Scrivere la recensione di Formula 1: Drive to Survive 2 significa rituffarsi nel mondo del campionato automobilistico grazie a Netflix, che dallo scorso anno collabora con i diretti interessati per offrire retroscena esclusivi di ciò che accade durante una delle competizioni più seguite al mondo: come recita l'introduzione, si tratta di un evento che coinvolge cinque continenti, undici scuderie e una ventina di piloti. Dopo l'acclamata prima stagione, che è arrivata sulla piattaforma di streaming l'8 marzo 2019 e copriva il campionato dell'anno precedente, il secondo ciclo continua con lo stesso approccio, ma non senza un briciolo di simpatica autoreferenzialità: quando il primo intervistato, nella clip che introduce il riepilogo dei dieci episodi dello scorso anno, dice di non essere abbonato a Netflix, l'intervistatore commenta "Ah, quindi non hai visto la prima stagione?". E nella prima sequenza dopo la sigla, ambientata nei giorni che precedono la gara australiana a Melbourne, alcuni riconoscono il team della docuserie e chiedono "Siete tornati per un'altra stagione?".
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E si ricomincia...
La seconda stagione di Formula 1: Drive to Survive riprende la stessa formula della prima: un ritratto completo del campionato dell'anno solare da poco concluso, attraverso dieci episodi di 30-40 minuti ciascuno. Un ritratto senza censure, che evidenzia i successi e le frustrazioni di tutte le squadre, tramite materiale d'archivio e interviste ai vari protagonisti, che si tratti dei piloti, dei proprietari delle scuderie o di altre persone coinvolte nell'organizzazione delle corse. È una stagione perfettamente fruibile anche se non si conosce quella precedente, ma per certi versi funziona anche come un vero e proprio sequel: l'australiano Daniel Ricciardo, che aveva il ruolo centrale nell'episodio di avvio lo scorso anno, torna per una nuova intervista e con un cambio di squadra (dalla Red Bull è passato alla Renault), ed è appassionante anche il ritorno in scena della Haas, alle prese con il desiderio di migliorare dopo i risultati del 2018 e la successiva irritazione quando ciò si rivela sempre più difficile. La componente seriale è presente anche sul già citato piano autoreferenziale, con diverse scene in cui alcuni sostengono che eventuali momenti imbarazzanti saranno omessi dal montaggio finale, e Ricciardo che, a mo' di battuta, guarda direttamente in macchina e dice "Netflix è una manica di stronzi, non trovate?".
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È decisamente più forte la componente drammatica ed emotiva quest'anno, in particolare nel sesto capitolo che parla della gara in Belgio, un episodio un po' triste dell'annata 2019 a causa della morte di un pilota, il francese Anthoine Hubert, nell'annesso campionato di Formula 2 sul medesimo circuito. Altrettanto drammatico, ma con esiti meno tragici, è il percorso di un altro francese, Pierre Gasly, le cui delusioni professionali formano parte della trama orizzontale della stagione, dall'incoraggiante quarto posto nel Regno Unito alla débâcle della gara ungherese, dove finì in sesta posizione e fu criticato per non aver aiutato il compagno di scuderia Max Verstappen a non farsi superare da Lewis Hamilton in un momento cruciale (anche se alla fine fu comunque Verstappen a vincere la corsa, mentre il britannico arrivò terzo). È soprattutto la componente umana a dare forza a questi episodi, rendendoli appassionanti anche per chi non si interessa particolarmente a questo universo competitivo.
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Quest'anno ci sono tutti
La novità principale della seconda stagione dello show riguarda le scuderie coinvolte nel progetto: dopo aver rifiutato di partecipare alla prima stagione, questa volta ci sono anche Ferrari e Mercedes, contribuendo così a un ritratto davvero completo del 2019 per la Formula 1. La squadra inglese è al centro del quarto episodio, principalmente tramite il ritratto di Lewis Hamilton, mentre la celeberrima scuderia italiana domina il settimo, il cui titolo originale, Seeing Red, è un ottimo gioco di parole per quanto riguarda l'ambiente stressante e talvolta ostile delle corse automobilistiche. Con questo inatteso asso nella manica (il rifiuto lo scorso anno fu dovuto al fatto che i due team ritenessero di avere già abbastanza copertura mediatica per principio), il produttore esecutivo James Gay-Rees (già coinvolto, dieci anni fa, nella realizzazione del documentario cinematografico Senna) e il suo team riescono a scavare ancora più in profondità, fornendo alla piattaforma di streaming un secondo ciclo ideale per arricchire il catalogo delle produzioni originali. Salvo sorprese, l'appuntamento si rinnoverà tra un anno, con nuove sfide, nuove emozioni e nuove battutacce nei confronti di Netflix.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Formula 1: Drive to Survive 2 con un grande desiderio di rivisitare da capo tutta la serie e assistere all'evoluzione dei personaggi coinvolti, dato che il secondo ciclo, pur funzionando come un racconto a sé, è anche un vero e proprio sequel del ritratto del campionato del 2018 che lo scorso anno aveva impreziosito il catalogo documentario di Netflix. L'aggiunta di Ferrari e Mercedes, assenti tra gli intervistati nella prima annata, dà al tutto una notevole marcia in più.
Perché ci piace
- La formula della prima stagione viene riproposta con successo.
- Il ritorno di intervistati della prima stagione è molto coinvolgente.
- La presenza di Ferrari e Mercedes arricchisce ulteriormente la serie.
Cosa non va
- Alcuni episodi avrebbero potuto trarre vantaggio da qualche minuto in più.