Freaks Out, la recensione: diversi nell'aspetto, classici nell'anima

La recensione di Freaks Out: dopo un anno di attesa Gabriele Mainetti toglie il velo dal suo film ambizioso, citazionista e orgoglioso di dare libero sfogo a un realismo magico molto classico.

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Freaks Out: una sequenza

Finalmente fuori. Finalmente allo scoperto. Senza vergogna, con fierezza e orgoglio. È sull'onda di questo impeto che scriviamo la recensione di Freaks Out, il nuovo film di Gabriele Mainetti in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021 (e in arrivo in sala il prossimo 28 ottobre). Un'opera attesa per tanto tempo, rimandata un anno fa a causa della pandemia e ora pronta a mostrarsi. Proprio come un fenomeno da baraccone rimasto dietro le quinte troppo a lungo che mette piede sul palcoscenico. Ma com'è questo spettacolo? Il ritorno in scena di Mainetti è tutt'altro che timido e guardingo. Freaks Out incarna tutta l'ambizione di un autore che già con Lo chiamavano Jeeg Robot diede un grande scossone al cinema italiano, dimostrando che era possibile proporre qualcosa di insolito (come un racconto supereroistico) senza ripudiare la propria terra. Dentro il tendone dei suoi freak ritroviamo i superpoteri, un legame forte con l'Italia e la stessa voglia di stupire.

Freaks Out: una foto dei protagonisti
Freaks Out: una foto dei protagonisti

Il colpo di scena, però, è un altro: Freaks Out celebra la diversità, ma non propone qualcosa di strambo e bizzarro. Anzi, si adagia con passione sui canoni del cinema d'avventura con un film convenzionale nella forma e negli intenti. Freak solo nell'aspetto, il carrozzone cinematografico di Mainetti cammina su una strada già battuta, ma lungo il viaggio ci mostra un bel panorama fatto di personaggi affiatati, nemici tragici e un incredibile superpotere: la forza di credere nel futuro.

Nel circo degli orrori

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Freaks Out: un'immagine del lungometraggio

Mezza piotta. Tanto vale il circo orchestrato da Israel, anziano prestigiatore a capo di una banda di fenomeni da baraccone: l'imponente uomo lupo (Fulvio), l'incantatore di insetti albino (Cencio), il nano dai poteri magnetici (Mario) e la ragazza elettrica (Matilde). Se i primi tre sono rassegnati alla loro condizione o in pace con la loro diversità, Matilde deve ancora accettarsi e imparare a gestire la tempesta che scalpita dentro di lei. Anche perché non può toccare qualcuno senza folgorarlo. Però le strabilianti meraviglie del circo Mezzapiotta sono bolle pronte a esplodere, perché fuori dalla tenda i nazisti ammazzano e rapiscono senza pietà. Sullo sfondo di un'Italia ferita e occupata dai tedeschi, i nostri freak entrano nel mirino del nemico, convinto che i loro straordinari poteri siano fondamentali per il dominio di Hitler. Sin dalle premesse è facile intuire il grande contrasto alla base di Freaks Out: meraviglia e realtà che duellano tutto il tempo. Un braccio di ferro in cui lo stupore affronta il disincanto e la speranza guarda in faccia lo sconforto.

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Freaks Out: una foto dei protagonisti del film

Freaks Out ti catapulta subito nel suo realismo magico mai ovattato, sempre sporco di morte e sangue. Senza mai cadere nello sconforto, il film tiene sempre accesi la vitalità e l'ardore che battono forte nel cuore di Matilde e compagni. Mainetti vuole bene ai suoi freak, lui e Nicola Guaglianone li caratterizzano in modo convincente (grazie a un cast molto affiatato nel dipingere queste anime goffe), dando vita una famiglia disfunzionale tutta battibecchi e piccoli screzi, ma tenuta sempre alla larga da violenti contrasti interni al gruppo. Il nemico vero è là fuori, e ha nomi, simboli e icone ben riconoscibili. Insomma: c'è cuore in Freaks Out, ma anche la sensazione che il film voglia troppo bene ai suoi protagonisti, finendo col proteggerli troppo senza permettere loro di crescere davvero. Ma per fortuna in quell'Italia occupata dai veri mostri i veri conflitti non mancavano.

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Brutti, ciao, ciao, ciao

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Freaks Out: un momento del film

Cosa fa più paura? Una ragazza che fulmina con le mani o un treno pieno di ebrei deportati? Cosa ci lascia senza parole? Un albino che comanda una sciame di api o un nazista che ammazza senza scrupoli un bambino? Mainetti sa bene che la Seconda Guerra Mondiale ha alterato per sempre il nostro concetto di "incredibile", con l'asticella dello stupore collettivo che si è alzato per non scendere mai più. Per questo crea un immaginario ibrido, in cui anche ogni elemento straniante e ucronico risulta credibile. Merito di una visione artistica chiara e coerente, in cui oggetti, costumi e scenografie ci restituiscono quella sensazione di vissuto storico che rende tutto più vero. Nonostante magie e superpoteri, Freaks Out sembra qualcosa di realmente accaduto, un passato verosimile e soprattutto una storia nella Storia. Una storia in cui, a ben pensarci, i diversi sono esistiti davvero. Erano i disobbedienti, i coraggiosi, i folli che decisero di non piegarsi. Ecco, l'allegoria con cui Freaks Out dipinge i partigiani è forse una delle cose più belle del film. Ed è un vero peccato che questa idea potenzialmente fortissima non venga portata avanti fino in fondo, visto che il disegno d'insieme e l'identità collettiva dei ribelli non emergano mai davvero. Come detto il film vuole bene ai suoi freak, rinuncia all'epica del corale e preferisce soffermarsi soprattutto su due cose: un racconto di formazione e uno di distruzione. Sì, perché l'altro pregio di Freaks Out è l'adozione di un punto di vista scomodo: quello del nemico. Lo fa delineando un personaggio tragico, con una trovata di sceneggiatura davvero suggestiva (che non vi anticipiamo) e la voglia di addentrarsi nel lato oscuro dell'essere sognatori. Dopotutto in quel fatidico 1943 immaginare un futuro era quasi un delirio.

Freaks Out visto in anteprima, per Gabriele Mainetti "è migliore di Jeeg"

Con Spielberg nel cuore

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Freaks Out: una foto del film

La grande forza di Lo chiamavano Jeeg Robot è stata quella di partire da un genere a noi estraneo e poi far venire a galla il suo orgoglio tutto italiano, radicando con forza i supereroi in un contesto tutto nostro. In Freaks Out l'intenzione sembrerebbe la stessa, almeno nelle premesse, ma nella seconda parte il film cambia obiettivo. Mainetti non lo ha mai nascosto, ha sempre parlato di omaggio a un certo cinema d'avventura, e infatti i suoi freak (come detto) si mostrano per quello che sono senza vergognarsene. Con Spielberg sempre in testa, in pancia e nel cuore, Freaks Out rievoca Indiana Jones, cita molte icone dell'immaginario pop e diventa sempre più convenzionale, adagiandosi sui canoni del mito cinematografico americano. Peccato che nelle tante scene d'azione il missaggio sonoro ci sia sembrato poco equilibrato nel far convivere suoni ambientali, colonna sonora e voci dei personaggi, ma una volta fuori dalla sala rimane comunque una grande convinzione: un altro cinema italiano è possibile, fiero di essere unico oppure libero di citare gli altri. E quando smetteremo tutti di stupirci e di percepirlo "strano" il circo diventerà cinema come per magia.

Conclusioni

Finalmente si alza il sipario su uno dei film (non solo italiani) più attesi dell’anno. Nella nostra recensione di Freaks Out vi abbiamo raccontato l’appassionato omaggio di Gabriele Mainetti a un cinema d’avventura insolito per il nostro cinema. Più convenzionale di quanto potesse sembrare, Freaks Out omaggia, cita e confeziona un classico racconto di formazione che ha il grande merito di adottare anche il punto di vista degli antagonisti. Il tutto calato dentro un realismo magico in cui realtà della Storia e immaginazione del cinema (e del circo) si scontrano tutto il tempo.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.8/5

Perché ci piace

  • La creazione di un immaginario ibrido, in cui superpoteri e magia rendono comunque credibile il racconto.
  • Il cast affiatato dove spicca il giovane talento di Aurora Giovinazzo.
  • La scelta di adottare anche la prospettiva dell'antagonista.
  • La voglia di omaggiare i partigiani con uno spunto vincente...

Cosa non va

  • ...che purtroppo resta poco approfondito e con scarso respiro.
  • Il missaggio sonoro ci è parso poco curato.
  • Chi si aspettava un film rivoluzionario e davvero "strambo" rimarrà deluso.