Seta è un sontuoso adattamento dell'omonimo romanzo di Alessandro Baricco, che dobbiamo a una co-produzione internazionale tra Italia, Canada e Giappone. Alla conferenza era atteso il protagonista Michael Pitt, che però pare abbia perso una coincidenza aerea a Londra, quindi il regista François Girard è accompagnato soltanto da diversi eponenti della produzione tra cui Domenico Procacci della Fandango.
Una domanda per i produttori: cosa viha conquistato di questa storia? E potete dirci qualcosa della complessa gestazione del film?
Domenico Procacci: Io avevo già tentato di realizzare una trasposizione di un'opera di Baricco, Castelli di rabbia. Acquisii i diritti di Seta poco dopo l'uscita del romanzo. La gestazione è stata molto lunga, sono passati dieci anni e naturalmente siamo pasati attraverso diversi partner e diverse ipotesi di regia, tanto che a un certo punto anche Alessandro era piuttosto scoraggiato. Intanto François Girard aveva confermato il desiderio di fare un film da Seta, e il suo nome, insieme a quello della New Line, erano stati tra i primi ad essere fatti anni prima, senza trovare un accordo. Lui conosce molto bene il lavoro di Baricco: ci incontrammo a Roma e ci raccontò quello che aveva in mente, convincendoci che era la persona giusta.
Girard, perché l'ha voluto dirigere?
François Girard: Ricevetti in dono il libro e pensai subito che era un romanzo fantastico con un notevole potenziale cinematografico. Molti non saranno d'accordo, sono certo che molti lo considerano un romanzo inflimabile, ma secondo me Seta proprone situazioni molto cinematografiche: un uomo che scopre se stesso entrando in contatto con terre diverse e altre culture, e una storia d'amore raccontata in maniera unica. Per diversi anni non persi di vista il progetto e venni qui per distutere il progetto con Procacci e Baricco. Dal punto di vista cinematografico apprezzo soprattutto il grande equilibro tra intimitismo e respiro epico. Ho cercato di essere molto attento ai piccoli dettagli che sono cruciali, i gesti e sospiri dei personaggi, e la qualità epica del viaggio.
Una volta finito il film, quanto ha pensato che avrebbe potuto togliere o aggiungere?
François Girard: Ho cercato di essere il più possibile fedele al libro e anche il giato era più o meno corrispondente; rispetto al romanzo, abbiamo solo condensato i viaggi del protagonista. L'aggiunta più importante sono stata alcune scene che sono servite a gestire meglio il personaggio di Helène che ne libro è poco presente perché lei sboccia tardi nella storia; in un film era necessario darle più spazio senza però rivelare troppo.
Come ha lavorato con Sakamoto per le musiche?
François Girard: Sin dall'inizio sapevo che non avrei voluto musica tradzionale corrispondente ai vari ambienti, ma una voce che racchiudesse tutte e due le culture: per questo Ryuichi Sakamoto era la scelta ideale. Mentre scrivevo la scenaggiatura sentivo opere per pianoforte, quindi gli chiesi composizioni per il piano e lui mi inviò circa un'ora di materiale fantastico da cui in seguito abbiano derivato anche brani orchestrali. Sakamoto è una persona interessante e un fantastico musicista.