Dalle parti di Oxford sono maestri nel dare lezioni di presenza scenica. Ce ne siamo accorti ogni volta che Florence Pugh appare sul grande schermo. Ogni volta una piccola folgorazione. Ogni volta con la sensazione di essere davanti a una predestinata che il cinema lo alimenta mentre se lo divora. Nata nella cittadina inglese celebre per la sua università, Pugh è tutto fuorché accademica e lo scopriremo di seguito, parlando dei suoi migliori film. Lei è istinto puro, spontaneità, carisma diamantino. Con quel cognome che si pronuncia come uno colpo di blaster (pew), Florence Pugh ha già colpito dritto nel segno con la sfrontatezza dei grandi talenti. Morbida e pungente, accogliente e respingente, Pugh è una marea di contrasti che convivono dentro un'attrice che ha ingannato tutti. Con quei 24 anni sulla carta d'identità e la piccola statura ben camuffati da un'attrice dalla spiccata maturità e dal fascino statuario. Non è un caso che Pugh non abbia mai voluto fare altro che recitare, nonostante ami cantare e sia capace di suonare sia il pianoforte che la chitarra.
Da piccola ha recitato nei panni di Maria di Nazareth donandole uno strano (e blasfemo) accento dello Yorkshire, ha imparato a memoria ogni battuta di Titanic e ha sviluppato una sana ossessione per Il silenzio degli innocenti. Guardandola con attenzione ci si sente catapultati dentro un limbo, perché il suo è un volto familiare e nuovo allo stesso tempo. Una via di mezzo tra qualcuno che hai già visto e qualcosa che ti sorprende ogni volta come la prima volta. Florence Pugh è seducente come Scarlett Johansson, posata come Kate Winslet, rassicurante come qualcuno che conosci e destabilizzante come chi non capirai mai. Oggi, dopo la sua prima nomination agli Oscar come Miglior Attrice non Protagonista (ricevuta per la sua Amy in Piccole donne), cerchiamo di delineare il ritratto di un'attrice dal futuro radioso attraverso i suoi migliori film.
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Lady Macbeth
C'è qualcosa di vagamente misterioso sul volto di Florence Pugh. Un mistero denso e forse irrisolvibile. Un mistero che tocca anche i suoi personaggi spesso sfuggenti. Dopo l'esordio in The Falling, Pugh dimostra di non avere tempo da perdere prendendo subito le redini di un film intero. Succede nel riuscito ed elegante Lady Macbeth, opera prima firmata da William Oldryod, basato sul racconto Lady Macbeth del distretto di Mcensk. Immersa dentro le rigide regole dell'epoca vittoriana, in cui ogni donna rispettabile doveva per forza seguire un copione senza disattendere le aspettative dell'universo maschile, la sua Katherine è pronta a ribaltare le regola. Indifesa e fragile solo in apparenza, questa giovane donna dal fascino tagliente scopre poco per volta la sua forza spietata e fiera. Pugh si muove dentro questo film claustrofobico con grazie e risolutezza, lo regge per intero quasi da sola, riuscendo nell'impresa di farci tifare per Katherine pur temendone la fredda crudeltà. Calcolatrice e abile nel giocare con il suo beffardo aspetto inerme, Katherine regala al cinema un personaggio complesso, la cui ribellione silenziosa rimane impressa a fuoco.
Midsommar
Parte tutto dallo strazio, da un dolore tremendo da sublimare dentro un amore ormai finito. Ari Aster mette sulle spalle di Florence Pugh un fardello pesantissimo. Nel conturbante e viscerale Midsommar, il talentuoso regista newyorkese (con un debole per i traumi familiari) le affida il ruolo della problematica Dani, una ragazza che perde la sua famiglia in un tragico incidente e decide di affrontare quel lutto assieme al suo fidanzato Christian. Lei segue lui in un insolito viaggio in Svezia tra amici. Ha così inizio un'avventura diretta verso il cuore malato di un villaggio sperduto, abitato da gente stramba e dominato da assurdi rituali. Cinico, crudele e disilluso, Midsommar svela poco per volta la sua feroce allegoria sulle derive drammatiche delle relazioni tossiche. Il vero Male, a volte, è non riuscire a lasciarsi. È aggrapparsi all'altro solo perché la paura di perdersi è più forte della voglia di rimanere insieme. Anche questa volta il film ha fame di Florence Pugh. Aster poco per volta fa emergere tutta la centralità dirompente del suo personaggio misterioso e ferito. Tra balletti, primi piani intensi ed espressioni esasperate, Pugh riesce a essere sempre credibile anche quando il tono del film sfiora il grottesco. E quella dissolvenza finale in cui la nostra abbozza un sorriso pieno di sadico compiacimento assomiglia tanto alla firma di una grande attrice.
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Piccole Donne
Labbra carnose, occhi grandi, guance rotonde. Il volto di Florence Pugh oscilla tra due luci: sa essere luminoso come il Sole e diventare malinconico come la Luna. Una natura profondamente ambigua che ritorna costante anche nel bellissimo Piccole donne di Greta Gerwig. Perché nel nuovo adattamento del grande classico di Louisa May Alcott, Pugh ha arricchito il personaggio di Amy con nuove sfumature. Leggermente più competitiva ed esuberante del solito, la sua sorella minore buca lo schermo e attrae i nostri sguardi come fosse una calamita. Agevolata dalla parentesi della sua educazione europea (più approfondita), Amy scalpita con gentilezza e sgomita con eleganza per non essere inferiore a nessuno. È come se qualsiasi personaggio debba fare i conti con l'esuberanza di Florence Pugh. Un'attrice che non riesce proprio a rimanere ai margini, a essere discreta e a non farsi notare anche quando appare per pochi minuti (come in Outlaw King) o è al fianco di tanti grandi interpreti (come in Piccole donne o nella bellissima mini-serie The Little Drummer Girl). Florence sembra una predestinata, o forse no. Perché chi ha quel talento e quel carisma si costruisce da solo anche la propria fortuna.