Il 9 settembre 2008 andò in onda il doppio pilot di Fringe, serie fantascientifica nata dalla fantasia di J.J. Abrams e dei suoi collaboratori abituali Roberto Orci e Alex Kurtzman. Cinque stagioni, per un totale di cento episodi, con al centro le indagini su strani fenomeni inizialmente legati a un cosiddetto "schema" e poi esplicitamente associati a pericoli provenienti da universi paralleli (con conseguente modificazione della sigla, che cambiava in base al mondo o la linea temporale in cui si svolgeva il singolo episodio). Un successo alquanto "di nicchia" (persino i fan duri e puri pensavano che non si sarebbe arrivati a cinque annate), che merita di essere riscoperto senza esitazioni. Per festeggiare l'anniversario abbiamo voluto ripercorrere la storia della serie tv attraverso alcune curiosità.
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1. Niente spot, per favore!
Tradizionalmente, un episodio normale di una serie drammatica in onda su un network dura circa 42 minuti, con il resto dello slot da un'ora occupato dalle interruzioni pubblicitarie. Per la prima stagione di Fringe la Fox decise invece di applicare un esperimento, di cui fece parte anche il primo ciclo di Dollhouse: puntate leggermente più lunghe, arrivando quasi a 50 minuti, con meno pause, al fine di invogliare il pubblico a non cambiare canale durante gli stacchi. Gli effetti non furono quelli sperati, e dalla seconda stagione in poi si tornò al formato tradizionale, che rimase in voga fino alla conclusione della serie.
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2. David Bowie e l'importanza dei nomi
Come spesso capita nei programmi ideati da Abrams, alcuni dei nomi scelti per i personaggi sono tutt'altro che casuali, con vari rimandi culturali, storici o filosofici (basti pensare a John Locke e Jeremy Bentham in Lost). Nel caso specifico di Fringe ci fu una deliziosa componente cinefila nell'attribuzione dei nomi di due degli antagonisti principali, David Robert Jones (Jared Harris) e Thomas Jerome Newton (Sebastian Roché): il primo era il vero nome di David Bowie, mentre il secondo è l'appellativo del personaggio interpretato dal celebre cantante nel film L'uomo che cadde sulla Terra.
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3. Il giorno della morte
Per i primi due anni di vita lo sho fu trasmesso in America il giovedì sera, tradizionalmente considerato uno degli slot più forti nel palinsesto catodico statunitense. Dalla terza stagione in poi le avventure di Olivia Dunham e Peter Bishop furono invece spostate al venerdì sera che, al contrario, gode di una pessima reputazione, al punto da essere chiamato "lo slot cimitero", dove le serie vanno a morire (due esempi notissimi sono Star Trek e Firefly). L'inevitabile calo degli ascolti non si fece attendere, ma il nucleo principale di spettatori fissi mantenne una media sufficientemente solida da arrivare fino alla quinta stagione e al tanto agognato traguardo dei cento episodi (numero standard, per le serie da un'ora, per poter usufruire della syndication negli Stati Uniti).
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4. Nimoy e l'imitazione giusta
Tra i personaggi più intriganti dello show c'è sicuramente il misterioso William Bell, visto sporadicamente nelle prime quattro stagioni con le fattezze di Leonard Nimoy. Sacrificatosi al termine della seconda annata, riemerse in forma spirituale nella terza impossessandosi del corpo di Olivia. Questo costrinse Anna Torv a imitare la celebre voce di Nimoy, e la diretta interessata fece sapere al divo che secondo lei avrebbe avuto più senso affidare tale compito a Joshua Jackson (Peter Bishop) o John Noble (Walter Bishop). La risposta di Nimoy fu: "Vero, ma non ci sarebbe lo stesso fascino."
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5. L'intervento dei fan su Bolivia
Come molte serie che vantano una nutrita schiera di fan, anche Fringe si è spesso trovata al centro di discussioni sui vari contenuti delle storyline, talvolta soffermandosi su dettagli apparentemente di poco conto. Particolarmente notevole lo scambio che ci fu tra gli showrunner e gli spettatori circa i soprannomi ufficiali delle controparti cattive di due protagonisti, Walter Bishop e Olivia Dunham: nel primo caso, l'appellativo "Walternate" fu accettato senza problemi, nel secondo invece la scelta degli autori - Bolivia, riferimento al suo essere originaria dell'universo "B" - fu soppiantata da quella dei fan, cioè "Fauxlivia" (falsa Olivia).