Checco Zalone ci lascerà qualche sala" ha detto scherzando Giampaolo Letta di Medusa in conferenza stampa) Fuga di cervelli è co-sceneggiato da Guido Chiesa, che ha supervisionato il lavoro di Ruffini, e accompagnato dalla canzone di Max Pezzali intitolata Ragazzo inadeguato.
Come ha coinvolto Guido Chiesa in questo progetto? Com'è stato lavorare con lui?Paolo Ruffini: Guido Chiesa mi ha molto aiutato nella realizzazione del film, è stata un'ottima protezione per me, ho una grande passione per il cinema sin da quando sono nato e quando hai un'occasione simile pensi che finalmente puoi fare il tuo film ed hai quello come obiettivo. Io invece sono stato contento di prendere una storia già nota e farla mia, italianizzarla raccontando anche un po' il ragazzo che ero tanti anni fa quando andavo a scuola. Come ha scelto gli attori e cosa ha imparato da questa esperienza sul set da regista?
Paolo Ruffini: Fare il regista è uno dei lavori più di responsabilità e affascinanti del mondo, ho imparato che quando fai un film non c'è un aspetto più importante dell'altro, la sceneggiatura non è più importante della promozione o del montaggio, ci sono mille cose da incastrare e tanti aspetti della produzione di cui bisogna tener conto. Ringrazio tantissimo la produzione per avermi dato questa opportunità e per avermi affiancato grandi nomi per proteggere il mio primo film. Oltre ad attori affermati e professionisti esperti mi sono poi affidato a volti noti della televisione e dei social media, volevo volti meno accademici e più comunicativi, volevo parlare ai giovani servendomi dei giovani.
Pensa che il linguaggio scelto per parlare ai giovani sia quello giusto? Era davvero necessario insistere su battute volgari e parolacce?
Ho partecipato a tanti film, e nei film ho sempre recitato nei panni del ragazzo usando espressioni come "fico! bella! dai!" e nonostante io abbia 34 anni a volte il linguaggio dei giovani di oggi sfugge anche a me. Ho chiesto alla produzione di poter lavorare con i ragazzi in un modo un po' diverso dal solito, sono venuti a Milano a trovarmi e abbiamo passato due o tre settimane insieme prima delle riprese, abbiamo studiato il copione, lo abbiamo riscritto ma abbiamo anche molto cazzeggiato a cena insieme, ci siamo divertiti davvero tanto. Quando le parolacce non sono dette per offendere qualcuno io trovo che si trasformino in qualcosa di infantile, il discorso della volgarità nelle battute dei film è veramente antico che risale agli anni Novanta, sono a mio avviso molto più volgari le notizie politiche che leggiamo sui giornali tutti i giorni.
Penso che il mio film sia giovanile ma non giovanilistico, è una commedia sentimentale con più di una sfaccettatura, prima di iniziare le riprese ho guardato moltissimi film con Ben Stiller, la saga di Una notte da Leoni, il mitico film Non guardarmi: non ti sento, ci sono riflessioni sulla post adolescenza, sull'amicizia, penso che oggi di sfigati ce ne siano tanti anche tra i cinquantenni. Anche se non si è belli o fortunati o di successo non per forza si è dei perdenti o dei reietti. Credere in valori come l'amicizia e l'amore è importante, e aiuta ad essere ottimisti e sinceri con se stessi e con gli altri.
Il film tocca temi importanti come l'handicap e l'omosessualità in un contesto come quello dei college movie in cui a farla da padrone è l'archetipo dello sfigato o del macho. Aveva paura che toccare temi così spinosi potesse essere controproducente?
No, i protagonisti del film sono cinque ragazzi normali come tanti altri per me, sono sfigati nel senso che sono privati di contatti con le ragazze (ride) l'essere portatori di handicap è una condizione in più che non c'entra molto con il contesto, di Alonso (il ragazzo sulla sedia a rotelle ndr.) la prima cosa che mi viene in mente è che è fissato con il sesso e non che è paralitico. Se su certi argomenti non dobbiamo aver paura di scherzare, l'omosessualità e la disabilità non sono mai visti come un problema nel film ma come una normale condizione e non era mia intenzione sfruttare l'argomento per attirare l'attenzione.
Olga Kent: Prima di questo film avevo solo recitato in Vacanze di Natale a Cortina nel 2011, e pensavo che fosse quello il primo e ultimo film italiano a cui avrei partecipato. Ma proprio quando pensavo che non ci sarebbero più state altre occasioni ecco che Paolo mi chiama per il suo film. Inserirmi in un gruppo di pazzi scatenati non è stato facile ma conoscendoli giorno dopo giorno mi sono innamorata di ognuno di loro. Ringrazio Paolo perché grazie a questo film ho potuto rivivere un periodo della mia vita che non ho mai vissuto appieno in quanto ho iniziato prestissimo a lavorare come indossatrice.
Come sei riuscita a superare la timidezza e a scioglierti davanti alla macchina da presa dicendo addirittura delle parolacce?
Il mio tono di voce è basso e la mia timidezza mi creava non pochi problemi ma poi Paolo, per esercitarmi, mi faceva urlare dalla finestra contro i passanti dall'ottavo piano.