Passione e gioco di squadra. Questi sono gli elementi che più colpiscono quando si ha modo di chiacchierare con artisti che lavorano nel campo dell'animazione. Parliamo nello specifico delle interviste che abbiamo avuto modo di fare in occasione dell'uscita di Frozen II: Dietro le quinte, la docueserie sulla realizzazione del sequel dell'amatissimo film, presentata al festival dell'animazione di Annecy e disponibile su Disney+ dal 26 giugno. I nostri interlocutori sono stati tre personaggi che vivono l'ambiente da tempo e stupisce quanto l'entusiasmo sia ancora vivo nelle loro parole quando parlano del loro lavoro e delle sfide che presenta.
Si tratta di Marc Smith, Mike Giaimo e Brittney Lee, rispettivamente Director of Story, Production Designer e Visual development artist di Frozen II: Il segreto di Arendelle, con i quali abbiamo affrontato i temi relativi alla lavorazione del film, le scelte fatte per espandere ed evolvere il mondo del franchise e i suoi personaggi dal primo al secondo film. E la passione con la quale tutto questo impegno è portato avanti, così evidente quando Mike Giaimo ci ha interrotti per approfittare della prima intervista insieme a Brittney Lee per sottolineare che gioia sia lavorare insieme. "Sai" ci ha detto emozionato "sono un supervisore, ma imparo costantemente da tutti e Brittney è uno degli artisti che mi ha fatto crescere in modi insperati."
La storia e le sue difficoltà
Quando si lavora a un sequel, come è il caso di Frozen II - Il segreto di Arendelle, ci sono degli elementi da cui partire. "Avevamo ciò che sapevamo dei protagonisti" ha spiegato Marc Smith raccontando da cosa hanno iniziato il lavoro, "e sapevamo che avremmo avuto nuovi personaggi, ma sapevamo anche che Chris Buck e Jennifer Lee avevano intenzione di esplorare i poteri di Elsa." Punto di partenza certo per arrivare a un finale altrettanto consolidato, perché i due registi avevano deciso fin da subito dove avrebbe portato la storia. Un percorso non sempre lineare, soprattutto nella realizzazione, che ha dovuto aggirare più di un ostacolo. Su tutti, la canzone Mostrati, delle cui difficoltà ci aveva già parlato Chris Buck nella nostra intervista sulla realizzazione di Frozen II.
Questa canzone rappresenta "non solo il culmine dell'arco narrativo di Elsa, che parte dal primo film e arriva al sequel" e che ha richiesto, come ci spiega Smith, "un'incredibile mole di lavoro per far sì che fosse una conclusione emozionalmente soddisfacente." D'altra parte di acqua ne è passata sotto i ponti per i personaggi, perché passano degli anni dagli eventi del primo film a quelli del secondo e questo tempo passato doveva essere percepibile dal punto di vista visivo, sin dal lavoro sui costumi: "le forme dei vestiti di Frozen erano più tonde" ci ha spiegato Brittney Lee, "mentre nel sequel si fanno più squadrate per rappresentare maturità in modo sottile. Ma questa crescita è evidente anche nei materiali scelti."
I colori dell'autunno
Alle parole della Lee fa eco Mike Giaimo, che ci parla di una maggior maturità nel loro look nel complesso, ma senza esagerare, "perché si tratta comunque di due giovani donne". Cambiamenti legati allo stile dei capelli e il taglio dei vestiti: "c'è molta azione nel film" ha aggiunto Giaimo, che ci ha spiegato come questo abbia influito sul tipo di abiti da far indossare loro, tra leggins, orli più alti e in generale outfit più adatti ad accompagnare il loro essere più dinamiche. Allo stesso tempo ci si è allontanati dal tono fiabesco del primo capitolo per immergersi nel mito: "il mito ha una maggior densità, c'è più drama nel percorso di Elsa che viene raccontato e abbiamo cercato di sostenere queste sensazioni anche dal punto di vista visivo con costumi e capelli più eloquenti, eleganti e snelliti."
L'altra importante variazione è nella palette di colori. "Frozen II è ambientato in autunno" racconta Mike Giaimo, "e l'autunno spesso simboleggia il cambiamento, così abbiamo messo insieme una palette che non fosse solo autunnale, ma potesse essere un autunno di Frozen." Quindi giallo, oro, arancio e una punta di viola per quel tocco in più che richiamasse la storia. "Volevamo che si capisse che il cambiamento era nell'aria anche per quanto riguarda i personaggi." Più maturi, più ricchi in quanto a personalità, più fieri di sé. Fa parte di quell'espansione di tutto ciò che era stato Frozen e che va oltre i personaggi. Se infatti da una parte è stato più semplice costruire su queste basi già solide, trattandosi di un sequel, dall'altra si è stati attenti a mantenerli fedeli a se stessi. "Aiutarli ad andare avanti senza tradire chi sono" ha sottolineato Brittney Lee.
Espandere l'universo di Frozen
Lo stesso vale per le ambientazioni. "Abbiamo perfezionato quello che avevamo già creato" ha spiegato Mike Giaimo spiegandoci come sia stato necessario migliorare tanti aspetti del villaggio, sia perché la tecnologia è superiore a quella che si aveva nel 2014, sia perché non c'era una vera e propria struttura della città di Arendelle: "Non avevamo idea della struttura urbanistica, era un gruppo di edifici che sistemavamo come ci serviva. Ora il nostro progettista degli ambienti, David Womersley, ci ha rimesso mano e lavorato tantissimo, è diventato un vero e proprio urbanista, così che ora abbiamo autentiche strade con tanto di nome e una torre dell'orologio che non si sposta a seconda delle esigenze ma ha un proprio luogo specifico."
Tutto insomma è più concreto, reale e pianificato, tanto da rendere Arendelle un luogo sempre più realistico e definito, pronto ad accogliere tutti i contenuti che sfrutteranno l'ambientazione (è previsto un nuovo lavoro in Virtual Reality firmato da Mitch Counsell, uno dei registi della serie di cortometraggi Corto circuito). Insomma tutto quello che appare nel sequel è stato rivisto, migliorato, espanso e definito in modo più ampio e dettagliato rispetto al passato. Un lavoro "gloriosamente straziante", come lo definisce Giaimo, ma "appagante e soddisfacente."
La soddisfazione di un lavoro ben fatto
C'è infatti orgoglio nelle parole di tutti e tre gli artisti che abbiamo intervistato quando parlano del proprio lavoro. "Sono orgoglioso di Nell'ignoto" ci dice per esempio Marc Smith, "perché penso che sia stato coraggioso portare un personaggio così amato dalla gente in un luogo così oscuro. Penso che sia importante il messaggio di andare avanti per uscirne, un passo per volta." È invece un'altra canzone, Mostrati, a rendere orgogliosa Brittney Lee, per il modo in cui chiude il percorso di Elsa e il lavoro iconografico sviluppato dal suo reparto.
Lo conferma Giaimo che indica come motivo di orgoglio la creazione degli aspetti visivi degli elementali che ricorrono nel film, un'iconografia che "non era nello script originale ed è stata sviluppata da Brittney e me per aiutare lo spettatore a seguire il viaggio di Elsa." La creazione del simbolo che a forma di diamante che "permea l'intero film" è una grande soddisfazione del reparto artistico e ricorre in monoliti, nella foresta incantata. nel ghiacciaio ed è persino richiamato nel costume finale di Elsa come regina di ghiaccio.
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Tutti amano Elsa
Elsa è quindi il punto di riferimento principale del film, ma è anche il personaggio preferito degli artisti con cui abbiamo chiacchierato. "È unica nel canone Disney" spiega Giaimo, "è un personaggio positivo ma ha delle imperfezioni che le permettono di entrare in sintonia col pubblico". Considerazioni che trovano d'accordo i colleghi che ne evidenziano anche il carattere introverso come chiave che permette l'identificazione, mentre Brittney Lee sottolinea come sia impossibile pensare a ognuno dei personaggi di questi film senza gli altri: "Anna ed Elsa sono importanti per le loro differenze, nessuna delle due potrebbe esistere senza l'altra, ma tutto il gruppo è una boccata d'aria fresca con le sue dinamiche familiari."
Un altro aspetto su cui tutti sono concordi è l'importanza di mostrare al pubblico il loro lavoro dietro le quinte del film. "L'animazione è vista come qualcosa di divertente per il pubblico" ha detto Mike Giaimo, "e ci viene spesso chiesto se sia divertente lavorare in Disney. Bè, lo è. Ma penso che il pubblico non si renda conto di quanto duro lavoro, sangue, sudore e lacrime servano per realizzare questi film. È una sfida in ogni singolo aspetto e la docuserie è un ottimo modo per mostrarlo."