Una scuola, gli anni Ottanta, il mestiere dell'attore. In bilico tra rischio e salvezza, sospeso tra desiderio e dannazione. Valeria Bruni Tedeschi dopo l'ottimo I Villeggianti (era il 2018) torna alla regia con Forever Young - Les Amandiers, presentato prima a Cannes 75 e poi alla Festa del Cinema di Roma 2022. Il film ci porta nella Francia del 1986, facendoci conoscere Stella, Adèle, Victor e Frank. Quattro ragazzi nel pieno della loro tumultuosa ed esplosiva giovinezza. Una volta entrati nella prestigiosa scuola teatrale Les Amandiers creata da Patrice Chéreau e Pierre Romans cominciano a mutare come artisti e come esseri umani, lanciati verso passione e amore, ma anche verso irrimediabili tragedie.
Come spiegato dalla stessa regista, che ha scritto il film insieme a Noémie Lvovsky e Agnès de Sacy, Forever Young - Les Amandiers è un film che attinge dalla sua storia personale: "Volevo fare un film raccontando questa strana storia, questa esperienza. Una scuola diversa, non convenzionale. Lì ci hanno dato il gusto di cancellare la frontiera tra la vita e la scena. Non doveva esserci un muro, dovevamo deambulare in modo libero. Non dovevamo recitare, ma esserci".
La video intervista a Valeria Bruni Tedeschi
Nel cast di Forever Young troviamo Nadia Tereszkiewicz, Clara Bretheau, Vassili, Schneider, Noham Edje, oltre a Sofiane Bennacer, Micha Lesco e Louis Garrel. Una cura estetica decisamente interessante, unita poi ad una soundtrack che mixa artisti pazzeschi come Fred Buscaglione e Janis Joplin. "Ho il gusto del contrasto, tra umorismo e leggerezza", ci racconta Valeria Bruni Tedeschi. "Vedo la vita così e la racconto così. Fred Buscaglione torna perché l'ho sempre amato, e va in contrasto con la scena. L'avevo già scelto ne Un Castello in Italia. Lo adoro. Janis Joplin è la definizione di giovinezza, di insolenza, di libertà. 'La libertà è quando non si ha nulla da perdere', diceva, ecco per me questa è la definizione di giovinezza".
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I conflitti interriori
Forever Young - Les Amandiers gioca sui contrasti, umani ma anche geografici. Un grande lavoro di regia, supportato dall'occhio di Julien Poupard, direttore della fotografia che dona alle immagini un'irresistibile grana estetica. "Volevo ricreare degli anni culturalmente meravigliosi, volevo poi New York, sottolineando quanto questa scuola fosse di grande modernità, tanto che ci ha fatto lavorare con il metodo Strasberg. Tutto questo dava coerenza al mio film. Era bello passare dalla periferia di Parigi ai parchi di New York, ecco".
Il film, oltre essere un affresco generazionale, è anche una dichiarazione d'amore verso il cinema e verso il mestiere dell'attore. Chiediamo dunque alla regista come oggi venga intesa l'arte. "Molta gente intende l'arte come necessità vitale. L'arte è ossigeno. Che sia un libro, un museo, un film. Durante la pandemia stavamo soffocando davanti gli schermi. Entrare in libreria è vitale, ed è vitale andare al cinema. Credo che la gente se ne renda conto". Un susseguirsi di emozioni che si scontrano e due grandi cardini agli opposti di Forever Young. Desiderio e morte. Temi ancestrali racchiusi in due ore. Uno spunto che Valeria Bruni Tedeschi ci riassume, spiegando quanto siano i conflitti il motore per generare un racconto. "I conflitti interiori sono la potenza di un film. Un conflitto che per noi sceneggiatrici era miele...".