Courtney è una studentessa di medicina che ha sviluppato una vera e propria ossessione per scoprire ciò che accadrebbe dopo il trapasso. Per questo motivo coinvolge gli amici e colleghi Jamie e Sophia - ai quali ben presto si aggiungeranno altri due giovani dottorandi, Marlo e Ray - in un esperimento atto a carpire cosa ci sia dopo la morte, da realizzare nei sotterranei dell'ospedale durante le ore notturne.
Come vi raccontiamo nella recensione di Flatliners - Linea mortale, il loro scopo è quello di fungere da effettive cavie, con proprio Courtney a mettersi a disposizione per prima: il suo cuore sarà fermato tramite defibrillazione per un minuto, allo scopo di registrare le attività cerebrali e permetterle di fare un passo nell'aldilà per poi essere risvegliata prima che sia troppo tardi. La ragazza viene effettivamente riportata in vita e comincia a raccontare ai compagni di quanto visto in quel breve lasso di tempo, ma poco dopo comincia a essere vittima di alcune inquietanti allucinazioni. Anche gli altri quattro intendono sottoporsi alla medesima procedura, finendo per ritrovarsi a fare i conti con fenomeni inspiegabili che rischiano di compromettere sempre più la loro sanità mentale e incolumità fisica.
Prima e dopo
L'originale Linea mortale (1990), pur senza eccellere, aveva proposto interessanti quesiti etici e morali in una confezione tipicamente di genere, con la solida regia del compianto Joel Schumacher e un cast delle grandi occasioni che vedeva tra gli altri Julia Roberts, Kevin Bacon e Kiefer Sutherland. Quest'ultimo è il solo a tornare in quello che si propone come una sorta di sequel ma è in realtà un remake mascherato, partente dalle medesime premesse, sfruttate qui in maniera meno ispirata del previsto. Un classico rifacimento per nulla necessario, incapace di creare suggestioni inedite e aprire nuovi spunti di riflessione, finendo per inserirsi nella lunga lista di horror senza arte ne parte realizzati ad Hollywood nel nuovo millennio, popolati da fugaci jump-scare e una cura introspettiva pressoché nulla nella caratterizzazione dei vari personaggi coinvolti.
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Dove nessuno è mai giunto prima
Attori giovani - alcuni già affermati e altri sul nascere - come Elliot Page, Diego Luna e James Norton sono qui alle prese con alter-ego di cartapesta, impostati su relativi stereotipi e incapaci di far presa sul pubblico: figure quasi più adatte ad un contesto slasher e poco credibili nelle veste di dottorandi che dal mattino alla sera si trovano alle prese con sale operatorie e stanno ogni giorno a contatto con la morte, al punto da diventarne quasi assuefatti e voler sperimentare in prima persona l'esperienza, pur mettendo a rischio il loro futuro non soltanto per la possibilità di non tornare più indietro ma anche per risvolti che se scoperti potrebbero compromettere per sempre la loro carriera. Ben presto giungono dinamiche quasi affini all'universo j-horror, con il discorso sul senso di colpa e sull'assumersi le proprie responsabilità che risulta assai forzato per quanto effettivamente narrato e la tensione che vive su sequenze telefonate, complice una regia piatta da parte del danese Niels Arden Oplev, noto principalmente per aver firmato il primo capitolo della trilogia svedese di Millennium - Uomini che odiano le donne (2009).
Paure e compromessi
Un'assuefazione che ben presto si porta dietro il terrore, mettendo il poker di protagonisti alle prese con i propri sbagli e con la ricerca di fare un'ultima, disperata, ammenda per evitare conseguenze irreparabili. Ma se l'inizio, con i racconti di esperienze pre-morte - veri o fittizi - di diversi individui ad accompagnare i titoli di testa e un tragico evento nel passato di Courtney potevano far presagire ben altri toni e atmosfere, con lo scorrere dei minuti la sceneggiatura si perde in una costruzione affrettata e superficiale, come sottolineato dalla gestione dei rapporti interpersonali tra i ragazzi, persi tra sesso, feste e quella dipendenza sempre più obnubilante. Ambientazioni e oggetti archetipici come l'ascensore o la doccia, con teli che nascondono presenze invisibili, reggono il gioco horror senza spaventare mai con la giusta efficacia e il destino a cui i Nostri vanno incontro si tinge di note via via più improbabili e assurde, tanto da far rimpiangere più del dovuto un prototipo sì godibile ma già di per sé non memorabile.
Conclusioni
Come già l'originale prendeva spunto da un racconto di Jack London, ovvero il misconosciuto Le mille e una morte, nel quale il protagonista conduceva un esperimento per uccidersi e poi resuscitare, al fine di scoprire cosa vi fosse dopo la morte. Ma se nel 1990 Joel Schumacher aveva dato vita ad un prodotto di genere, non riuscitissimo ma in grado di diventare cult anche grazie al solido cast, questo recente remake non centra il bersaglio e si perde progressivamente in una serie di ingenuità e stereotipi assortiti, a cominciare fin dalla raffazzonata caratterizzazione dei protagonisti, spinti dal delirio di onnipotenza e incapaci di vedere al di là di loro stessi. Spaventi e soluzioni derivanti dall'universo j-horror, con telefonati jump-scare qua e là e visioni in quel limbo, sospeso tra l'aldilà e l'aldiquà, prive di ispirazione ed emozione.
Perché ci piace
- Un discreto cast, su tutti Elliot Page e Diego Luna.
Cosa non va
- Sceneggiatura improbabile, popolata da personaggi passivi e poco interessanti.
- Suggestioni horror e di genere prive di tensione e spaventi.